La tutela internazionale della proprietà intellettuale: il fenomeno del copyleft/Capitolo 2.4

Da Wikisource.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca
Capitolo 2.3 Capitolo 2.5

2.4.1. La GNU General Public License

La GNU General Public Licence (anche detta GNU GPL, o più semplicemente GPL), come accennato nel precedente paragrafo, è stata la prima licenza libera mai prodotta e ben rappresenta la filosofia del progetto GNU, all’interno del quale è stata generata. Per questo, «è la licenza, tra quelle di software libero e open source, che più strettamente attua tali principi».1

La versione 1.0 fu scritta con l’aiuto di alcuni consulenti legali, fra cui Eben Moglen (docente alla Columbia University e legale fin dalla fondazione della FSF), e rilasciata nel gennaio 1989 come licenza ufficiale del progetto GNU.2

In base a questa versione della licenza, è resa possibile la copia e la distribuzione, eventualmente a pagamento, del codice sorgente di un programma, allegandovi una copia della licenza GPL3 e un copyright notice che attribuisca correttamente la paternità dell’opera (sezione 1). Eventuali modifiche al programma sono ammesse, a patto che, qualora esse siano rese pubbliche,4 vengano rilasciate in GPL e che sia indicata la data della modifica (sezione 2).

Le libertà indicate, che non possono in nessun caso essere limitate in alcun modo, si applicano a tutti coloro che ottengono una copia del programma (sezione 6). Tuttavia, queste attività possono essere effettuate solo nei modi previsti dalla licenza. Qualora non si rispettassero le condizioni esposte, questo «will automatically terminate your rights to use the Program under this License». Questo, tuttavia, non riguarda eventuali terzi che hanno ricevuto una copia del programma, «so long as such parties remain in full compliance» (sezione 4).5

La pubblicazione del codice sorgente è un punto nodale della licenza (sia in questa versione, che nelle successive): qualora non fosse distribuito assieme al programma, deve essere indicato la modalità con cui ottenerlo oppure l’autore deve impegnarsi, per un termine minimo di almeno tre anni, con una offerta scritta a fornirlo a chiunque ne faccia richiesta a un costo non superiore alle spese effettivamente sostenute per realizzare e inviare una copia fisica (sezione 3).

Riguardo la cessione a titolo oneroso di copie del programma, va notato che è autorizzata anche per gli utenti che ricevono a loro volta una copia: l’eventuale prezzo richiesto «è infatti relativo al solo trasferimento della copia del programma», e non è «un corrispettivo per la possibilità concessa dal titolare dei diritti su di esso di riutilizzarlo, modificarlo, copiarlo e distribuirlo».6

Appena due anni e mezzo dopo, nel giugno 1991, venne rilasciata la versione 2.0,7 che ancora oggi rappresenta la versione più diffusa della GPL. Le novità rilevanti della licenza sono tre.

Innanzitutto, va segnalata l’aggiunta di due capoversi alla sezione 2, che chiariscono le modalità del licenziamento di eventuali opere derivate: se le modifiche al programma iniziale sono facilmente identificabili e «can be reasonably considered independent and separate works in themselves», la licenza GPL non si applica anche alle modifiche; se, invece, non è possibile distinguerle oppure sono strettamente integrate nel programma, la licenza si applica anche alle altre parti.

L’effetto – rectius, l’obbiettivo – di questa clausola è quello di rendere automaticamente “libere” eventuali integrazioni di materiale “proprietario” o di materiale rilasciato con licenze non pienamente compatibili8 con la GPL. In questo caso, si parla del c.d. “effetto virale” della licenza, «dal momento che la licenza contagerebbe [...] i programmi non liberi attraverso la combinazione dei codici sorgenti e il rilascio delle versioni così ottenute sotto la stessa GPL».9

Altra modifica interessante – si direbbe di natura esplicativa – è quella operata alla sezione 5: se la prima versione statuiva che attraverso la copia, la distribuzione e la modifica del programma si accettava implicitamente la licenza, adesso si specifica che, «since you have not signed it», non è obbligatorio accettare la licenza. Tuttavia, «nothing else grants you permission to modify or distribute the Program or its derivative works», poiché queste azioni violano le leggi sul diritto d’autore. In sostanza, l’utente finale è costretto ad accettare la licenza solo se intende avvalersi delle libertà da essa concesse.

