La vita di Benvenuto di Maestro Giovanni Cellini fiorentino, scritta, per lui medesimo, in Firenze/Libro primo/Capitolo CII

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Libro primo
Capitolo CII

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Considerato il signor Pierluigi, figliuol del Papa, la gran quantità de’ danari, che era quella di che io era accusato, subito ne chiese grazia a quel suo padre Papa, che di questa somma de’ danari gliene facessi una donagione. Per la qual cosa il Papa volentieri gliene concesse, e di piú gli disse che ancora gliene aiuterebbe riscuotere: di modo che, tenutomi prigione otto giorni interi, in capo degli otto giorni, per dar qualche termine a questa cosa, mi mandorno a esaminare. Di che io fu’ chiamato in una di quelle sale, che sono in Castello, del Papa, luogo molto onorato; e gli esaminatori erano il Governator di Roma, qual si domandava messer Benedetto Conversini pistolese, che fu da poi vescovo de Iesi; l’altro si era il Proccurator fiscale, che del nome suo non mi ricordo; l’altro, ch’era il terzo, si era il giudice de’ malificii, qual si domandava messer Benedetto da Cagli. Questi tre uomini mi cominciorno a esaminare, prima con amorevole parole, da poi con asprissime e paventose parole, causate perché io dissi loro: - Signori mia, egli è piú d’una mezz’ora, che voi non restate di domandarmi di favole e di cose, che veramente si può dire che voi cicalate, o che voi favellate. Modo di dire, cicalare, che non ha tuono, o favellare, che non vol dir nulla; sí che io vi priego che voi mi diciate quel che voi volete da me, e che io senta uscir delle bocche vostre ragionamenti, e non favole e cicalerie -. A queste mie parole il Governatore, ch’era pistoiese, e non potendo piú palliare la sua arrovellata natura mi disse: - Tu parli molto sicuramente, anzi troppo altiero; di modo che cotesta tua alterigia io te la farò diventare piú umile che un canino a li ragionamenti che tu mi udirai dirti; e’ quali non saranno né cicalerie né favole, come tu di’, ma saranno una proposta di ragionamenti, ai quali e’ bisognerà bene che tu ci metti del buono a dirci la ragione di essi -. E cosí cominciò: - Noi sappiamo certissimo che tu eri in Roma al tempo del Sacco, che fu fatto in questa isfortunata città di Roma; e in questo tempo tu ti trovasti in questo Castel Sant’Agnolo, e ci fusti adoperato per bombardiere; e perché l’arte tua si è aurifice e gioielliere, papa Clemente per averti conosciuto in prima, e per non essere qui altri di cotai professione, ti chiamò innel suo secreto e ti fece isciorre tutte le gioie dei sua regni e mitrie e anella; e di poi fidandosi di te, volse che tu gnene cucissi adosso: per la qual cosa tu ne serbasti per te di nascosto da Sua Santità per il valore di ottanta mila scudi. Questo ce l’ha detto un tuo lavorante, con il quale tu ti se’ confidato e vantatone. Ora noi ti diciamo liberamente che tu truovi le gioie o il valore di esse gioie: di poi ti lasceremo andare in tua libertà.