La liberazione della donna/XI/1

Da Wikisource.
XI. Alle fanciulle
1. Alle fanciulle che studiano

../ ../2 IncludiIntestazione 27 giugno 2008 75% saggi

XI XI - 2


Ed ora a voi, fanciulle! - Le vostre madri divise fra il confessore, le pentole, le mode e il marito che Dio loro ha dato, reliquie d’una età che tramonta, non potrebbero comprendermi.

Io parlo a voi fanciulle di diciotto anni e suppongo la vostra mente snebbiata dallo studio, il vostro spirito curioso dei misteri del mondo e della vita e la vostra fantasia invaghita di nobili ideali. Suppongo che la bellezza, la virtú ed il sapere formino tutti quegli ideali, e al seguito di quelli la felicità, come una luce che li circonfonde e li glorifica.

Il vostro cuore batte all’unisono col cuore della umanità - voi amate tutto e tutti - il vostro giovine essere dischiuso da ogni atrio alla vita, palpitante di aspirazioni grandi ed indefinite e divorato dal bisogno di affetti, si compiace di impersonare tutti quegli ideali in un giovane...


... Ma ben presto, o fanciulla, tu ti accorgi che tutto lo studio che hai fatto non è apprezzato in te neppure da quelli stessi che te lo han dato. Tu ti accorgi che tutte le virtú che ti furono decantate, le lezioni solenni di grandezza che imparasti nella storia, l’amore intenso della libertà che succhiasti nelle pagine dei classici, il senso estetico che si veniva educando nella tua mente e nel tuo occhio, aveva nel pensiero dei tuoi genitori e dei tuoi maestri un tutt’altro scopo da quello che in allora ti apparve.

Tutto quell’apparato di virtú, di bellezza e di sapere non aveva che l’umile scopo di adornare la tua parola ed imprimere una certa eleganza alle tue maniere e in tutte le tue manifestazioni, come si addossa al cavallo una ricca gualdrappa. Come questo si adorna per onorare il padrone, cosí tu eri adornata per appagare la vanità del tuo futuro marito.

Tu ti accorgi, o fanciulla, che tutta la vita che la natura ti ha posto nel cuore e nella mente e si traduce in pensieri ed affetti, il desiderio di sapere che ti fu istillato, i sentimenti nobili dei quali raccogliesti l’insegnamento non hanno servito che a farti conoscere il tuo proprio valore, hanno aumentato la tua sensibilità, i tuoi gusti e i tuoi desideri e il bisogno invincibile della indipendenza, - e tu trovi che a tutta questa condizione dell’animo tuo non risponde né l’assetto attuale della società, né quello della famiglia e tutta si volge a tuo danno questa somma di beni. Poiché tu non puoi procedere nello studio senza lottare contro difficoltà economiche od esclusioni legali o pregiudizii invincibili; - non puoi lavorare perché tutto il lavoro nobile e lucroso è accaparrato dalla gioventú dell’altro sesso; - non sei libera perché la legge ti assoggetta al marito e devi obbedire a chiunque ti mantiene per necessità e da questa necessità non puoi uscire se non assoggettandoti a lavori servili faticosi e che non ti caveranno, di solito, la fame.

Tu ti accorgi che se vuoi scorrere tranquilla la vita sei costretta a soffocare ogni sogno di gloria, di virtú, di libertà e di amore, e che la missione che ti è inesorabilmente tracciata è una vita tutta riempita da noiose, minute e quotidiane pratiche della vita domestica, sicché il lavoro materiale, automatico, continuo, senza diritti, senza mercede, senza indipendenza, senza riposo e senza dignità, è la tua parte.

Tu ti accorgi che il bel giovane ardente e generoso che vagheggiavi nel tuo pensiero, fatica notte e giorno a farsi una posizione con largo e snervante tirocinio compensato con misera mercede, e se riescirà, il piú delle volte sarà perché avrà capitolato colla sua coscienza, avrà piegato la fiera cervice, avrà taciuto o dissimulato le sue convinzioni, avrà piaggiato gli interessi e le passioni dei felici, avrà svestito insomma la pura luce che aveva conquistato il tuo pensiero.