L’ultima modifica sostanziale è l’inserimento della c.d. “Liberty or Death clause”,10 ovvero della sezione 7: in base a questa disposizione, qualora vi siano delle condizioni che impediscono l’applicazione completa della licenza (per esempio, la presenza di un brevetto o una decisione di una corte riguardo rivendicazioni di diritti di proprietà intellettuale), «then as a consequence you may not distribute the Program at all».

L’obbiettivo dichiarato è quello di salvaguardare il sistema di distribuzione free software/open source – laddove il manicheismo della FSF non permette di ammettere esplicitamente che, di fatto, così facendo si rispetta anche la volontà del singolo autore riguardo le condizioni d’uso che vuole garantire.

Dopo ben 12 anni di attesa e circa due anni di discussioni pubbliche, la versione 3.0 è stata infine pubblicata (non senza strascichi polemici) nel giugno 2007.11 Molte le modifiche apportate, a partire da un generale ampliamento e riordino delle clausole. In quest’analisi, ci si soffermerà comunque su quelle più rilevanti: la lotta ai sistemi di restrizione delle modifiche, il rapporto con i programmi sottoposti a brevetto e la compatibilità con altre licenze libere.

Il primo punto si occupa innanzitutto della c.d. “tivoization”. Il termine, coniato da Stallman, deriva da Tivo, un registratore video digitale basato su Linux prodotto dalla omonima azienda. La controversia nasce dal fatto che è permesso all’utente di modificare il codice sorgente, ma non di poter eseguire il programma modificato sul prodotto stesso.

Nominalmente, quindi, non si tratterebbe di una violazione della licenza, poiché il diritto viene teoricamente (ma non praticamente) concesso. Il problema è stato affrontato attraverso l’inserimento dell’obbligo di fornire le c.d. “informazioni di installazione”12 allegate al resto del programma (sezione 6).13

Inoltre, è stato aggiunto – decisione particolarmente “politica” – un riferimento al rifiuto esplicito di qualsivoglia «effective technological measure under any applicable law fulfilling obligations under article 11 of the WIPO Copyright Treaty adopted on 20 December 1996, or similar laws prohibiting or restricting circumvention of such measures» (sezione 3).

Il secondo punto si occupa di risolvere eventuali problemi che potrebbero sorgere dall’integrazione di materiale brevettato all’interno di programmi rilasciati in GPL. L’obbiettivo è quello di prevenire il rischio (anche se solo teorico) di un ricorso giudiziario da parte del detentore del brevetto contro l’utente che intendesse copiare, modificare o distribuire il programma.

Coerentemente con l’impianto della licenza, il detentore del brevetto si impegna a non procedere contro chi viola tali diritti, qualora si intenda usufruire delle libertà concesse dalla GPL – conscio del fatto che ricorrere a mezzi giudiziari farà terminare automaticamente la licenza (sezione 11).

Il terzo e ultimo punto riguarda la compatibilità della GPL con altre licenze: a questo scopo, è stata regolamentata la possibilità di inserire delle “condizioni aggiuntive” che eccepiscano alle condizioni della GPL. Ciò va inteso non tanto nel senso che questa possa essere derogata, ma che possa esservi affiancata una licenza altra, che contenga delle clausole aggiuntive fra quelle tassativamente indicate come “permesse” dalla GPL (sezione 7).

2.4.2. La GNU Lesser General Public License

La GNU Lesser General Public Licence (anche detta GNU LGPL, o più semplicemente LGPL) è una licenza libera protettiva,14 inizialmente nota con il nome di GNU Library General Public License. Infatti, questa licenza nacque con il preciso intento di essere utilizzata per le librerie15 e di costituire un buon compromesso fra la GPL e le meno restrittive BSD License e MIT License.

La scelta fu dettata anche da una precisa intenzione strategica, poiché se anche le librerie «fossero state distribuite attraverso la GPL, infatti, anche i programmi che le avessero utilizzate avrebbero dovuto divenire software coperto da GPL, in quanto opere derivate».16

La prima versione della licenza è stata la 2.0, numerata così perché uscita contemporaneamente alla versione 2.0 della GPL (gennaio 1991). Nel 1999, venne rilasciata la versione 2.1,17 che comprendeva qualche correzione minore e soprattutto il cambio di nome da Library a Lesser.

