Istoria delle guerre vandaliche/Libro secondo/Capo IX

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C A P O IX.
Trionfo di Belisario in Bizanzio. — Vasi del tempio di Salomone da Giustiniano donati alle chiese gerosolimitane. — Comando fatto a Gilimero di prostendersi al cospetto dell’imperatore.

I. Belisario arrivato in Bizanzio con Gilimero ed i Vandali ebbevi tutti gli onori soliti decretarsi ne’ tempi andati ai condottieri dopo nobilissime vittorie, e che, fatta eccezione di Tito e Traiano e di altri imperatori cui riuscì di soggiogare colle armi barbare genti, nessuno poté mai conseguire pel corso d’anni secento. [p. 420 modifica]egli con magnifico apparato di spoglie e di trofei e preceduto dai prigionieri venne trionfando per mezzo Bizanzio, non però alla foggia antica, ma dalla propria casa partitosi a piedi giunse all’Ippodromo, e di qui al luogo dove s’ergeva il trono dell’imperatore1. Tra le spoglie vedevi tutta la suppellettile spettante in addietro al re vinto, aurei troni, pompose e gemmate carrette su cui andava a diporto la consorte di lui, vasi d’oro e così pure l’intiero apprestamento della reale mensa; argento a miriadi di talenti2, ed in fine tutti gli arredi sontuosissimi e preziosissimi del palazzo di Roma, tolti da Gizerico nel mettere a sacco la città, come ho a suo tempo narrato3.

II. Fra le antedette suppellettili eranvi ancora du’sacri vasi di molto pregio tolti agli Ebrei, e portati a [p. 421 modifica]Roma da Tito e Vespasiano dopo l’espugnazione di Gerusalemme4. Tal giudeo pertanto ravvisatili disse ad un amico suo e dell’imperatore, che mal ne verrebbe portandoli nel palazzo di Bizanzio, non convenendo loro altro luogo che quello dove Salomone re di sua gente dapprincipio aveali posti; e dalla profanazione di essi appunto doversi ripetere il depredamento del romano imperio sotto Gizerico, e le sue presenti vittorie sopra i Vandali. Giustiniano alla riferta delle costui rimostranze ordinò immantinente, sopraffatto da grandissimo timore, che li avessero in dono i cristiani tempj di Gerusalemme.

III. Del resto infra i prigionieri del trionfo traeva a sè gli sguardi Gilimero con purpurea veste sugli omeri, ed accompagnato da’ suoi consanguinei e dal fiore dei Vandali per la taglia e bellezza de’ corpi loro. Arrivato il re nell’ippodromo, e veduto l’imperatore su d’alto [p. 422 modifica]seggio con tutto il popolo all’intorno, non si sciolse in pianto o proferì lamentela veruna, ma solo ira ripetendo il detto registrato nei libri degli Ebrei: Vanità grandissima, e tutto è vanità 5. Accostatosi di poi al trono ebbe ordine di svestire l’abito reale, e di adorare prostrato il signor suo, come fece Belisario stesso. Poscia Giustiniano e la consorte Teodora splendidamente donarono tutti i figli e nipoti d’Ilderico, essendovi tra loro, dal lato di Valentiniano imperatore, legami di sangue. Gilimero ebbe anch’egli non ingrati luoghi da abitare con tutta la sua famiglia nella Galazia6, ma non si poté ascriverlo tra’ patrizj, ostinatosi di perseverare nelle dottrine d’Ario. Poco di poi fu decretato a Belisario il trionfo secondo le costumanze antiche; imperciocchè eletto console venne condotto per le vie, in sedia curule d’argento, sopra gli omeri degli schiavi, e nel procedere gittava al popolo, non senza qualche specie di novità, cinture d’oro ed altre spoglie vandaliche7. Bizanzio fu spettatrice di queste cose.

Note

  1. Con tre maniere di trionfo guiderdonavansi gli antichi generali tornando vittoriosi in Roma. Se reputati degni del trionfo maggiore, essi entravano nella città coronati d’alloro, su carri tirati da quattro cavalli, e sacrificavano tori. Se del secondo, detto propriamente ovazione, cingevansi la fronte con una corona di mortine, ed ivano a piede col popolo dietro gridante per letizia o, o, o, o, dalla quale esclamazione derivarono forse le parole ouare oppure ovare ed ovazione. Dissi forse perché Plutarco le vuole provenienti dal sagrificio fattovi d’una pecora (nomata ovis dai Latini) in cambio d’un toro. Se del terzo, ogni loro pompa consisteva unicamente nelle insegne trionfali: ciò basta per comprendere a quale delle tre specie debba riferirsi il trionfo di Belisario. Sull’uso e l’ordine dei trionfi vedi F. Noferi Panvini; e sulle cagioni loro Agellio (lib. v, cap. 6).
  2. Numero corrispondente a dieci mila.
  3. Lib. i, cap. 5, Guerre Vandaliche.
  4. Giuseppe Flavio nel descrivere elegantemente il trionfo di Tito e Vespasiano dopo la espugnazione del tempio di Gerusalemme dice: «Le altre spoglie portavansi alla rinfusa, ma sopra tutte facevano gran comparsa le tolte dal tempio di Gerusalemme; una mensa d’oro, pesante molti talenti, e un candeliere pur d’oro ma di fattura variata alquanto da quello che era in uso appo noi; perocchè il suo fusto formavalo una colonna congiunta alla base, da cui sportavano in fuora rami sottili foggiati a forchetta a tre rebbj, con sopra alla cima d’ognuno maestrevolmente saldatavi una lucerna. Sette erano queste e rappresentavano l’onore che al numero settenario si fa dai Giudei. Dopo questo per ultima delle spoglie il Codice si portava delle leggi giudaiche» (Guerre giud., lib. vii, cap. 5, trad. dell’Ab. Angiolini)
  5. Salomone nell’Eccl.
  6. V. Strabone, lib. xii.
  7. Fu esso in vero un trionfo più solenne del primo, non però secondo le costumanze antiche romane, alle quali sembrami per lo contrario essere stato più conforme l’altro.