L'Esclusa/Parte Seconda/Capitolo VIII

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VIII.

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VIII.

— Venga, due passi.... Il mal di capo le svanirà. Vede che giornata? Due passi....

— Ha fatto male a venire....

— Perchè?

— Avrei voluto avvisarla.... Ma dove?

— Perchè? — insistette l’Alvignani.

Era turbatissimo anche lui. Non s’aspettava di ritrovar Marta in tanto rigoglio di bellezza e così confusa e tremante innanzi a lui. Non sapeva come spiegarsi la facilità con cui ella pareva si lasciasse condurre; e n’era quasi sgomento: temeva d’ingannarsi, si sforzava di dubitare e temeva di credere; temeva che un gesto, una parola, un sorriso imprudente non dovessero in un attimo rompere l’incanto.

Marta andava a capo chino, col volto in fiamme. Non avendo saputo, nè quasi creduto possibile separarsi da lui su la soglia del collegio, ed essendosi piegata all’invito di far due passi insieme, si era messa ad andare in su, dove il corso diveniva man mano più solitario. Non si sarebbe certamente avviata con lui verso la città, incontro alla gente.

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Usciva dal collegio due ore prima del solito; nè il marito dunque poteva esser di già alle poste, nè Matteo Falcone l’avrebbe veduta. Pure ella tremava; le pareva che tutti dovessero accorgersi dell’imprudenza, anzi della temerità di lui e dell’estrema agitazione con cui ella lo seguiva, come trascinata veramente, come cieca. E non penetrava il senso delle parole ch’egli le diceva con voce tremante; ma le udiva. Eran parole ardenti e affollate, che le cagionavano a un tempo vergogna e sgomento, misti a un piacere indefinibile. Egli le diceva che da lontano aveva sempre pensato a lei....

Ed ella ripetè involontariamente, con aria incredula:

— Sempre....

— Sì, sempre!

Che diceva adesso? Che ella non gli aveva risposto? Quando? A qual lettera? Fece per alzare gli occhi a guardarlo, ma subito riabbassò il capo. Sì, era vero: non gli aveva risposto. Ma come avrebbe potuto rispondergli, allora?

Pensieri sconnessi le guizzavano intanto nel cervello: le due bambine a cui soleva dare in quel giorno la lezione particolare; l’ultima minaccia del marito nella lettera d’Anna Veronica; il mostruoso amore e la gelosia di Matteo Falcone.... Ma nessuno di quei pensieri riusciva a [p. 226 modifica] riflettersi su la coscienza di lei sconvolta, tra l’angoscia incalzante dei palpiti.

Ella sentiva ch’era di quell’uomo elegante, ardito, che le camminava a fianco, ch’era venuto a prendersela improvvisamente; e lo seguiva, come se egli avesse davvero un diritto naturale su lei, ed ella il dovere di seguirlo.

Èmpiti di sangue le balzavano alla testa; poi un subito spossamento le aggravava le membra. Aveva perduto affatto la coscienza di sè, d’ogni cosa; e andava innanzi senza volontà, nè speranza di poter più sciogliersi da quell’uomo che la avviluppava con la parola commossa.

Anche lui era preso e vinto dall’irresistibile fascino amoroso, e parlava, parlava senza saper bene ciò che dicesse, ma sentendo che ogni parola, il suono, l’espressione di essa erano in perfetta armonia, e avevan virtù spontanea d’infallibile persuasione. Nè anche egli pensava più; non sapeva che una cosa sola: che era vicino a lei, che non l’avrebbe lasciata più.

L’aria s’era come infiammata intorno ai loro corpi, s’era fatta avvolgente, e vietava ogni percezione della vita circostante: gli occhi non iscorgevano più alcun oggetto, gli orecchi non accoglievan più alcun suono.

Egli era arrivato a darle del tu, come già nell’ultima lettera, in quella scoperta dal marito; [p. 227 modifica]ed ella questa volta lo aveva accolto senza quasi notarlo.

Da un pezzo lo stradone era divenuto solitario: la luce del sole metteva sul giallo della polvere come un fervore d’innumerevoli scintille che accecavano, e per cui pareva fervesse sotto i loro piedi anche la terra. Il cielo era d’un azzurro intenso, immacolato.

A un tratto si fermarono. Si fermò lui per primo. Marta si guardò attorno, smarrita. Ove erano? Da quanto tempo camminavano?

— Non eri mai arrivata fin quassù?

— No.... mai.... — rispose ella timidamente, continuando a guardare come se uscisse da un sogno.

— Di qua.... — le disse egli, prendendole senza alcuna pressione il polso e accennando una via traversa, alla sua sinistra.

— Dove? — chiese ella, forzandosi a guardarlo e ritirando un po’ il braccio ch’egli non lasciava.

— Di qua, vieni.... — insistette egli, attirandola dolcemente, con un lieve, tremulo sorriso su le labbra aride, pallido in volto.