Entrambe le versioni (così come la versione 3.0,18 pubblicata nel giugno 2007, sempre in contemporanea con la GPL 3.0) si rifacevano largamente alla GPL, tranne che su un punto fondamentale: la possibilità di poter utilizzare le librerie anche in programmi “proprietari” (sezione 14).

La scelta è stata compiuta per poter competere sul loro terreno e promuovere l’approccio free software, rispetto allo schema “proprietario”. Tuttavia, Stallman stesso afferma che è (ancora oggi) preferibile limitare l’uso della LGPL e utilizzare quanto più possibile la GPL, per puntare direttamente sull’effetto virale di quest’ultima, se non addirittura sul rilascio fin dall’inizio di programmi con licenza libera.19

2.4.3. La GNU Free Documentation License

La GNU Free Documentation Licence (anche detta GNU FDL, o più semplicemente GFDL) è una licenza protettiva ideata dalla FSF specificamente per documentazioni di programmi, manuali, libri di testo e simili. Come la LGPL, è largamente basata nei suoi principi sulla GPL – risultando, tuttavia, troppo farraginosa negli obblighi richiesti, al contrario della licenza madre.

Sia la prima versione della licenza (1.1, rilasciata nel marzo 2000)20 che la seconda versione (la 1.2, rilasciata nel novembre 2002)21 prevedono la possibilità di copiare e redistribuire, a titolo oneroso o meno, testi rilasciati con questa licenza, a patto di allegare quest’ultima senza modifiche o omissioni all’opera (sezione 2).

Tuttavia, se il numero di copie è superiore a 100 e l’autore originale richiede la pubblicazione di uno o più testi in copertina, questi devono essere inclusi nelle copie come richiesto in modo chiaro e leggibile. Inoltre, sulla copertina deve essere identificato l’editore che pubblica il documento (sezione 3).

Qualora il testo venga modificato, devono essere indicati autore e data delle modifiche in una apposita sezione “Storia”, oltre a essere riportati i termini originari di licenza e quelli eventualmente nuovi di chi ha provveduto a modificare il testo (sezione 4).

Infine, nel caso in cui venga effettuata una combinazione di due o più documenti (sezione 5), una raccolta di documenti (sezione 6) o una semplice aggregazione (sezione 7), è possibile allegare una sola copia della licenza GFDL, così come unificare lo storico delle eventuali modifiche apportate ai testi. Anche le traduzioni vengono considerate una modifica (sezione 8) ed equiparate ai casi di cui alla sezione 4.

Anche la GFDL presenta la classica clausola di terminazione in seguito a violazione della licenza (sezione 9). Differentemente dalla GPL e dalla LGPL, invece, è la prima a far cenno al divieto di introdurre meccanismi di DRM sui testi (sezione 2).

La GFDL non ha mai avuto un grande successo, anche se rileva notare come, fino al 2007, i principali progetti rilasciati sotto questa licenza fossero quelli della Wikimedia Foundation (WMF)22 – fra cui spicca per notorietà l’enciclopedia libera Wikipedia.

Tuttavia, come accennato prima, lo svantaggio della GFDL è nella sua estrema farraginosità, che la rende adatta per le pubblicazioni via Internet e molto meno adatta per le pubblicazioni cartacee – e completamente inadatta per qualsiasi altro mezzo di espressione non testuale. Le inadeguatezze e la complessità della licenza furono accentuate dal crescente successo delle licenze Creative Commons (che saranno analizzate nel prossimo paragrafo).

Prova ne fu la decisione della Wikimedia Foundation di chiedere alla Free Software Foundation di modificare la GFDL «in such a fashion as to allow the possibility for the Wikimedia Foundation to migrate the projects to CC BY-SA».23 Dopo circa un anno di trattative (invero, iniziate prima della risoluzione ufficiale della WMF), venne rilasciata nel novembre 2008 la versione 1.3 della GFDL.24

La versione prevede l’aggiunta della sezione 11, in base alla quale qualsivoglia “sito per la collaborazione massiva multiautore”25 licenziato in GFDL può rilicenziare i propri contenuti con licenza CC BY-SA, se questi rispettano i seguenti due criteri:

a) non è presente alcuna limitazione così come prevista dalla licenza GFDL;

b) sono stati pubblicati per la prima volta con licenza GFDL su tale sito prima del 1º novembre 2008.