Un brutto giorno, fanciulla, tu passerai la triste rassegna delle tue amiche di adolescenza per vedere quanto i vostri bei sogni di quella età si siano avverati e vedrai, questa caduta nelle mani di un marito brutale al quale la legge presta man forte - quella vedovata in fresca età con una schiera di bimbi, che offre indarno la mente ed il braccio a lavori che l’uso e il pregiudizio non le concedono e patisce la fame - quell’altra che sedotta e povera ha dovuto strapparsi dal petto il figlio dell’amore illegale e darlo alla pubblica carità e ne ignora il destino - un’altra ancora che si dibatte fra le ritorte odiose di un matrimonio indissolubile giovine e bella con un uomo cadaverico d’anima e di corpo - un’ultima che stretta dalla miseria e circuita dai mercatori di carne umana è data in pascolo alle tarde libidini di un decrepito Nababbo per un prezzo che essi hanno intascato e che ella paga di persona...

Dalle tue amiche, o fanciulla, tu allargherai lo sguardo sulle donne tutte e vedrai le damigelle sfilare sui pubblici passeggi e accedere alle feste come la merce che il trafficante trasporta sollecito su tutti i mercati e in tutte le fiere e sciorina sulle piazze e nei luoghi piú frequentati per trovarle un compratore. Nulla si è trascurato perché la merce riesca appetibile. Quelle giovinette son ben vestite, hanno la parola adorna, chinano il capo con grazia, e se piú si chiede dell’intrinseco loro valore, si troverà che suonano bene, che danzano a meraviglia, che eseguiscono colle dita affusolate lavori di fata, che non hanno opinioni moderne, che non sono emancipatrici, che conoscono le utili cure del pollaio e della cucina e finalmente che il loro corpo è integro ed ignorano la storia naturale, per cui il compratore, che per lo piú è stagionato e ristucco di facili godimenti che gli corrono incontro nella nostra civiltà a vapore, avrà il piacere di vivere alcuni momenti la vita primitiva e gusterà la gioia brutale della conquista e lo spettacolo interessante della sorpresa, dei tremiti, dei sospiri, e si rivedrà selvaggio fra le vergini foreste colla umana preda fra le mani.

Vedrai, fanciulla, le dame languire di noia negli aurei palazzi vincolate dalle vacuità della mente, dagli usi del mondo, dai capricci del marito e dalla infermità del carattere educato a tutte le servitù ed annichilire in quella dorata galera soverchie a sé stesse e inutili agli altri se non fastidiose, pei nervi irritati dal tedio perenne.

Vedrai, fanciulla, le tue compagne segnate in fronte dal divino raggio della bellezza, popolare i ginecei, portare sopra sé sole le passioni degli uomini, i loro egoismi sensuali ed economici, e punite nelle loro carni e col bollo dell’infamia sulle loro fronti, portare tutte le miserie e le infamie sociali. - Vedrai delle fanciulle dal cuor puro e dalla fronte candidissima languire ignorate pel desiderio d’amore, e vedrai mille e milioni di giovani consumare nel vizio combattendo pel trono e per l’altare e divorati dal desiderio di un sorriso di fanciulla che è loro negato. - Vedrai madri senza figli e figli senza madri, sacrificati dalla legge alla famiglia, divinità convenzionale alla quale si immola la umanità reale.

Vedrai la donna povera oppressa dal caldo ed assiderata dal freddo, nelle umide risaie, nei campi sferzati dal sole o nella buia stamberga cittadina lavorare indefessa, allattare i propri figli e anche quelli dei ricchi per poche monete, impiegare la mente, la mano, il cuore, il sangue, il latte, la carne, tutti gli anni, tutti i giorni, tutte le ore, tutti i minuti quanto è lunga la vita, e quanto costituisce la persona in servizio dell’uomo.

E quest’uomo vedrai che, sacerdote, la maledice e la dichiara colpevole e impura e condannata per divino precetto ad eterna servitù, - magistrato la dichiara imbecille, incapace, eppure la condanna anche per colpe non sue, - legislatore ne fa il paria e l’ilota della società, - marito la tratta come serva e proprietà, - figlio la indulge per istinto figliale, ma per sentimento educato la considera come creatura inferiore, - libertino la sfrutta, - speculatore la traffica, - moralista la infama.

Fanciulla! davanti alla rovina di tutti i tuoi ideali e circondata da questa marea di dolori, ti senti afferrata da invincibile tristezza, e il trovarti dannata da un fato inesorabile ed empio, senza peccato, pel solo fatto della tua nascita e condannata, conculcata, esclusa, deprezzata, non potendo far nulla per redimerti e incontrando anzi dappertutto lo scherno se osi lagnarti della tua sorte, ti sommerge il cuore in una sconfortante agonia e quindi scoppia in te una protesta contro la natura. Ma, passata la forza della reazione passionata, il tuo pensiero moverà alla ricerca dei mezzi onde sfuggire al naufragio che sommerge le tue simili.