— Ma no.... io adesso.... — tentò ella di schermirsi, più che mai impacciata e sgomenta, notando il fremito della mano, il sorriso nervoso, il pallore del volto e l’espressione aggressiva degli occhi di lui, intorbidati e rimpiccioliti.

[p. 228 modifica]— Un momento solo.... di qua.... Vedi, non c’è nessuno....

— Ma dove? No....

— Perchè no? Vedrai la chiostra dei monti.... Morreale lassù.... poi le campagne tutte fiorite.... e da questa parte il mare, Monte Pellegrino.... e la città intera sotto gli occhi tuoi.... Ecco, la porta è qui. Vieni!

— No, no! — negò più recisamente Marta, guardando la porta, quasi non comprendendo ancora ch’egli abitasse lì e non trovando tuttavia la forza di liberare il polso dalla mano di lui.

Ma egli la attirò. Varcata la soglia, Marta trasse un lungo sospiro; sentì tra le mura del breve, angusto androne un momentaneo sollievo, come un fresco refrigerante.

— Guarda, guarda.... — le disse Gregorio accennando i colombi che tubavano tutti insieme, ora avanzandosi impettiti come in difesa del loro campo, ora allontanandosi impauriti dalla voce di Marta che s’era chinata a chiamarli:

— Come son belli.... Uh, quanti....

Gregorio la guardava così china, col desiderio irresistibile d’abbracciarla, di stringerla forte a sè e non lasciarla, non lasciarla mai più. Gli pareva d’averla sempre, sempre desiderata così, fin dal primo giorno che l’aveva veduta.

[p. 229 modifica]— Ora guarda: due scalini.... Andremo su al terrazzo....

— No, no, ora me ne vado.... — rispose subitamente Marta, rizzandosi.

— Come! Ora che sei entrata? Son due scalini.... Devi vedere il terrazzo.... Sei già qui....

Marta si lasciò novamente attirare; ma, appena posto il piede nell’interno della casa, si sentì sciolta dell’incanto che l’aveva fin lì trascinata; le s’infoscò la vista; un vertiginoso smarrimento la colse. Era perduta! E, come in un incubo, sentì l’impotenza di sottrarsi al pericolo imminente.

— Il terrazzo? Dov’è il terrazzo?

— Ecco.... vi andremo.... — le rispose Gregorio, prendendole una mano e premendosela sul petto.

Ella gli levò in volto gli occhi pieni d’angoscia, supplicanti.

— Dov’è? — ripetè, ritraendo la mano.

Non vedeva altro scampo, ora.

Gregorio la condusse attraverso le stanze; poi salirono un’angusta scaletta di legno.

Marta lassù sentì aprirsi il cuore.

Lo spettacolo era veramente magnifico. La enorme chiostra dei monti incombeva maestosa e fosca sotto il fulgido cielo. Le schiene poderose si disegnavano con tagli d’ombra netti. E Morreale pareva là un candido armento [p. 230 modifica]pascolante a mezza costa; e, sotto, la campagna sparsa di bianche casette si stendeva oscurata dall’ombra dei monti.

— Ora di qua! — diss’egli.

Quanto imminente e fosco era dalla parte dei monti lo spettacolo, tanto vasto e lucente spalancavasi dalla parte opposta. Tutta la città, distesa immensa di tetti, di cupole, di campanili, tra cui, gigantesca, la mole del Teatro Massimo, si offerse a gli occhi di Marta, e il mare sterminato in fondo, riscintillante al sole, sotto i cui raggi Monte Pellegrino rossigno pareva sdrajato beatamente.

Marta per un momento si oblio nella contemplazione del vasto spettacolo. Poi cercò con gli occhi il campanile del Duomo, dietro a cui sorgeva la sua casa; e subito, al pensiero della madre e de la sorella che colà la aspettavano, sentì più vivo il turbamento, più acuto il rimorso, e una sfiducia profonda e disperata di sè. Trasse il fazzoletto e si nascose la faccia.

— Piangi? Perchè, Marta? Perchè? — le domandò egli con affettuosa premura, accostandosele. — Vieni, scendiamo.... Adesso te ne andrai....

— Sì, sì.... subito.... — fece ella, sforzandosi di dominarsi. — Non dovevo.... non dovevo venire....

— Ma perchè? — ripetè Gregorio, afflitto, come ferito dalle parole di lei, ajutandola a [p. 231 modifica]discendere. — Perchè dici così, Marta? Marta mia.... Aspetta, aspetta.... Così! non piangere.... rassettati....

E asciugandole gli occhi, la carezzava, tutto tremante.

— No.... no.... — cercava di schermirsi ella, abbandonata di forze.

Quand’egli la abbracciò, ella ebbe un fremito per tutte le membra, un singulto, come uno schianto, di chi cede senza concedere.