Il rilicenziamento era comunque permesso solo entro una ristretta finestra temporale, ossia entro e non oltre il 1º agosto 2009. La limitata possibilità temporale era dovuta al fatto che tale modifica era stata prevista, nei fatti, solo ed esclusivamente per la WMF – che decise infine di sfruttare, in seguito a una consultazione con le comunità dei vari progetti a cui fa capo.26

2.4.4. Le BSD Licenses

Le BSD Licenses o Berkeley Software Distribution Licenses sono una famiglia di licenze libere non protettive,27 che prendono il nome dalla Berkeley Software Distribution (BSD), la versione modificata di Unix prodotta dall’Università di Berkeley nel 1977.

La prima licenza prodotta, la BSD License (comunemente chiamata BSD-old o 4-clause BSD License)28 nacque nel 1989 proprio come licenza d’uso di BSD e consentiva l’uso, la modifica e la distribuzione del programma, modificato o meno, subordinati al rispetto delle seguenti quattro condizioni:

a) l’obbligo di allegare «the above copyright notice, this list of conditions and the following disclaimer» alle redistribuzioni del codice sorgente (punto 1);

b) l’obbligo di allegare quanto sopra «and/or other materials provided with the distribution» alle redistribuzioni del codice oggetto (punto 2);

c) l’obbligo di inserire l’avviso «This product includes software developed by the <organization>» in ogni avviso pubblicitario di programmi che avrebbero usato e/o che si sarebbero basati su BSD (punto 3);

d) il divieto di utilizzare il nome del titolare dei diritti per promuovere opere derivate senza previo permesso da parte del titolare stesso (punto 4).

In sostanza, la BSD License garantiva condizioni molto più permissive rispetto alla GPL riguardo la redistribuzione dei programmi, modificati o meno, anche con licenze diverse da quella originaria, fatti salvi gli obblighi di riconoscere i diritti morali e di ottenere un permesso scritto per l’utilizzo del nome del titolare del copyright.

Ad accendere il dibattito fu la terza clausola, la c.d. “advertising clause”: stando alla lettera della licenza, tutti i creatori di opere derivate da BSD avrebbero dovuto inserire in qualsiasi pubblicità, anche in nota, l’avviso che il programma originario fosse stato creato dall’Università di Berkeley. Questo li avrebbe dunque costretti, «in caso di pubblicità di distribuzioni contenenti molti programmi diversi, a stendere pagine e pagine di note per adempiere tale obbligo».29

Il problema venne sollevato da Stallman, quando notò che in una versione di NetBSD, un sistema operativo derivato da BSD, l’avviso previsto dalla clausola veniva inserito per ben 75 volte.30 Va inoltre notato come questa clausola sia in aperto contrasto con il divieto di imporre ulteriori clausole restrittive sancito dalla GPL – problema non di poco conto per i programmi rilasciati con doppia licenza GPL/BSD License.

Il 22 luglio 1999, il direttore dell’Office of Technology Licensing dell’Università di Berkeley, William Hoskins, rilasciò un comunicato in cui “con effetto immediato” veniva dichiarata decaduta la clausola.31 La nuova formulazione della licenza viene oggi comunemente chiamata New BSD License o 3-clause BSD License.32

Il 9 gennaio 2008, venne infine rilasciata una terza versione, chiamata comunemente Simplified BSD License (o anche 2-clause BSD License o FreeBSD License, poiché rilasciata soprattutto in relazione al sistema operativo FreeBSD),33 nella quale viene rimossa anche la c.d. “non-endorsement clause”, ossia l’originale punto 4.

2.4.5. La MIT License

La MIT License è una licenza libera non protettiva,34 nata presso il Massachusetts Institute of Technology nel 1988. La licenza permette esplicitamente «to use, copy, modify, merge, publish, distribute, sublicense, and/or sell» una copia dell’opera così rilasciata, con il solo obbligo di citare la licenza.

