La Stella Polare ed il suo viaggio avventuroso/Parte prima/12. Nel mare bianco

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Capitolo XII

Nel mare Bianco


L’indomani, al 68° di latitudine, all’entrata del mar Bianco, la Stella Polare faceva il suo primo incontro coi ghiacci.

Non si trattava nè di ice-bergs, ossia di montagne di ghiaccio, nè di ice-fields, ossia di grandi banchi, bensì di lastroni di forma per lo più allungata, chiamati dai naviganti artici palks, o di forma quasi circolare, streams.

Non mancavano però anche gli hummoks, ossia piccole montagnole di ghiaccio, d’una resistenza poco considerevole.

L’effetto che producevano quei ghiacci natanti sull’azzurro-cupa superficie del mare, era splendido, anche in causa delle tinte svariate che avevano, effetto per lo più dovuto al rinfrangersi dei raggi solari.

Mentre gli streams ed i palks apparivano bianchissimi, eccettuato nei luoghi dove presentavano delle spaccature, con dei riflessi che talvolta sembravano provenienti da una pezza di raso, gli hummoks, essendo più elevati, avevano tinte più splendide e più svariate. Alcuni, esposti all’ombra, avevano dei colori violetti d’una dolcezza infinita, con striature d’un verde così splendido che si sarebbe detto prodotto da smeraldi; altri invece, percossi obliquamente dai raggi solari, fiammeggiavano come se fossero immensi rubini, oppure davano l’illusione di massi di metallo incandescenti.

Frammenti d’ogni specie navigavano fra i banchi e le piccole montagnole, occupando una distesa immensa. Sospinti dalle larghe ondate che provenivano dalle coste siberiane, si radunavano, si staccavano formando strani disegni, poi tornavano a disperdersi, mentre gli streams ed i palks s’urtavano con un certo fragore, aumentando, di minuto in minuto, il numero di quei ghiacciuoli. [p. 124 modifica]

La Stella Polare era entrata risolutamente in mezzo a quei banchi, urtandoli vigorosamente e frangendoli con una certa facilità. S. A. R. il duca, che era subito accorso sul ponte assieme ai suoi ufficiali, aveva dato ordine di forzare la macchina, volendo accertarsi della resistenza della sua nave.

La vecchia Giasone però si faceva onore, con generale soddisfazione. Investiva poderosamente i ghiacci, travolgendoli sotto la prora, abbatteva gli hummoks, facendoli capovolgere, sgretolava i palks e gli streams senza cedere agli urti.

Spinta da un buon vento, filava i suoi sette nodi all’ora, gareggiando vittoriosamente con un piroscafo che entrava nel mar Bianco, costeggiando la penisola di Kola.

– Avanti la nostra Stella Polare!... – gridava il bollente Cardenti. – Avanti che v’è un Savoia a bordo! –

Per parecchie ore la Stella Polare navigò fra i ghiacci che si accumulavano all’entrata del mar Bianco, coprendo una superficie assai estesa, poi si ritrovò nuovamente nelle acque libere.

Il mar Bianco, che prende appunto questo nome dall’abbondanza dei ghiacci che lo coprono durante la stagione invernale, fin dove giungevano gli sguardi non presentava alcun punto scintillante. Ciò voleva significare che i primi tepori estivi avevano sciolto rapidamente i banchi polari.

Da quel giorno la navigazione ridivenne rapida e facile. Il tempo era costantemente buono ed il mare, se non del tutto tranquillo, quasi. Solamente delle lunghe ondate entravano in quel mare rinchiuso fra le coste dell’impero russo, sollevando di quando in quando la Stella Polare.

Arcangelo ormai era vicino. Lo indicava il continuo incontro di velieri e di piroscafi, diretti verso l’oceano Artico. Erano navi che avevano già scaricate le loro merci e che ripartivano frettolosamente con carichi di preziose pellicce provenienti dalla vicina Siberia o di olii di foca o di balena.

