Istorie dello Stato di Urbino/Libro Secondo/Trattato Primo/Capitolo Settimo

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Libro Secondo, Trattato Primo, Capitolo Settimo

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CAPITOLO SETTIMO.

Della Città di Cagli.


C
orreva l’Anno decimonono dell’edificatione di Roma, per l’attestatione, che ne fà Gabino Leto: quando che da Febeio Duce valoroso de’ Sabini, fù in questa Regione Senonia, sopra le falde amene del Petrano Monte la Città di Cagli eretta; d’ampiezza tale, che non essendo il recinto, per due miglia di muuo, di sì numerosi habitatori capace, fù anche adorno reso di Borghi. E perche in mezo à quel sito fondato il Tempio trovavasi, ove di Marte Cali s’adorava l’imagine, da esso pigliando il nome la Città novella, Cagli fù poscia unitamente chiamata. Credesi, questa, che da’ Toscani fosse un tempo signoreggiata; e succedendo l’espulsione di quelli, restasse à i Senoni soggetta, da’ quali sendo abbandonata, indi poscia dal tempo abbattuta, cascò rovinata nella funebre tomba delle sue macerie: dalle quali fù dopò l’esterminio de’ Senoni sudetti rilevata da i Romani soldati, e nella sua prima giacitura fondata: mà da’ Romani Imperatori considerato il sito; il qual non men delitioso, che ameno, e salubre credevano, per la grandezza de i piani, che davanti stendevansi; per la verdura de gli ombrosi monti; per la delitia de i Colli, che le facevan corona; per l’amenità dell’opache selve; per l’ampiezza de’ prati, come in bella drapperia distese; & per la limpidezza de i fiumi, che gorgogliando in christallina vena, con piè [p. 130 modifica]d'argento le scherzavan d'intorno, se gli affettionaron'in guisa, che molti di essi nelle più calde stagioni dell'Anno, quando più che mai Latra il Sirio Cane, per loro delitie vollero habitarla; come raccogliesi da i fondamenti de i superbissimi Palagi, che sino à questo giorno dentro il terreno si scuoprono quotidianamente sepolti non tanto nel primiero sito, ma ne i vicini monti ancora; singolarmente dentro il Nerone, ove (come dicemmo) superbissime stanze, con infinita spesa vedonsi fabricate, nel qual luogo si pensa, che non solo Domitio Nerone per qualche tempo vi soggiornasse: mà parimente altri. E forse volle per questo Flaminio Console, la strada Romana tirarvi, benche senza cavar monti, ed ergere, con indicibili spese fabriche superbissime, con più agevole, & ispediente camino per Suasa indrizzar la potesse: Anzi quì, più che in ogni altro luogo della detta Via, mostrò il Console sudetto l'animo suo generoso, due ponti sontuosissimi inarcando; i quali superato il tempo, di un sasso non più veduto altrova, con tal magistero furono lavorati, c'hoggi à passaggieri maraviglia grande arrecano. Quindi gli Scrittori antichi, non meno delli moderni presero materia di si altamente ragionare di Cagli; massimamente il citato Leto, Sabellio, Strabone, Plinio, Suetonio, Cornelio Tacito, Bartholo, il Beligherio, Carlo Sigonio, Dionigio Atanagro, il Biondo, Antonino Pio, Procopio, Leandro, l'Ortellio, il Magini, ed'altri cento, che di annoverare tralascio, per non rendere il discorso, col prolisso dire tedioso; anzi da Vellio nel primo libro delle Romane Historie, chiaro raccogliesi, che la medesima fosse de' Romani Colonia; nè à creder questo rendesi difficile, per l'attestation, che ne fanno de' vecchi edificij le memorande reliquie. Et se bene da molte barbare nationi questa fosse travagliata non poco, ad ogni modo non potè mai, per la fortezza del sito, e per lo valor de gli habitanti, essere conquistata da loro; si che illesa visse per molti secoli. Pervenuta finalmente sotto il Dominio Feltrese, fedelissima sempre mostrossi à quella Casa; e di modo affettionata, che fece al Duca Federico, di tutti gli suoi beni un dono; nulla curandosi di restar essa povera, per lo suo Signore arricchire. Mà quel, che non potero mai contro di essa fare i nemici esserciti, essequirno de' propri Cittadini le risse: però che eglino in due parti divisi, che l'una Guelfa, e l'altra Ghibellina chiamavasi; dopò riempitala del sangue de gli suoi proprij figli, vollero co'l fuoco insieme consumarla del tutto: Perloche quelli senza habitationi, e questa senza habitatori essendo, tragico spettacolo à' viandanti, e scherzo funebre à gli invidiosi rendevasi. Dal fuoco essendo le glorie di Cagli estinte; per sollevarle, (affinche trà quelle ceneri non s'estinguessero) il generoso Pontefice Nicola Quarto, che in Ascoli hebbe i natali, co'l mezo di [p. 131 modifica]Giovanni Colonna, all'hora della Marca Presidente, richiamato l'avanzo de' Cittadini, che vaganti, senza la Patria si trovano, refondaronla più in giù al piano, là dove il Bosso, e'l Borano, con angolo poco men che acuto s'incontrano, in mezo à punto al corso della Romana strada; e nel gettar che fecero ne i primi fondamenti le pietre, correva l'Anno della nostra Salute 1289. li 9. Febraro, in giorno di Mercurio, intorno alla prima hora del giorno sudetto (come riferisce l'Alberti) anzi gli Annali stessi del la Città fondata, citati dal medesimo Alberti, e di parola in parola nel suo Volume copiati, in questa riedificatione volle il medesimo Pontefice un nome nuovo imporli: Onde chiamata fù Città di Sant'Angelo Papale; mà poi morto Nicola ripigliando