Gli stessi diritti sono concessi a chi riceve una copia del programma, anche se da questa previsione non discende l’obbligo di rilasciare eventuali modifiche con licenza MIT o altra licenza libera. Si tratta in definitiva di una licenza che amplia i già notevoli margini di utilizzo e riutilizzo concessi dall’Università di Berkeley.

2.4.6. La Apache License

La Apache License è una licenza libera non protettiva, con la quale sono rilasciati tutti i progetti della Apache Software Foundation. Fu rilasciata nella sua versione 1.035 nel 1995 e ricalcava in larga parte la BSD License, con l’aggiunta di due clausole:

a) il divieto di poter utilizzare il nome “Apache” per una eventuale opera derivata (punto 5);

b) l’obbligo di inserire un avvertenza in tutte le redistribuzioni «of any form whatsoever» che «This product includes software developed by the Apache Group for use in the Apache HTTP server project (http://www.apache.org/)» (punto 6).

In realtà, l’aggiunta di queste clausole «sono volte a spingere l’autore delle modifiche a riflettere sull’interesse a renderle software libero»,36 dal momento che è costretto a citare gli autori originali e, dunque, impossibilitato ad “appropriarsene” completamente.

Nel 2000, coerentemente con quanto deciso dall’Università di Berkeley, anche la Apache Software Foundation decise di modificare la propria licenza e di rilasciare la versione 1.1:37 anche qui, infatti, viene rimossa la vecchia clausola 3 (la “advertising clause”), sostituita da una riformulazione leggermente diversa della vecchia clausola 6.

Nel 2004, viene rilasciata la versione 2.0 della licenza,38 che introduce alcune modifiche sostanziali per renderla compatibile con la GPL e per definire in maniera più precisa i termini di riutilizzo. Rimane ferma l’impostazione non protettiva delle vecchie versioni (sezione 2), anzi viene concesso gratuitamente in licenza ogni brevetto sul programma detenuto dall’autore originale o da eventuali autori successivi, facendo però terminare in maniera automatica tale concessione qualora il licenziatario opponga un ricorso per violazione di brevetto (sezione 3).

La sezione 4, infine, specifica le nuove condizioni di redistribuzione, che prevedono:

a) di allegare copia della licenza assieme all’opera o all’opera derivata;

b) di evidenziare adeguatamente eventuali modifiche tramite avvertenze scritte;

c) di mantenere tutti le avvertenze che riguardano quelle parti dell’opera pertinenti all’opera derivata;

d) di inserire le avvertenze di cui alla lettera b) in un file di testo apposito, allegato al programma stesso.

Rileva notare come da questa versione della licenza vengano eliminati tutti gli obblighi di richiamare esplicitamente il progetto Apache e la provenienza del codice originale dell’opera – obblighi che sarebbe stato difficile considerare compatibili con la GPL.

2.4.7. La Mozilla Public License e la Netscape Public License

La Mozilla Public License (MPL) è una licenza libera non protettiva, largamente basata sulla Netscape Public License (NPL). La versione 1.0 di entrambe fu rilasciata nel 1998,39 quando Netscape, una delle aziende più importanti nell’ambito della new economy, decise di rilasciare sotto NPL il codice sorgente di vari programmi, fra cui Navigator, “veterano” dei web browser.

La decisione venne presa perché Netscape si trovò in grossa difficoltà nella c.d. “guerra dei browser”, che la vedeva contrapposta a Microsoft e al suo Internet Explorer. Decisa a recuperare quelle quote di mercato perdute, scelse di imboccare la via dell’open source, senza però venire meno agli accordi di licenza precedentemente stipulati con altre aziende.

Entrambe le licenze prevedono la possibilità di copiare, modificare, mostrare, eseguire, sub-licenziare e distribuire liberamente il codice sorgente del programma, modificato o meno, senza però alterare i termini della licenza originaria (punti 2.1 e 2.2). Le eventuali modifiche apportate al codice devono anch’esse, se pubblicate, essere rilasciate con licenza MPL/NPL (punti 3.1, 3.2 e 3.3).

