La vita di Benvenuto di Maestro Giovanni Cellini fiorentino, scritta, per lui medesimo, in Firenze/Libro primo/Capitolo CXI

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Libro primo
Capitolo CXI

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In questo mezzo s’era levato un romore grandissimo in Roma: che di già s’era vedute le fascie attaccate al gran torrione del mastio di Castello, e tutta Roma correva a vedere questa inistimabil cosa. Intanto il Castellano era venuto inne’ sua maggiori umori della pazzia, e voleva a forza di tutti e’ sua servitori volare ancora lui da quel mastio, dicendo che nessuno mi poteva ripigliare se non lui, con il volarmi drieto. In questo messer Roberto Pucci, padre di messer Pandolfo, avendo inteso questa gran cosa, andò in persona per vederla; di poi se ne venne a Palazzo, dove si incontrò nel cardinal Cornaro, il quale disse tutto il seguíto, e sí come io ero in una delle sue camere di già medicato. Questi dua uomini da bene d’accordo si andorno a gittare inginocchioni dinanzi al Papa, il quale, innanzi che e’ lasciassi lor dir nulla, lui disse: - Io so tutto quel che voi volete da me -. Messer Roberto Pucci disse: - Beatissimo Padre, noi vi domandiamo per grazia quel povero uomo, che per le virtú sue merita avergli qualche discrezione, e appresso a quelle, gli ha mostro una tanta bravuria insieme con tanto ingegno, che non è parsa cosa umana. Noi non sappiamo per qual peccati Vostra Santità l’ha tenuto tanto in prigione; però, se quei peccati fussino troppo disorbitanti, Vostra Santità è santa e savia, e facciane alto e basso la voluntà sua; ma se le son cose da potersi concedere, la preghiamo che a noi ne faccia grazia -. Il Papa a questo vergognandosi disse che m’aveva tenuto in prigione a riquisizione di certi sua - per essere lui un poco troppo ardito; ma che cognosciuto le virtú sue e volendocelo tenere appresso a di noi, avevamo ordinato di dargli tanto bene, che lui non avessi aùto causa di ritornare in Francia. Assai m’incresce del suo gran male; ditegli che attenda a guarire; e de’ sua affanni, guarito che e’ sarà, noi lo ristoreremo -. Venne questi dua omaccioni, e dettonmi questa buona nuova da parte del Papa. In questo mezzo mi venne a visitare la nobiltà di Roma, e giovani e vecchi e d’ogni sorte. Il Castellano, cosí fuor di sé, si fece portare al Papa; e quando fu dinanzi a Sua Santità cominciò a gridare dicendo, che se lui non me gli rendeva in prigione, che gli faceva un gran torto, dicendo: - E’ m’è fuggito sotto la fede che m’aveva data; oimè, che e’ m’è volato via, e mi promesse di non volar via! - Il Papa ridendo disse: - Andate, andate, che io ve lo renderò a ogni modo -. Aggiunse il Castellano, dicendo al Papa: - Mandate a lui il Governatore, il quale intenda chi l’ha aiutato fuggire, perché se gli è de’ mia uomini, io lo voglio impiccare per la gola a quel merlo dove Benvenuto è fuggito -. Partito il Castellano, il Papa chiamò il Governatore sorridendo, e disse: - Questo è un bravo uomo, e questa è una maravigliosa cosa; con tutto che, quando io ero giovane, ancora io iscesi di quel luogo proprio -. A questo il Papa diceva il vero, perché gli era stato prigione in Castello per avere falsificato un breve, essendo lui abbreviatore di Parco Maioris: papa Lessandro l’aveva tenuto prigione assai; di poi, per esser la cosa troppo brutta, si era risoluto tagliargli il capo; ma volendo passare le feste del Corpus Domini, sapendo il tutto il Farnese, fece venire Pietro Chiavelluzzi con parecchi cavalli, e in Castello corroppe con danari certe di quelle guardie; di modo che il giorno del Corpus Domini, in mentre che il Papa era in processione, Farnese fu messo in un corbello e con una corda fu collato insino a terra. Non era ancor fatto il procinto delle mura al Castello, ma era solamente il torrione, di modo che lui non ebbe quelle gran difficultà a fuggirne, sí come ebbi io: ancora, lui era preso a ragione e io a torto. Basta, ch’e’ si volse vantare col Governatore d’essere istato ancora lui nella sua giovanezza animoso e bravo, e non s’avvedde che gli scopriva le sue gran ribalderie. Disse: - Andate e ditegli liberamente vi dica chi gli ha aiutato: cosí sie stato chi e’ vuole, basta che allui è perdonato, e prometteteglielo liberamente voi.