l'antico, da tutti Cagli s'appella. E con tal ordine d'Architettura fù in questa Penisola riedificata, che riuscì la più ben composta, & la più vaga di ogni altra, che trovasi nella Senonia Terra fondata; vedendosi hoggi di grosse, e forti mura di viva pietra munita; in cinque ample, e diritte strade principali, da un capo all'altro della Città scorrenti, le quali con altre principali sono con vaga intersatura divise, e traversate: Onde più angoli retti con esse ne formano; à cui centro il Foro amplissimo, travisato con sottil magistero di candida, e viva pietra, nella cui fronte superbissime strutture s'inalzano, rendendolo con prospettive loro quasi comico Teatro: principalmente il Palagio maestoso del Publico, ove del Magistrato giace la residenza; & il Pretoreo, nel quale della Città i Governatori, con la lor Corte soggiornano. In più luoghi trà queste vie si vedono sorgere abbondevoli fonti di limpidissima acqua; & in particolare uno, che di finissimo marmo fabricato, con ispessi rampolli spruzza in giro copiose l'acque al Cielo; & sicome questo è il più bello, & il più ricco d'onde, pigliando un fiume di esse, che dal vicino Monta per condotto descende, à tutti gli suoi avanzi comparte: indi esso per accidente mancando, essausta resta la Cittade; gli habitanti forzati sono di uscire per provedersene fuori, & di far ricorso al fonte, che verso à l?ostro, frà la detta Città, e'l fiume da una ripa scaturisce. Altri sontuosi edificij publici, e privati, oltre i descritti si vedono; come Torrioni muniti in guisa di fortissime ROcche; & oltre gli accennati, un'altro Palagio publico, che gran Corte rassembra, il quale già fù di un nobile Cittadino, & al presente viene dalla Santa Casa di Loreto goduto: ove tutti gli addobbamenti sono, che vedonsi nelle Case de' Grandi. Sei Conventi di Religiosi al servitio spirituale in questa Città dimorano, trè dentro alle mura, & tre fuori, benche vicino; i quali sono i Canonici Regolari di San Salvadore, i Padri Domenicani in San Giovanni, gli Heremitani in Sant'Agostino, i [p. 132 modifica]Minori Conventuali in S. Francesco, i Minori Osservanti, & i Capuccini, contre di Monache; le Benedettine in S. Pietro; le Minorite in S. Chiara; e le Domenicane in S. Nicolò; tutti tre di grande stima, non men per la buontà di quelle RR. Madri, vivendo tutte in molta osservanza, che per la qualità de' Soggetti rari, che ivi (abbandonato il Mondo) al servitio di Dio sonosi consacrate. La Chiesa Episcopale, in mezo alla Città giace, assai vicina al Foro, laquale (oltre gli honori, che riceve dalla presenza del Vescovo) viene da un nobil Capitolo di Canonici decorata; dove (oltre le dignità ordinarie di Preposto, & di Archidiacono) undeci altri Prebendarij risiedonsi, e con il decoro dovuto vi celebran le Messe, & i Divini Officij, con i soliti Mansionarij, e Capellani. Oltre i detti sacri luoghi vi si contano ventidue Confraternità Laiche; le quali nell'opre virtuose di caritade s'impiegano; e quattro Hospitali, dove i Pelegrini, e gl'infermi d'ogni sorte, non meno forastieri, che paesani ricevonsi. Gode, rifatta, il Territorio, che possedeva prima; il quale di circostanza quaranta e più miglia contiene, tutto habitato; essendo colmo di popolosi villaggi, ed'alcuni nobili Castella. Di fuori alla rive de i fiumi, vedesi una bella pianura (di cui favellammo di sopra) lunga dieci miglia, e nel maggior suo dilatamento tre larga, da piacevolissimi colli spalleggiata, e verso l'Ostro da Monti altissimi, però fertili, e selvosi fronteggiata. Quivi frumento, & ogni forte di biade in gran copia s'ingenerano, come parimenta vino, e frutti, che si trasportano altrove. Pigliansi ne i fiumi ottimi pesci, e specialmente la Trutta nel Certano, che dal Nerone deriva. I due sopradetti Monti celebri, frà i limiti contengonsi del Territorio medesimo, cioè, il Nerone, e'l Petrano, che ad una pianura di cinque miglia termina la cima; dove (come già dissi) Francesco Maria ultimo Duca d'Urbino teneva de' cavalli Napolitani la razza. Mà più d'ogni altra cosa memorabile in questo Territorio, è il campo Ventoso, che situato vedesi trà le foci di Borano, e la Cittade, il quale più che al Mondo è famoso al Cielo; perché fù tinto dell'innocente sangue del glorioso Martire Gerontio, l'Anno della nostra Salute 504. nel cui proprio luogo del Martirio, una Chiesa vedesi, che al medesimo Santo è consacrata. La sua Diocese non eccede i confini al suo Territorio descritti; se ben angusto di sito, e però molto nel numero delle dignità, e Prelature, che vi si dispensano ampla; peroché trà le Abbadie, Priorati, Plebanie, e Retorie al numero di novanta quatro ascendono. Quindi è, che questa Chiesa Episcopale, sempre dai Sommi Pontefici fù à persone degne conferita, (le quali non si sono sdegnate farvi la residenza.) come nell'Anno 359. à Greciano sotto il Consolato di Eusebio Ipatio, à Buono de' Lutij di questa medesima Città l'Anno 1414. Frà Tomaso de gli Albrici [p. 133 modifica]Fiorentino Domenicano, l'Anno 1526. ed altri; cinquant'uno, de' quali s'hà memoria nel Catalogo de' Vescovi della detta Chiesa, da Greciano sudetto sino à Gio: Francesco Passionei, c'hoggi Nuncio per la Sede Apostolica trovasi nella Toscana; & i quali di numerare per gli rispetti altre volte accennati, tralascio.

