L'aes grave del Museo Kircheriano/Tavola I.

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Tavola IV. B. Tavola II.

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TAVOLA I.


Cominciavamo l’illustrazione della moneta cistiberina da Roma, perchè quantunque la moneta romana fosse ultima in ordine di età e di origine, era per noi prima nell’ordine della certezza di sua pertinenza. Questa ragion medesima ci conduce ad incominciare da Volterra il nostro discorso su la moneta etrusca. La moneta volterrana, per ciò che riguarda il peso, è forse l’ultima; ma in quanto alla certezza della officina, fondata su la certezza della iscrizione, è certamente la prima. Contra gli sforzi adoperati da’ non discreti fautori dell’amor patrio del Cardinal Borgia, i quali la leggenda di Volterra appropriar volevano a Veletri, ne fanno indubitata fede la [p. 90 modifica]lingua, l’arte, il sistema, la provenienza. Qui tutte queste cose proprie sono in generale degli etruschi, in particolare de’ volterrani.

Giova al fine storico e geografico di questo lavoro l’accennar quivi, che i Borgiani non avrebbono mal ragionato, se il suono della voce scritta su le nostre monete si fosse potuta tenere per argomento bastevole a stabilire quella proprietà. La voce avrebbe una maggiore prossimità col Velitrae che col Volaterrae. Benché poi s’ignori, se fosse puro effetto di barbarie e di prepotenza l’alterazione, che i romani, divenuti anche con la lingua padroni d’Etruria, recarono al nome primitivo di questa città, contuttociò noi propendiamo a credere, che ne^più rimoti tempi, quando tra i popoli cistiberini e trastiberini non v’era quella disunione che l’età, la distanza de’ luoghi, la diversità degl’interessi, i mutamenti politici, molto più che le acque del fiume introdussero tra gli uni e gli altri, il nome delle due città fosse affatto identico. La significazione di questa voce non è così certa, come è certo che l’antica geografia italica conta tra’ suoi luoghi più d’una Velia e più d’un Atri, da’ quali due elementi si compone . L’Adria veneta non doveva in origine suonar diversamente dall’Atri picena; e l’Alatri degli ernici per poco dovea distinguersi dal etrusco e volsco. Questa grande somiglianza e identità di nomi geografici ha per noi quella virtù medesima che la somiglianza ed identità delle impronte su le monete. L’un fatto all’altro si congiunge per indicarci, che le popolazioni diverse dell’Italia media hanno un’origine meno svariata di quel che comunemente sì pensa.

L’unità delle impronte etrusche non somministra argomento a lunghi discorsi. In pochi tratti esporremo la nostra opinione intorno alle impronte de’ Volterrani. Dove illustravamo i due bifronti latino e romano, accennavamo eziandio, quel di Volterra non essere che una insegna della unione di due città o di due genti. Quali esse sieno, qui non e facile il deciderlo, come lo era rispetto a’ romani e latini, di cui i monumenti e gli storici antichi ne accertavano almeno in parte i natali. Cionullaostante l’aver veduto rutuli e latini propagarsi ad abitare le due opposte rive del Tevere, ne mette in animo il sospetto, che giunte queste colonie alle prime sorgenti del fiume ed imbattutesi per ventura nelle sorgenti dell’Arno, prendessero a secondare la discesa di questo fiume verso il mare. Di ciò pare ne diano un qualche indizio le impronte volterrane. Il bifronte, la clava e forse il delfino sarebbono qui quasi una ripetizione del bifronte, della clava e del delfino tanto celebri nelle quattro serie latine. Il pileo di che qui cuopresi il bifronte, a differenza del latino, potrebbe prendersi per un distintivo appropriatosi da questa diramazione di pelasgo-trojani nello stabilirsi che fecero in cotesta parte d’Etruria.

