La vita di Benvenuto di Maestro Giovanni Cellini fiorentino, scritta, per lui medesimo, in Firenze/Libro primo/Capitolo LXXIV

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Libro primo
Capitolo LXXIV

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In questo istante il cardinal Cornaro, saputo la cosa, da per sé mandò trenta soldati, con tanti partigianoni, picche e archibusi, li quali mi menassino in camera sua per ogni buon rispetto; e io accettai l’offerta, e con quelli me ne andai, e piú di altretanti di quelli ditti giovani mi feciono compagnia. In questo mezzo saputolo quel misser Traiano suo parente, primo cameriere del Papa, mandò al cardinal de’ Medici un gran gentiluomo milanese, il qual dicessi al Cardinale il gran male che io avevo fatto, e che Sua Signoria reverendissima era ubbrigata a gastigarmi. Il Cardinale rispose subito, e disse: - Gran male arebbe fatto a non fare questo minor male: ringraziate messer Traiano da mia parte, che m’ha fatto avvertito di quel che io non sapeva - e subito voltosi, in presenza del ditto gentiluomo, al vescovo di Frullí suo gentiluomo e familiare, li disse: - Cercate con diligenzia il mio Benvenuto, e menatemelo qui, perché io lo voglio aiutare e difendere; e chi farà contra di lui, farà contra di me -. Il gentiluomo molto arrossito si partí, e il vescovo di Frullí mi venne a trovare in casa il cardinal Cornaro; e trovato il Cardinale, disse come il cardinale de’ Medici mandava per Benvenuto, e che voleva esser lui quello che lo guardassi. Questo cardinal Cornaro, ch’era bizzarro come un orsacchino, molto adirato rispose al vescovo, dicendogli che lui era cosí atto a guardarmi come il cardinal de’ Medici. A questo il vescovo disse, che di grazia facessi che lui mi potessi parlare una parola fuor di quello affare, per altri negozi del cardinale. Il Cornaro li disse che per quel giorno facessi conto di avermi parlato. Il cardinal de’ Medici era molto isdegnato; ma pure io andai la notte seguente senza saputa del Cornaro, benissimo accompagnato, a visitarlo; dipoi lo pregai che mi facessi tanto di grazia di lasciarmi in casa del ditto Cornaro, e li dissi la gran cortesia che Cornaro m’aveva usato; dove che, se Sua Signoria reverendissima mi lasciava stare col ditto Cornaro, io verrei ad avere un amico piú nelle mie necessitate; o pure che disponessi di me tutto quello che piacessi a Sua Signoria. Il quale mi rispose, che io facessi quanto mi pareva. Tornatomene a casa il Cornaro, ivi a pochi giorni fu fatto papa il cardinal Farnese: e subito dato ordine alle cose di piú importanza, apresso il Papa domandò di me, dicendo che non voleva che altri facessi le sue monete, che io. A queste parole rispose a Sua Santità un certo gentiluomo suo domestichissimo, il quale si chiamava messer Latino Iuvinale; disse che io stavo fuggiasco per uno omicidio fatto in persona di un Pompeo milanese, e aggiunse tutte le mie ragione molto favoritamente. Alle qual parole il Papa disse: - Io non sapevo della morte di Pompeo, ma sí bene sapevo le ragione di Benvenuto, sí che facciasigli subito un salvo condotto, con il quale lui stia sicurissimo -. Era alla presenza un grande amico di quel Pompeo e molto domestico del Papa, il quale si chiamava misser Ambruogio, ed era milanese, e disse al Papa: - In e’ primi dí del vostro papato non saria bene far grazie di questa sorte -. Al quale il Papa voltosigli, gli disse: - Voi non la sapete bene sí come me. Sappiate che gli uomini come Benvenuto, unici nella lor professione, non hanno da essere ubrigati alla legge: or maggiormente lui, che so quanta ragione e’ gli ha -. E fattomi fare il salvo condotto, subito lo cominciai a servire con grandissimo favore.