Se tu hai una mente debole, un cuore piccino e un temperamento molle, tu chinerai il capo al destino. Tu strapperai dal tuo cuore quel pudore, che non è il pensato rossore del volto, ma la intransigente dignità dell’anima, - tu non avrai piú che uno scopo della vita, piacere; piacere a tutti per incontrare dei sorrisi, piacere per mascherare di fiori le spine della tua corona, per circondare di gioie la tua vanità dacché sono sfrondati gli allori sognati delle nobili virtù e della grandezza vera.

Tu disprezzerai gli uomini per la loro ingiustizia e non potendo fare assegnamento sulla loro ragione, sulla quale l’egoismo ha impresso una pregiudiziale, conterai sulle loro passioni, delle quali sei certa, e che potrai maneggiare a tuo talento. Tu diventerai un disgustoso impasto di artifici e di civetterie, la tua mente si vuoterà d’ogni nobile pensiero e il tuo cuore d’ogni affetto generoso.

Ma se la tua ragione è ferma, se la osservazione e la meditazione ti hanno educata alla fiducia nella ragione, se il tuo carattere è fiero, se il tuo cuore è ardente ed entusiasta, lo spettacolo della ingiustizia e della oppressione ti farà vieppiú pensosa e meditabonda a ricercarne le cause.

Tu troverai che il prete che ti maledice è un uomo, - che il legislatore che ti opprime è un uomo, - che il marito che ti riduce a cosa è un uomo, - che il libertino che ti sfrutta, - che il capitalista che strozza la mercede del tuo lavoro, - che lo speculatore che intasca il prezzo della tua carne, sono uomini - e che come uomini sono soggetti ad errare per ignoranza e per interesse.

Tu penserai che l’ignoranza può essere illuminata e che contro gli interessi che opprimono, vi sono gl’interessi che sono oppressi e che si potrebbe bene oppor questi a quelli e suscitare una lotta il cui ultimo atto potrebbe anche essere il trionfo della giustizia.

Tu penserai che questi uomini che ti opprimono, ciascuno secondo il suo punto di vista e la speciale iniziazione ricevuta, sono a loro volta oppressi da altri uomini piú forti e piú scaltri di loro con l’appoggio di pregiudizii analoghi e di istituzioni equivalenti.

Tu troverai d’altronde, che tutte quelle categorie d’uomini che si son potuti levare dalla schiavitú e dalla oppressione, lo hanno fatto appellandosi al diritto naturale, unica legge che tutti riceviamo nascendo e che tutti ci accomuna nei bisogni e perciò nel diritto - nel diritto di vivere, di pensare, di amare - nella sovranità della propria persona, nella scelta del proprio lavoro, nella libertà di tutti e per tutti.

Tu penserai che il lavoro non è né santità, né dovere, come ti si insegnò dallo stupido dogmatismo della scuola, - non è che bisogno e deve contenersi nei limiti del bisogno, - e che la donna condannata ad agitarsi come un meccanismo montato tutta la vita, in un lavoro senza pensiero per sottrarre l’uomo al sentimento delle piú piccole preoccupazioni della vita pratica, è frodata di quattro quinti della esistenza, è l’eunuco della mente reso tale perché piú laute siano le gioie del suo sultano.

Tu capirai, che la famiglia non è né trono, né altare e che quindi non ha necessità né di un re, né di un sacerdote. Nessuna bibbia l’ha inventata e nessun codice, - la crea l’amore e dov’esso non è, nessun codice e nessuna bibbia possono sostituirlo. - L’amore è la legge della natura, è la simultaneità e la spontaneità dell’accordo, è l’equilibrio delle differenze, è la distribuzione armonica di funzioni diverse ed equivalenti, è la soluzione del problema della famiglia che tutti gli esseri risolvono ogni giorno ed ogni ora, intorno, sopra e sotto di noi e che gli uomini sudano a complicare con dogmi quanto violenti altrettanto cretini.

E allora, o fanciulla, quando il tuo pensiero ti avrà condotta di cosa in cosa e da una in altra idea fino a questo punto, che cosa deciderai nella tua mente elevata e nel tuo cuore innamorato della giustizia?