Pur essendo la NPL molto simile alla GPL, a differenza di quest’ultima permette la c.d. “interoperabilità” fra parti di codice sorgente libero e parti di codice sorgente “proprietario”, limitandosi soltanto a richiedere che siano soddisfatti gli obblighi richiesti dalla NPL e non costringendo a rilasciare anche la porzione “proprietaria” sotto questa licenza libera (punto 3.7).

In seguito al rilascio della versione 1.1, le differenze fra MPL40 e NPL41 si sono ridotte, ma restano rilevanti: la prima, più permissiva rispetto alla GPL, riguarda solo quelle parti di codice sorgente scritte ex novo rispetto a quelle rilasciate sotto NPL; la seconda prevede alcune clausole «che riservano a Netscape la facoltà esclusiva di sfruttare le modifiche apportate al codice sorgente originario, permettendogli di rilicenziarle e di utilizzarle in altri prodotti Netscape proprietari» (Amendments, punti V.2 e V.3).42

Note

  1. M. Bertani, op. cit., pag. 90.
  2. Il testo originale della licenza è disponibile al sito: http://www.gnu.org/licenses/gpl-1.0.html.
  3. L’atto di allegare una copia della licenza è considerato fondamentale, poiché (afferma la FSF) la semplice indicazione di un collegamento al testo su Internet potrebbe non essere utile, nel caso il sito non sia più raggiungibile. Cfr. Frequently Asked Questions about the GNU Licenses, Free Software Foundation (ultimo aggiornamento: 30 novembre 2009). Disponibile al sito: http://www.gnu.org/licenses/gpl-faq.html.
  4. La FSF non considera come pubblicazione l’uso all’interno di una struttura organizzata di cui fanno parte gli autori delle modifiche. La pubblicazione avviene, dunque, quando il programma viene rilasciato all’esterno dell’ambiente di lavoro degli autori delle modifiche. Cfr. Frequently Asked Questions about the GNU Licenses, op. cit.
  5. Questa clausola è da sempre una delle più controverse della licenza GPL e in odore di invalidità, secondo le norme di molti Paesi – per esempio, la Germania, come già notato infra, par. 2.3.4.b) “Il caso Sitecom”, o l’Italia, ai sensi dell’art. 1456 c.c. e di quanto afferma la Cassazione riguardo la necessità dell’individuazione «di una o più obbligazioni specificamente determinate» che possano determinare l’invalidità della licenza. Cfr. M. Bertani, nota 284, op. cit., pag. 94.
  6. M. Bertani, op. cit., pag. 93.
  7. Il testo originale della licenza è disponibile al sito: http://www.gnu.org/licenses/gpl-2.0.html.
  8. La FSF considera “compatibili” con la GPL quelle licenze che permettono la combinazione dei materiali rilasciati con licenze diverse e autorizzano il rilascio dell’opera derivata con GPL. Cfr. Frequently Asked Questions about the GNU Licenses, op. cit.
  9. M. Bertani, op. cit., pag. 97.
  10. La definizione è stata data da Stallman stesso. Cfr. Transcript of Richard Stallman at the 2nd international GPLv3 conference; 21st April 2006, Free Software Foundation Europe (ultima modifica: 14 aprile 2009). Disponibile al sito: http://fsfe.org/projects/gplv3/fisl-rms-transcript.en.html.
  11. Il testo originale della licenza è disponibile al sito: http://www.gnu.org/licenses/gpl-3.0.html.
  12. Per “informazioni di installazione” si intende, ai sensi della licenza GPL versione 3.0, «any methods, procedures, authorization keys, or other information required to install and execute modified versions of a covered work in that User Product from a modified version of its Corresponding Source».
  13. Il punto ha scatenato, come accennato nel precedente paragrafo, vibranti polemiche all’interno della comunità, tanto da essere sottoposto a sostanziali e continui lavori di riformulazione – che comunque non hanno convinto né la comunità di Linux, né la Tivo ad adottare la versione 3.0.
  14. Per una definizione di “protettiva”, cfr. infra, par. 2.1.2. “La nozione di licenza libera.
