Izquierda de copia - nuovi sensi del possesso nell'era digitale/3.0 Libertà di creare, libertà di distribuire/3.5 Free Life

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3.5 Free Life

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3.0 Libertà di creare, libertà di distribuire - 3.4 Free Art 404 not found - Appendice - Conclusioni..?


Il capitolo che segue non era previsto nella bozza iniziale di questa tesi.

Ma leggendo pagine e pagine di libri e di siti inerenti la mia tesi, di link in link, da un riferimento a una citazione, mi sono resa conto che il mondo delle biotecnologie, del biocopyright, dei monopoli alimentari e farmaceutici non solo è collegato all’argomento delle nuove licenze e delle nuove teconologie, ma è talmente vicino alla nostra vita privata e quotidiana che ignorarlo avrebbe significato eliminare una parte davvero importante da tutto questo discorso.

Nell’era digitale è diventato possibile registrare codici genetici di piante, animali e esseri umani: se qualcuno riesce a mappare l’intero DNA di un essere vivente, ha anche la possibilità di brevettarlo. Il governo americano ha registrato il codice genetico di un essere umano (un uomo Hagai della Papa Nuova Guinea); poi per fortuna l’ha rilasciato sotto pubblico dominio, ma si tratta di un precedente pericoloso.
Un'animazione della struttura del DNA.
Immagine rilasciata dal suo autore sotto pubblico dominio.

Potenti multinazionali hanno già acquistato da popolazioni relativamente povere i codici di diverse sostanze, spacciate poi per invenzioni, quando si tratta in realtà di conoscenze tramandate da millenni di padre in figlio (come l’apelawa, un tipo di grano andino, o l’ayahuasca, una sostanza utilizzata per le cerimenie religiose in Amazzonia).

Al momento, i brevetti di tali sostanze sono validi solo in America, negli stati in cui sono state registrate, e non nei paesi d’origine; ma c’è il rischio che in futuro il copyright possa diventare valido anche all’infuori dei confini nazionali, con l’inaccettabile risultato che le popolazioni che ancora oggi sono libere di utilizzarle siano obbligate a pagarne i diritti d’autore.

Nel novembre 2007 la Deutsche Telekom ha registrato e comprato il colore magenta, mentre la Red Bull lo ha fatto con il blue silver.
Il biocopyright viene oggi utilizzato indiscriminatamente da multinazionali alimentari, chimiche e farmaceutiche.
Ad esempio, i semi della Monsanto che vengono acquistati dai contadini possono essere piantati solo per una stagione, e non è possibile regalarli o tenerli da parte per la semina successiva, come da sempre i contadini sono stati naturalmente abituati a fare. Se un contadino si azzarda a trasgredire queste regole, la Monsanto sguinzaglia una speciale squadra per trascinarlo in tribunale (la cosiddetta “Polizia dei Semi”, composta da una settantina di agenti, autorizzati a sistemi repressivi e intimidatori nei confronti dei “biopirati”).
Multe salate sono state ricevute anche da chi si è ritrovato, suo malgrado, il campo infestato da semi della Monsanto semplicemente trasportati dal vento.
Per fermare queste persecuzioni e difendere i contadini, in America esiste il Center for Food Safety (http://www.centerforfoodsafety.org/), un’associazione no-profit che si impegna anche a diffondere sistemi di produzione sostenibili, ad informare i cittadini sulla distribuzione di alimenti geneticamente modificati o inquinati con ormoni, e a promuovere campagne e petizioni (una delle quali chiede al governo americano di creare una legge che escluda le piante dal materiale brevettabile).

Si è arrivati ad un punto eticamente non più tollerabile, in cui queste aziende dichiarano di agire per il nostro bene e la nostra salute, quando in realtà il loro obiettivo è solo ed esclusivamente il lucro.
Stiamo perdendo quella biodiversità che da sempre è stata una forma di difesa naturale contro l’estinzione delle specie animali e vegetali. Il mercato globale non è interessato alla varietà, e per questo motivo moltissime specie vegetali stanno scomparendo, mentre altre sono già andate irrimediabilmente perdute..

