La signora dalle camelie (teatro)/Atto III/Scena prima

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Scena prima

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Atto III Atto III - Scena seconda
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SCENA PRIMA


Nanetta e madama Duvernoy, indi Armando.


Nanetta. (che viene dalla destra con un servizio da the, e madama Duvernoy dalla sinistra)

Duvernoy. Dov’è la signora Margherita?

Nanetta. Nel giardino, in compagnia del signor Gustavo e madamigella Erminia, che sono venuti a far colazione ad Auteil ed a passarvi la giornata.

Duvernoy. Vado a raggiungerli.

Armando. (entrando dalla seconda laterale a sinistra, intanto che Nanetta esce) Siete voi, signora Duvernoy? ho piacere d’avervi ritrovata, perchè debbo parlarvi di cose d’importanza.

Duvernoy. (Che cosa vorrà mai dirmi?)

Armando. Quindici giorni or sono voi siete partita di qui nella carrozza di Margherita?

Duvernoy. È vero.

Armando. Da quel tempo nè la carrozza, nè i cavalli sono più ritornati. Otto giorni fa, nel lasciarci, avete fatto credere che il freddo fosse intenso, e Margherita [p. 48 modifica]v’imprestò un magnifico cachemire, che non avete più riportato; jeri infine vi ha rimesso dei braccialetti e dei diamanti per farli accomodare, a quanto diceva. Dove sono i cattivi e la carrozza, il cachemire e i diamanti?

Duvernoy. Volete che io vi parli francamente?

Armando. Ve ne scongiuro.

Duvernoy. I cavalli e la carrozza furono rivenduti allo stesso mercante, perchè non erano stati pagati.

Armando. E il cachemire?

Duvernoy. Venduto.

Armando. I diamanti?

Duvernoy. Impegnati! le portava in questo momento i biglietti.

Armando. E perchè non m’avete mai detto nulla!

Duvernoy. Margherita me l’aveva ordinato.

Armando. Infine poi, perchè questa vendita, questi pegni?

Duvernoy. Per pagare ì suoi debiti. Ah! voi credete, signor Armando, che in mezzo alla vita pastorale che menate lungi da Parigi non vi sieno delle esigenze, delle necessità? Oh, vi siete ingannato! a fianco della vita poetica vi è la vita reale, e le migliori risoluzioni sono avvinte alla terra con del fili ridicoli, ma di ferro, e che non si rompono così facilmente. Il duca, al quale io ho parlato, perchè voleva, se mi fosse stato possibile, evitare sì enormi sacrifici, ha risposto di non volerne più sapere di Margherita, se non si decide ad allontanarsi da voi; e voi sapete che le sarebbe men dolorosa la morte.

Armando. Buona Margherita!

Duvernoy. Oh sì, troppo buona, perchè non ha calcolato [p. 49 modifica]dove l’avrebbe condotta la sua imprudenza; perchè tutto quello che ha fatto non è ancor nulla, e per saldare gli enormi suoi debiti, è obbligata a vendere tutto quello che possiede. Ho qui un progetto di vendita che mi ha rimesso un procuratore.

Armando. E quanto le abbisogna?

Duvernoy. Trentamila franchi per lo meno.

Armando. Chiedete una proroga di quindici giorni, e fra quindici giorni gli avrò soddisfatti.

Duvernoy. In qual modo?

Armando. Io pure ho preveduto quello che doveva succedere, e perciò scrissi al mio notaio, pregandolo di maneggiare la vendita dei beni che mi spettano dal lato di mia madre. Oggi n’ho ricevuta la risposta; l’atto è già pronto, non mi resta che a compiere qualche formalità; e quest’oggi vado a Parigi per firmarlo; sino al mio ritorno impedite che la vendita sia effettuata.

Duvernoy. Ma le carte che mi furono consegnate dal procuratore...

Armando. Quando sarò partito, voi le rimetterete a Margherita, come se io nulla sapessi, giacchè ella deve ignorare quanto v’ho detto in questo momento.