Quando non sì voglia fare alcun conto di questa opinione, per noi crederemmo che sarebbe un gittar tempo l’imprendere a rintracciare quali sieno [p. 91 modifica]le due genti indicateci dal bifronte di Volterra. Il fatto qui rimarchevole è quello delle due zecche da cui derivano le monete di questa prima Tavola. Quella che dal maggior numero de’ monumenti superstiti apparisce essere stata la prima, segnava ii bifronte nel diritto, e in mezzo all’epigrafe scolpiva nel rovescio la clava. La seconda non usava nel rovescio che la sola epigrafe, e nel diritto copriva il bifronte con quella varietà di pileo schiacciato che abbiamo indicata sotto il num. 18. Tavola V, Incerte. Se l’esperienza non ci avesse più d’una volta dimostrato il grave pericolo ch’egli è quello del prestar cieca fede ad ogni ordine di publicatori, dovremmo dire che vi esiste una terza serie di monete volterrane, nelle quali in luogo della clava vedesi scolpito un delfino. Ma contro l’esistenza di questa impronta ben da tre lati ne insorgono dubbj. Tra le monete di Volterra che contansi in questo medagliere e che abbiam presso altri incontrate, non ci è accaduto finora di vederne una sola genuina con sopra questa imagine. In quella vece le false con l’impronta del delfino sono sì abbondanti, che presso un solo privato raccoglitore, di ottimo animo, ma non d’ottimo occhio, ben tre assi di tal fraudolenta natura vedemmo alcuni anni addietro. Nella collezione nostra ve n’era un quarto insieme con quello svergognato dupondio, che lo Zelada medesimo faceva publicare come sospetto. In questo numero dee collocarsi la moneta coniata di Volterra che ha un Apollo nel diritto e un delfino nel rovescio, circondati amendue della medesima epigrafe, progressiva da sinistra a destra in una parte, da destra a sinistra nell’altra. Anche l’intelligentissimo Avellino la tiene per falsa; e noi dietro a lui la riproduciamo a comune disinganno sotto il num. 16. Tavola V. Incerte. L’ultima ragione del nostro dubbio é la facile origine di quel delfino per certi osservatori meno sagaci. Non è inverisimile, che quando con poca critica ed esattezza publicavansi gli antichi monumenti, un chichesifosse prendesse per un delfino la clava della prima serie volterrana, e per un delfino la facesse disegnare. E perchè ne’ ritrovamenti e nel comune commercio quella impronta forse mai non compariva, perciò i moderni falsarj hanno trovato il loro maggiore interesse a fornire agl’incauti compratori e raccoglitori piutosto questa impronta che quella della clava o l’altra che mancava di clava. L’amore del vero non permetteva che dissimulassimo cotali dubbj: ma il desiderio di vedere su giusti fondamenti crescere il numero delle officine numismatiche dell’Italia primitiva, si contenterebbe anche d’un sol monumento genuino per proclamare l’esistenza di questa terza zecca volterrana. Il semisse che abbiam fatto disegnare alla Tavola V. Incerte sotto il num. 17., e che abbiamo tratto dall’originale del medagliere della biblioteca reale di Parigi, speravamo potesse prestarci quest’insigne servigio: ma sfortunatamente un qualche nemico del vero ha con scalpelletti e limette fatto mutar faccia al rovescio di quella moneta, che è pur sincera ed antica nel suo diritto, forse per trasformare la clava che v’era, nel delfino che si desiderava che fosse. [p. 92 modifica]Questo cenno desterà l’amor patrio de’ Volterrani a rivendicare anche questa parte dell’antica loro gloria e grandezza, e ne introdurrà nella confidenza d’un qualcuno di que’ letterati, co’ quali non abbiam finora niuna diretta comunicazione.

A convalidare ciò che dicevam da principio, che le monete di Volterra sieno forse le ultime di tempo tra le etrusche, perchè sono le meno pesanti, aggiungeremo qui la situazione di quella città. Le ricerche e gli studj nostri ci scuoprono ch’essa è l’estrema tra le città che in quella provincia ebber moneta. I pisani, i lucensi e i lunensi, che sono più che Volterra lontani dal centro d’Etruria, non han saputo finora additarci alcun loro certo monumento di questo genere. Siccome poi l’arte della moneta pare che dalle città più meridionali s’andasse lentamente diffondendo verso le settentrionali; cosi non sarebbe improbabile, che Volterra ch’era l’estrema di luogo, fosse stata anche l’estrema di tempo.

Le officine de’ volterrani si distinguon da quelle degli altri etruschi nella cornice, che non ricavano mai dal contorno della loro moneta, e nella iscrizione che sempre vi scolpiscono intera. Su le altre dieci tavole di questa classe può, chi il voglia, verificare amendue queste differenze.

Finalmente avvisiamo i lettori che in altra più comoda occasione ci riserbiamo a dare un qualche cenno intorno alle città che poterono essere più particolarmente legate con Volterra, e che potrebbono aver diritto alla serie certa che manca di clava nel rovescio e alla incerta per noi che in luogo della clava ha il delfino, e intorno al perchè non abbiam quivi fatta di esse alcuna menzione.