La notte del 29 giugno il capitano Evensen fece fare una rigorosa pulizia a bordo, prevedendo già numerose visite ad Arcangelo. Anche il quadro di poppa fu arredato con gusto dai componenti la spedizione italiana. [p. 125 modifica]

La mattina del 30 l’imboccatura della Dwina era in vista. Vi erano numerosi ghiacci presso la foce, ma non erano tali da opporre una seria resistenza.

Tutti erano saliti sul ponte. S. A. R. il duca, Cagni, Querini, il dottor Cavalli, le quattro guide alpine, Cardenti e Canepa. S. A. R. aveva puntato il cannocchiale sulla città osservandola curiosamente, e si era fatto portare una macchina fotografica per prendere una veduta della foce del fiume.1

La Dwina, uno dei fiumi più rimarchevoli della Russia, sia per la lunghezza del suo corso, sia pel volume delle sue acque, si svolge placidamente, serpeggiando fra vaste pianure quasi deserte e poco coltivate.

Lungo le rive non si vedevano apparire che pochi gruppi di betulle, di pini, di abeti e grandi cespi di muschi, coperti ancora in parte di neve, e sulle rocce molti licheni. Anche qualche gruppetto di isbe, capanne russe formate per lo più di tronchi d’albero appena squadrati, apparivano di tratto in tratto. Dovevano essere tutte abitate poichè dei fili di fumo, che s’alzavano diritti come sbarre di metallo, disperdendosi lentamente per l’aria purissima, d’una trasparenza incredibile, sfuggivano dai camini.

Sul fiume però v’era già molto movimento. Di quando in quando la Stella Polare incontrava dei velieri diretti nel mar Bianco e numerose barche montate da contadini russi e cariche di pellicce e di derrate diverse acquistate ad Arcangelo.

Il capitano Evensen, a fianco del pilota che era già stato imbarcato alla foce del fiume, dava spiegazione ai membri della spedizione italiana, senza però perdere di vista la carta del fiume che aveva spiegata dinanzi a sè.

– Arcangelo è una città che ha un commercio immenso ma febbrile, – diceva. – Bisogna che tutti approfittino dei pochi mesi in cui la città rimane sgombra dai ghiacci.

– Che saranno pochissimi?

– Ordinariamente lo sgelo comincia in giugno, però talvolta ritarda fino al luglio, con gravissimo danno del commercio e anche [p. 126 modifica]con grave pericolo delle navi provenienti dall’Europa, costrette a fermarsi nel mar Bianco fino allo sgombro dei ghiacci della Dwina. Alla fine di settembre Arcangelo torna nuovamente a essere bloccata e deve sospendere le sue comunicazioni col mare.

– Quale movimento commerciale però in quei pochi mesi!

– Immenso, signore, – rispose il capitano Evensen. – Si può dire che Arcangelo è l’emporio della Siberia settentrionale. Ci siamo, ecco i campanili della città. –

Sul luminoso orizzonte cominciavano infatti ad apparire i più alti monumenti della città, e le cupole dorate delle chiese ortodosse mandavano bagliori sotto i primi raggi del sole.

Il fiume si animava rapidamente. Gran numero di battelli d’ogni forma e dimensione, stazionavano lungo le rive, mentre velieri e piroscafi salivano o scendevano la corrente.

Le rive si popolavano. Borgatelle popolose apparivano ora sull’una ed ora sull’altra sponda. Marinai, pescatori, cacciatori, accorrevano sulle calate ad ammirare curiosamente la Stella Polare, la quale proseguiva la sua marcia, con la bandiera italiana spiegata a poppa e la fiamma russa sulla cima dell’albero maestro.

Tutti i marinai erano in coperta, pronti a dar fondo alle àncore. S. A. R. era sul ponte insieme a Cagni ed a Querini.

La Stella Polare si avanzava di già fra due fitte ali di navi in attesa di carichi, fra i saluti delle bandiere, essendosi ormai sparsa la notizia del suo imminente arrivo.

Un quarto d’ora dopo, evitate abilmente le navi che occupavano buona parte del fiume, essa gettava l’àncora dinanzi al borgo di Solombola.

