Istoria delle guerre vandaliche/Libro secondo/Capo XXI

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Capo XXI

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Procopio di Cesarea - La guerra vandalica (VI secolo)
Traduzione dal greco di Giuseppe Rossi (1833)
Capo XXI
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C A P O XXI.
Giustiniano manda Ciro a governare Pentapoli, e Sergio Tripoli. — Per la fortuita uccisione di parecchi barbari nella casa di Sergio accendesi una tremenda guerra contro i Romani. — Salomone cade estinto da nemica mano.

I. Se non che la prosperità somma de’ nostri nell'Africa dopo l'anno quarto ad un cambiar di fortuna del tutto scomparve; ma prima di narrarne la cagione riferiremo che Giustiniano, correndo l’anno decimosettimo del suo imperio, destinò Ciro e Sergio figliuoli di Bacco, fratello di Salomone, a governare Pentapoli1 il primo, Tripoli l'altro. [p. 472 modifica]II. E poichè furono entrambi negli ottenuti reggimenti i cosiddetti Leucati2 Maurusii vennero con forte esercito presso alla gran Lepti3, stanza di Sergio, divolgandosi colà per ricevere i consueti doni e raffermarsi confederati di Roma. Il governatore, dato ascolto al consiglio del tripolitano Pudenzio (di già ricordato siccome colui che dal principio di queste guerre vandaliche avea stretto lega con Giustiniano4) fe alloggiare le truppe ne' sobborghi, ed accolse in città settanta de’ più cospicui duci, mostrandosi urbanissimo in tutto seco loro e rendendoli sin partecipi della sua mensa. V'ha nondimeno chi fa scopo dei barbari in quella venuta un insidioso tentativo contro la vita di lui; checchè ne sia eglino parlamentando un giorno alla sua presenza e richiamandosi di molte offese riportate dai Romani, aggravaronli ben anche di avere saccheggiato le messi e le campagne loro. Dalle quali accuse ristucco il governatore alzossi dalla scrauna per ritirarsi, ma uno di essi afferratane la clamide obbligavalo a rimanere tra loro. Principiato così un altercar vivissimo gli altri tutti sorgendo il circondano, ma tali de’cavalieri di Sergio sguainata la spada feriscono a morte l’audace ritenitore della clamide: all’inatteso colpo va tutta la casa in iscompiglio, ed accorse le guardie massacrano quanti eranvi barbari, sol uno [p. 473 modifica]sottrattosi occultamente dall’eccidio, il quale potè raggiugnere i compagni ed informarli dell’avvenuto. Questi udita la riferta corrono ad armarsi negli alloggiamenti, e quindi marciano in ordinanza contro i Romani. Sergio però, avvertitone, parte con Pudenzio e con tutto l’esercito ad incontrarli, ed appiccata la zuffa n’esce vincitore uccidendone molti, saccheggiando lor tende, e prendendo le donne e la prole, se non che Pudenzio temerariamente confidatosi nelle forze sue vi perde la vita; poscia sul calare delle tenebre retrocedette coll’esercito vittorioso e carico di bottino nella gran Lepti.

Passato nondimeno breve tempo que' barbari tornarono con maggiore apparecchio a disfidare i Romani, alla qual nuova Sergio corre da Salomone, ove rinvenne suo fratello Ciro, per indurlo a muovere con tutto l'esercito contro il nemico; i Leucati intanto presa la via della Bizacene mettevanne a ferro e fuoco le adiacenze. Antala poi, quel desso che rimasto fedele ai Romani proseguiva a regnare nella regione, ora anch’egli mal sentiva di Salomone, aggravandolo di aver tolto il frumento a quanti de’ suoi veniva somministrato dall'imperatore, e dell’uccisione del proprio fratello accusatolo falsamente d’intentata rivolta, mercè di che unitosi agli altri nel guastare le terre, e stretta lega coi Leucati marciava alla testa delle sue truppe verso Cartagine. Il costei governatore andò coll'esercito ad incontrarlo, ed arrivato a Baste5, città lontana sei giorni dalla [p. 474 modifica]capitale, pose il campo, avendo seco Ciro e Sergio figli del fratello Bacco, ed il giovine Salomone sua prole. Con tutto ciò forte paventando un assalto de’barbari, in grandissimo numero colà giunti, spedì ai loro capi querelandosi ch’eglino confederati de' Romani procedessero d’improvviso a guerreggiarli; esortavali adunque a non rompere i trattati, dichiarandosi pronto a rassicurarli coi più sacrosanti giuri che, dimenticato affatto il passato, e' sarebbe vivuto in eterna pace con essi. Ma i nemici beffandosi delle sue parole risposergli che ben anche in prima aveva egli sagramentato dell’egual tenore, invocando le più sante cose de’ cristiani dette gli Evangelii, e malgrado ciò lor gente era stata di poi, mentre il teneva di buona fede, ridotta a patire da lei gravissime sciagure. Essere pertanto risoluti a sperimentare con una battaglia il potere de' sacri antedetti libri contro i loro spergiuri, acciocchè in avvenire pur eglino, prestandovi credenza, abbiano mezzo certo di conchiudere una durevol pace. Salomone dopo sì pungente risposta apparecchiossi a far d'arme.

La dimane pertanto scontratosi in una costoro turba carica di molto bottino riuscì dopo breve certame a sconfiggerla, ma poscia ordinato che si custodisse intatta la conquistata preda, le truppe accese di sdegno altamente lagnaronsi del divieto di compartir loro quelle spoglie; di leggieri tuttavia e’ richiamo alla disciplina l’esercito, dicendo che volea attendere il fine della guerra per guiderdonare con esse ognuno giusta i proprj meriti ed il valore mostrato. Certo però si è che inoltratisi quindi i Maurusii con tutte le schiere loro ad [p. 475 modifica]attaccare battaglia, una parte degli imperiali non volendo sentirne abbandonò l'ordinanza, e gli altri mal disposti d'animo, lenti e pigri affrontaronsi co’ nemici. Il perchè sebbene la vittoria pendesse al principio indecisa, avanzatisi di poi in maggior numero i barbari fecero voltar le spalle a molti de’ nostri.

III. Salomone e quanti erangli dappresso resistettero qualche tempo, alla fine però anch’eglino, assaliti con empito fortissimo, diedersi alla fuga riparando al varco d'un prossimo rivo; dove gittato a terra il duce dall’affaticato destriero tutti accorsero ad aiutarlo, ed a rimetterlo in sella avvegnachè assai malconcio dalla caduta, e debole in guisa che appena la sua mano regger potea le redini. Ma per colmo di sciagura non sì tosto rimontato furongli sopra i nemici, e divenutine padroni l’uccisero con molti de’ romani cavalieri. Di tal modo egli compiè la mortale carriera.

  1. (3) Plinio dà ragione di questo nome scrivendo: Cyrenaica, cadem Pentapolitana regio, illustrator urbibus maxime quinque, Berenice, Arsinoe, Ptolemaide, Apollonia, ipsa Cyrene ( lib. v, cap. 5 ). V. similmente Tolemeo.
  2. Levati, secondo altri testi.
  3. A questa gran Lepti si riferisce il testo di Strabone riportato per errore nella nota i a pag. 360.
  4. V. cap. v, § 1, di questo libro.
  5. (1) Zebaste secondo altri codici, ed annoverata dall’Ortelio tra le città di sconosciuta posizione.