La storia di Colombo narrata alla gioventù ed al popolo/X

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X. Il terzo viaggio

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IX XI


Anche il secondo viaggio di ritorno fu tormentoso, tanto che nella traversata il cacico Caonabo morì, roso anche dalla tristezza della lunga prigionia. L’11 giugno la nave di Colombo gettò l’ancora nel porto di Cadice.

La popolazione vedendo lo squallido aspetto di coloro che già erano partiti baldanzosi e allegri per il paese dell’oro, e sovratutto il dimesso sembiante dell’Ammiraglio, fece ingiusto giudizio del Navigatore e della sua impresa; non così la Corte, dove il re Ferdinando gli usò molte cortesie, gli promise denaro e un’altra flotta per intraprendere il terzo viaggio.

Ma i preparativi per quest’altro viaggio andarono per le lunghe, attesa la mancanza di denari, essendo il re impegnato in altri affari politici europei.

Dovevano pagarsi a Colombo due milioni di maravedi, quando giunse notizia ch’erano arrivate tre caravelle dalla Spagnuola cariche d’oro; e il re sospendeva il pagamento, dicendo che l’Ammiraglio si sarebbe pagato coll’oro recato dal Nuovo Mondo. Ma quale meraviglia pel povero Colombo al vedere le tre navi cariche di schiavi destinati alla vendita e a barattarsi in oro? Non già ch’ egli fosse recisamente contrario alla schiavitù, la quale era nei costumi del tempo; ma perch’egli desiderava convertire i popoli delle terre scoperte alla religione Cattolica, come vagheggiava investire le ricchezze introitate da quelle terre nella liberazione dei Luoghi Santi, movendo una Crociata contro i Turchi che ne erano i padroni.

Finalmente nella primavera del 1497 i Sovrani ordinarono l’allestimento di una piccola squadra destinata in parte a proseguire le scoperte, in parte a vettovagliare e soccorrere la colonia Isabella. Confermarono intanto i titoli e privilegi già concessi a Colombo, l’autorizzarono ad instituire un maggiorasco nella sua famiglia e conferirono il titolo di Adelantado o Prefetto, come da noi si direbbe, a suo fratello Bartolomeo.

Fu straordinariamente contrastata la spedizione e con modi abbietti dal capo del Real Consiglio delle Indie in Siviglia, un Fonseca che nutriva grande odio contro il Genovese, e da altri cortigiani; ma il generoso Cristoforo rassegnato soffriva senza muover lamento, sperando tempi migliori. Da ultimo lasciati i figli Diego e Fernando quali paggi della Regina Isabella, essendo morto il principe ereditario Don Giovanni, ai quali erano stati addetti, il 30 maggio del 1498 l’Ammiraglio sciolte le vele, salpò con sei navigli pel Nuovo Mondo.

Giunto all’isola del Ferro, staccò dalla sua flotta tre navi che mandò per aiuto alla colonia Isabella, e col rimanente oltrepassate le isole del Capoverde andò avvicinandosi alla linea equinoziale; ma per i forti calori gli convenne andare in cerca delle piccole Antille nel mare Caraibo.

Il 31 luglio Colombo annunziava dover essere prossima la terra, ed infatti poco appresso si scoprivano tre montagne che parevano staccate e poi si scopersero unite sopra una isola che chiamò SS. Trinità; e a sinistra vedendo altra terra, non sospettando che fosse continente; la chiamò Isola Santa.

Fatta acqua alla Trinità, vi avvicinò a quella che disse isola Santa e che altro non era se non il continente americano laddove mette foce in mare per diverse bocche l’Orenocco. Vide una canoa con selvaggi, diversi dagli indiani, e di aspetto più gentile, tentò amicarseli, ma non vi riuscì, chè quelli se ne rimasero a buona distanza. Provò di allettarli colla musica, ma quei selvaggi temendo un assalto mandarono qualche frecciata all’indirizzo degli spagnuoli, per lo che l’Ammiraglio ordinò di tirare loro addosso colla balestra, ai colpi della quale fuggirono.

Sfuggiti alle ondate terribili di quelle bocche dell’Orenocco, avuti in mano alcuni abitanti che regalati ritornò a terra, Colombo potè avere notizia del paese che era la costa di Paria dell’America Meridionale, e dove si pescavano perle preziose. Gli riuscì di ottenere molte di quelle perle e dell’oro in cambio di oggetti europei privi di valore, specie di sonagli; e più avrebbe voluto fermarsi in quei luoghi, ma gli tardava di giungere alla Spagnuola, sia perchè cominciavano a scarseggiargli i viveri, sia perchè la gotta e il male d’occhi lo tormentavano non poco.

Giunse alla Spagnuola poco lungi dalla foce del fiume Ozama, dove Bartolomeo Colombo aveva intanto fondato la città di San Domingo; e il Prefetto appena seppe dell’arrivo dell’Ammiraglio gli andò incontro con una caravella.

Cristoforo gli chiese subito notizie della colonia, e quale dolore provò nel sentire ch’eranvi scissure tra gli Spagnuoli, ribelli gli abitanti, sollevato e colle armi in pugno un Francesco Roldan ch’egli aveva beneficato!

Bartolomeo gli narrò le lotte sostenute coi dipendenti e contro i cacichi per far rispettare la propria autorità, e la signoria di Spagna; gli narrò come gli spagnuoli altro non agognassero che l’oro, non voler lavorare nè coltivare il terreno, e commettere ogni sorta di turpitudini; gli narrò che delle intestine discordie profittavano gl’indigeni per negare il tributo o assalire i forti sparsi tra S. Domingo e Isabella.

L’Ammiraglio ripreso il comando della colonia, prima sua cura fu di sottommettere il ribelle Roldan. Colla forza non poteva, essendo inferiori le sue genti a quelle del ribelle; tentò quindi col perdono e colle buone parole di cattivarselo. Furono lunghe le trattative, condotte con pacatezza e bontà da parte di Colombo, con tracotanza e minaccie da parte di Roldan; ma da ultimo avendo Colombo ricevuto una lettera del Fonseca da Siviglia colla quale gli significava, in risposta a’ suoi rapporti contro il ribelle, che i Sovrani avrebbero esaminato di chi era la colpa a suo tempo, fece in modo d’accordarsi, e il Roldan entrò in S. Domingo quasi da padrone.

Il grande Genovese vi stava colle sole apparenze del comando a discrezione del Roldan, amareggiato quanto mai per le villanie de’ suoi dipendenti, quando gli fu annunziato che quattro navi capitanate da Alfonso d’Ojeda erano in vista. Sospettando qualche nuovo sinistro a suo danno, incaricò il Roldan di sentire l’Ojeda e coll’astuzia carpirgli la ragione del suo viaggio colà.

L’Ojeda non ebbe difficoltà a mostrare il permesso rilasciatogli dal vilissimo Fonseca di proseguire i viaggi di scoperta iniziati dal Colombo. Aveva a bordo quell’Amerigo Vespucci che visitando la costa di Paria già scoperta dal Genovese, constatando la presenza del Nuovo Continente doveva poi essere così fortunato di dargli il nome!

Poco appresso si ordiva una congiura capitanata da Adriano Moxica per torre la vita all’Ammiraglio e al Roldan. Fortuna volle che Colombo ne fosse avvisato, onde potè far mettere in arresto il Moxica e i suoi complici, facendo tagliare il capo al primo.

Questa energica decisione valse a portare una relativa tranquillità al paese, e tutto parea volgere a seconda dei desideri di Colombo quando i suoi nemici alla Corte di Spagna ignominiosamente facevano prendere a suo danno dal re gravi provvedimenti.