Nel 1975 è nata un’associazione mondiale di coltivatori che vogliono preservare semi che al mercato non interessano e animali da cortile che rischiano l’estinzione: si chiama “Seed Savers” (http://www.seedsavers.org/) e ha il suo quartier generale in una fattoria dell’Iowa.
In Italia, a Cesena, ha sede “Civiltà Contadina” (http://www.civiltacontadina.it/), che si dedica a salvare specialità locali e regionali di frutta, verdura e animali da cortile.
Detto così, può sembrare il passatempo di alcuni vecchi contadini, o di nostalgici, o peggio ancora di allarmisti. Ma poi si scopre che delle 25 varietà di cocomero italiane ne resta solo una, che abbiamo 50 tipi di fagioli (mentre nei supermercati sembrano esistere esclusivamente borlotti e cannellini), che avevamo circa mille varietà di mele sostituite dalle 4/5 principali varietà commerciali, che sono scomparse 33 varietà di broccoli, che restano solo un centinaio delle 400 varietà di frumento, che ben 5 razze bovine si sono estinte negli ultimi 40 anni... e molto altro, in una lista lunghissima di patrimonio che abbiamo perso (il WWF ha calcolato che il 15% del nostro patrimonio naturale è andato perduto per sempre).

Qualcosa in Italia oggi si muove, ma per ora solo a livello regionale (ad esempio, nel 2007 in Emilia Romagna è stata approvato un disegno di legge che tuteli la biodiversità delle varietà vegetali e animali romagnole).
Un'ape impollina un fiore.
Immagine rilasciata sotto licenza Creative Commons Attribution 3.0 Unported.

Sono invece immensi gli sforzi che saranno necessari per “salvare il salvabile” a livello planetario.
A mille chilometri dal Polo Nord, nell’isola più grande dell’arcipelago delle Svalbard, nel 2006 sono iniziati gli scavi per costruire la più grande banca dati genetica del mondo: qui verranno sepolti e conservati nel permafrost tutti i semi delle piante conosciute, per preservarli da una guerra nucleare, un disastro naturale o chissà che altro (le ultime banche di germoplasma sono state distrutte in Iraq e Afghanistan dalle cosiddette “bombe intelligenti”). Potremo avere accesso a queste risorse solo nel caso in cui tutte le altre non sarranno più utilizzabili. Il genere umano ha paura di sè stesso e cerca disperatamente di correre ai ripari.
Il nostro patrimonio naturale sta venendo saccheggiato, in silenzio, senza che quasi nessuno si ribelli, perchè la stampa non ne parla, e le notizie sull’argomento sono poche.
Ma è davvero possibile che una multinazionale sia la padrona di un tipo di grano, o di un fiore, o di un colore??

Pensavamo che gli animali, la terra, l’aria, l’acqua, fossero di tutti e di nessuno.

Invece abbiamo iniziato a comprarli, venderli o addirittura affittarli.

Rubiamo dai serbatoi ancora ricchi di biodiversità delle popolazioni impoverite dalle stesse nazioni che in passato le hanno perseguite, hanno rubato loro la terra e le hanno relegate in “oasi felici” come animali in estinzione.

Anche se l’argomento delle biotecnologie e dei biobrevetti sembra di attualità (nel senso che verrebbe da dire che è una questione nuova, che l’uomo si è posto solo in questo secolo), in realtà si tratta di un problema che affonda le proprie radici nella storia stessa dell’umanità, nelle guerre, negli stermini di massa e nell’odio che troppo spesso è regolatore dei rapporti tra i popoli, ago della bilancia tra ricchezza e povertà, potenza e debolezza.
La Monument Valley (Utah).
Immagine rilasciata sotto licenza GDFL