Come Galileo armato dell’evidenza, ribellandoti al dogma, tu dirai: «No, o prete, non è vero che io son fatta per la schiavitú. Il bisogno della libertà mi freme nell’anima, - non è vero che io abbia peccato, - io sono innocente e la reclusione del pensiero e del corpo non mi è dovuta. - Non è vero, o legislatore, che io sono da meno di te e degli individui del tuo sesso. La mia ragione è a livello della tua, - io sorprendo la tua complicità coi furbi, coi prepotenti e cogli egoisti. Io leggo nelle tue righe il disprezzo della persona umana e l’adorazione dell’oro e della potenza. Il tuo senso giuridico, di cui mi proclami priva, è il prodotto dell’accoppiamento adultero della giustizia moderna coi dogmi prepotenti di un’altra età. - Non è vero, o moralista, che la mia missione è di agitarmi indefessa, pel servizio materiale di un individuo, no; le mie facoltà soverchiano questo compito, io sono parte dell’umanità, sono mezzo e scopo a me stessa. - Io sento che il mio pensiero generalizza le idee e il mio cuore lo segue dilatando le sue latebre ed abbracciando in un amplesso materno tutta l’umanità. - L’ingiustizia mi rivolta, il dogma suscita nel mio cuore la ribellione, le arti con cui si demoralizza la donna e la si educa a servire volontariamente mi ributtano, quel pudore di speculazione che si educa sul suo volto a forza di lodarlo mi contrista, quella schiava di corpo ed anima nella cui mente si è dato di frego ad ogni pensiero e quella carne che non è piú persona mi nausea!»

Ebbene, o fanciulla, tu allora ripudierai il vincolo autoritario del matrimonio, tu negherai la tua mano all’uomo che ti compra e andrai libera coll’uomo che ami e che ti ama.

Tu alleverai i tuoi figli maschi e femmine nella idea che il lavoro non è né santo, né doveroso e che esso non è che necessario - tu li alleverai nel principio di una dignitosa indipendenza dalle prestazioni altrui in tutto il possibile.

Tu vorrai che, garzoni e fanciulle siano liberi entrambi nel pensiero, nel lavoro e nelle azioni, con sola scorta la giustizia e il sentimento del rispetto a sé stessi e ad altrui.

Tu vorrai l’indipendenza economica di tutti e di tutte, perché da questa scaturisce la libertà, la dignità, l’amor del sapere e tutta la possibile felicità.

Tu educherai le une e gli altri a considerare nelle leggi e nei catechismi le armi associate dei furbi e dei prepotenti, a non rispettare che la giustizia se anche si trovi in luoghi abbietti e a ribellarsi contro la ingiustizia se anche si trovi all’ombra della legge e dell’altare.

Ma se per la felicità tua e dei tuoi figli troverai necessario questo indirizzo, allora tu sarai socialista. Vieni dunque, desiderata compagna, e ingrossa le nostre file. - Combattiamo insieme e dove troveremo la donna che si vende non la diremo infame, ma vittima della esclusione dal lavoro e dell’organismo economico che fa perfino dell’amore un privilegio della ricchezza. - Della moglie che langue, della fanciulla tradita, del bambino reietto, della operaia affamata, della dama che langue nel tedio della vita, della gioventú femminile che incretinisce presso alle tonache claustrali, o si consuma nel bisogno insoddisfatto dell’amore, chiederemo ragione alla società, alle sue leggi, ai suoi usi, ai suoi pregiudizii, alle sue tirannie.

Se sei socialista, o fanciulla, spingi lo sguardo oltre le pareti della tua casa ed allarga il tuo cuore. Vedi nei tuoi figli e nelle tue figlie, tutti i figli e tutte le figlie degli uomini. - Noi vogliamo che a tutti giungano le stesse idee perché tutti ne ritraggano gli stessi vantaggi e perché tutti siano redenti.

Noi vogliamo che tutti abbiano la libertà di pensare, il tempo di pensare ed i mezzi che aiutano a pensare.

Non piú catechismi, né bibbie, ma spontaneità, osservazione e critica. Noi vogliamo che ognuno scelga il suo lavoro e ne sia padrone in tutto l’ambito dell’attività sociale, vogliamo abolito il mercato della carne, smonarchizzata la famiglia, equilibrate le ragioni economiche del lavoro e della mercede, ridonate alla gioventú le gioie dell’amore.

Vieni con noi, fanciulla, a seminare la giustizia e la libertà. - Vieni con noi, e sii la madre delle generazioni avvenire.