  15. Per “libreria” si intende un insieme di funzioni di uso comune, predisposte per essere collegate a un programma. Questo permette al programmatore di non dover riscrivere ogni volta le funzioni, ma semplicemente di farvi riferimento, semplificando le operazioni di scrittura e manutenzione del codice.
  16. M. Bertani, op. cit., pagg. 97-98. Cfr. in tal senso anche Frequently Asked Questions about the GNU Licenses, op. cit.
  17. Il testo originale della licenza è disponibile al sito: http://www.gnu.org/licenses/lgpl-2.1.html.
  18. Il testo originale della licenza è disponibile al sito: http://www.gnu.org/licenses/lgpl-3.0.html.
  19. Why you shouldn’t use the Lesser GPL for your next library, Free Software Foundation (ultima modifica: 8 dicembre 2008). Disponibile al sito: http://www.fsf.org/licensing/licenses/why-not-lgpl.html.
  20. Il testo originale della licenza è disponibile al sito: http://www.gnu.org/licenses/fdl-1.1.html.
  21. Il testo originale della licenza è disponibile al sito: http://www.gnu.org/licenses/fdl-1.2.html.
  22. L’unica eccezione era costituita da Wikinews, il progetto di notizie open source rilasciato con licenza Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo 2.5 Unported (CC BY-SA 2.5).
  23. License update, Wikimedia Foundation, 1º dicembre 2007. Disponibile al sito: http://wikimediafoundation.org/wiki/Resolution:License_update.
  24. Il testo originale della licenza è disponibile al sito: http://www.gnu.org/licenses/fdl-1.3.html.
  25. Per “sito per la collaborazione massiva multiautore” si intende qualsiasi progetto web che pubblichi opere sottoponibili a diritto d’autore e che fornisce a chiunque appositi meccanismi per la loro modifica – come, per esempio, i progetti della WMF.
  26. “Wikimedia community approves license migration”, Wikimedia Foundation, 21 maggio 2009. Disponibile al sito: http://blog.wikimedia.org/2009/05/21/wikimedia-community-approves-license-migration/.
  27. Per una definizione di “non protettiva”, cfr. infra, par. 2.1.2. “La nozione di licenza libera.
  28. Il testo originale della licenza è disponibile al sito: "BSD_License") http://en.wikipedia.org/wiki/BSD_licenses#4-clause_license_(original_"BSD_License").
  29. M. Bertani, op. cit., pag. 102.
  30. R. Stallman, The BSD License Problem, Free Software Foundation (ultimo aggiornamento: 18 marzo 2003). Disponibile al sito: http://www.gnu.org/philosophy/bsd.html.
  31. W. Hoskins, To All Licensees, Distributors of Any Version of BSD, Università di Berkeley, 22 luglio 1999. Disponibile al sito: ftp://ftp.cs.berkeley.edu/pub/4bsd/README.Impt.License.Change.
  32. Il testo originale della licenza è disponibile al sito: http://en.wikipedia.org/wiki/BSD_licenses#3-clause_license_("New_BSD_License").
  33. Il testo originale della licenza è disponibile al sito: http://en.wikipedia.org/wiki/BSD_licenses#2-clause_license_("Simplified_BSD_License"_or_"FreeBSD_License").
  34. Il testo originale della licenza è disponibile al sito: http://www.opensource.org/licenses/mit-license.php.
  35. Il testo originale della licenza è disponibile al sito: http://www.apache.org/licenses/LICENSE-1.0.
  36. M. Bertani, op. cit., pag. 104.
  37. Il testo originale della licenza è disponibile al sito: http://www.apache.org/licenses/LICENSE-1.1.
  38. Il testo originale della licenza è disponibile al sito: http://www.apache.org/licenses/LICENSE-2.0.
  39. Il testo originale della licenza MPL è disponibile al sito: http://www.mozilla.org/MPL/MPL-1.0.html. Il testo originale della licenza NPL è disponibile al sito: http://www.mozilla.org/MPL/NPL-1.0.html.
  40. Il testo originale della licenza è disponibile al sito: http://www.mozilla.org/MPL/MPL-1.1.html.
  41. Il testo originale della licenza è disponibile al sito: http://www.mozilla.org/MPL/NPL-1.1.html.
  42. M. Bertani, op. cit., pagg. 107-108.