E Cagli di gran nobiltà ripiena, e di alcune prima famiglie d'Italia. Quindi nei tempi andati, huomini vi furono, in ogni professione sublimi; non meno in dignità Ecclesiastiche, che in armi, & in lettere; come si hà ne i Libri loro notitia: Gordiano Calense fù per gli suoi meriti della Porpora Cardinalitia da Leone III. co'l titolo di Santa MARIA in Portico, decorato l'Anno di Christo 796. Paolo Calense fù parimente all'istessa dignità, per gli suoi meriti, da Urbano Secondo sublimato, l'Anno di nostra salute 887. Felice Tiranni, essere meritò alla dignitade Archiepiscopale assonto, nella Metropoli d'Urbino; e fù il primo, à cui tal'honore in quella Città si donasse. Ne i secoli primieri fiorì dentro à Roma Marco Vinicio da Cagli, huomo Consolare, come Tacito nel quinto de' suoi annali afferma. Scabrio allievo di Cesare Druso, Decurione della Settima Legione nella guerra di Germania, e di Asia guadagnossi di Condecurione la mural Corona; come in marmo si legge, collocato in Roma nella Vigna de' Velli. Bartolomeo Pelingotti Legista, per la fama della sua prudenza, fù più volte da Fiorentini per Podestà, sopra la Republica loro condotto. Sansone d'Oddo Mastini, Legista anch'egli fù longamente dalla medsima Republica provisionato; essendo in Valdarne General Commissario. E mille altri, che precorrendo il tempo, con il valore maturata pria la virtù, che gl'Anni, dal seme de' sudori mietendo glorie; con la intrepidezza dell'armi, con le prudenze politiche, e con le penne, immortali nelle Stampe hanno lasciato à posteri di loro stessi alle memorie; de' quali sapendo, che altri parlarono, io mi taccio: Nè più oltre di Cagli stenderò il discorso.

Qui della feconda, e nobil Città di Iesi trattar dovrei, ch'essendo posta di questa Regione infra i confini, fù da Senoni goduta: havendo essi à Toscani, (si come quelli à Pelasgi) levatola; da cui (per l'attestatione di Silio nell'ottavo de bello punico, & Gabino Leto nel Libro de condita Italia,) fù in quell'amenissimo sito edificata. Mà oltre quanto ne hà scritto Pietro Gritio; grossi Volumi n'hanno scritto, i quali pongonsi alla luce, non oso per riverenza, di oscurare co' miei brevi discorsi le chiarezze loro. [p. 134 modifica]Si che di essa, e delle grosse Terre, che nel suo Territorio contengonsi, di ragionare prohibendo alla penna; al Secondo Trattato delle Cittadi estinte ci rivolgeremo.