Arcangelo, come si è detto, è la più importante città della Russia settentrionale, quantunque non abbia che 18,000 abitanti e circa 50,000 l’intero distretto.

Essa si trova a trentacinque chilometri dalla foce della Dwina, in una posizione bellissima, che le permette di accogliere delle flotte intere e viene considerata, pel suo movimento commerciale, come la quarta città dell’impero russo, venendo dopo Pietroburgo, Odessa e Riga.

La sua fondazione risale al 1553. In quell’epoca non era che un semplice castello fortificato, con pochissimi abitanti. Nessuno degli [p. 128 modifica] Una slitta tirata da renne. [p. 129 modifica] Terre di Francesco Giuseppe. [p. 131 modifica]imperatori russi aveva mai avuto l’idea di farne una città commerciale, credendola di accesso troppo difficile per le navi provenienti dall’Europa. Un capitano inglese, Richard Chancellor, nel cercare un passaggio pel Nord-Est, onde facilitare le comunicazioni fra l’Inghilterra e la Cina, nel 1553 vi approda e, sorpreso della bella posizione, ne informa l’imperatore russo Ivan IV, facendogli comprendere l’utilità immensa che la Russia avrebbe potuto ricavare da quel porto.

Stipulato un trattato di commercio con la Russia, torna in patria per formare una compagnia pei traffichi del mar Bianco. La città, per ordine di Ivan, sorge quasi d’incanto. Si scava un comodo porto, capace di ricevere centinaia di navi e intorno all’antico castello si innalzano caserme, chiese, fabbriche, e si fondano vasti cantieri per la marina militare e mercantile.

Le speranze di Richard Chancellor si realizzarono con rapidità prodigiosa. La prosperità di Arcangelo fu davvero sorprendente, tanto anzi da far ingelosire Pietro il Grande, il quale mirava invece a concentrare tutto il commercio in Pietroburgo, città da lui fondata.

Con un ukase priva la città dei suoi privilegi e delle sue franchigie, dandole un colpo così fiero da farle perdere buona parte della sua prosperità, ma Caterina II nel 1762 restituisce ad Arcangelo i suoi diritti, dando un potente impulso ai commerci del mar Bianco.

Da quell’epoca Arcangelo non ha cessato dal prosperare, ed oggi si conta fra le città più ricche dell’impero russo.

Già numerose scialuppe eransi staccate dalla riva per mettersi a disposizione dell’equipaggio. Le autorità s’erano recate a bordo a presentare i saluti del governo russo, capitanate dal nostro ambasciatore a Pietroburgo, il generale Morra di Lavriano, dal colonnello Natali, addetto militare all’ambasciata, da un segretario della Legazione e dal conte Oldofredi, gentiluomo di Corte, incaricato di portare al Duca l’ultimo saluto dei sovrani d’Italia.

S. A. R. terminato il ricevimento, si era subito affrettato a recarsi a terra per contraccambiare la visita alle autorità e anche per osservare il carico che aveva già ordinato si tenesse pronto per l’imbarco. Lo accompagnavano il suo stato maggiore, il Cagni, Querini ed il dottor Cavalli. [p. 132 modifica]

All’annuncio che la Stella Polare era giunta in porto, una gran folla s’era riversata verso le gettate, ansiosa di vedere S. A. R. il duca degli Abruzzi ed i membri della spedizione italiana.

Al Duca premeva soprattutto di vedere i centoventi cani siberiani, che dovevano già essere giunti da parecchi giorni e sui quali molto contava per procedere in islitta verso il polo.

Infatti la sua prima domanda, appena sbarcato, era stata questa:

– È giunto Trontheim? –

Trontheim aveva mantenuta la sua parola. Come aveva fatto per Nansen, aveva attraversati gli Urali ed i territori settentrionali della Russia ed era già giunto ad Arcangelo, conducendo intatta la sua numerosa muta di cani.



Note

  1. Credo che quella fotografia fosse poi donata al conte Oldofredi.