La vita di Benvenuto di Maestro Giovanni Cellini fiorentino, scritta, per lui medesimo, in Firenze/Libro primo/Capitolo VI

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Libro primo
Capitolo VI

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Come ho ditto, mio padre era un gran servitore e amicissimo della casa de’ Medici, e quando Piero ne fu cacciato, si fidò di mio padre in moltissime cose molte importantissime. Di poi, venuto il magnifico Piero Soderini, essendo mio padre al suo ufizio del sonare, saputo il Soderini il maraviglioso ingegno di mio padre, se ne cominciò a servire in cose molte importantissime come ingegnere: e in mentre che ’l Soderino stette in Firenze volse tanto bene a mio padre, quanto immaginar si possi al mondo; e in questo tempo io, che era di tenera età, mio padre mi faceva portare in collo, e mi faceva sonare di flauto, e facevo sovrano, insieme con i musici del palazzo innanzi alla Signoria, e sonavo al libro, e un tavolaccino mi teneva in collo. Di poi il Gonfalonieri, che era il detto Soderino, pigliava molto piacere di farmi cicalare, e mi dava de’ confetti e diceva a mio padre: - Maestro Giovanni, insegnali insieme con il sonare quelle altre tue bellissime arte - al cui mio padre rispondeva: - Io non voglio che e’ faccia altra arte, che ’l sonare e comporre; perché in questa professione io spero fare il maggiore uomo del mondo, se Idio gli darà vita -. A queste parole rispose alcuno di quei vecchi Signori, dicendo a maestro Giovanni: - Fa’ quello che ti dice il Gonfaloniere; perché sarebbe egli mai altro che un buono sonatore? - Cosí passò un tempo, insino che i Medici ritornorno. Subito ritornati i Medici, il cardinale, che fu poi papa Leone, fece molte carezze a mio padre. Quella arme, che era al palazzo de’ Medici, mentre che loro erano stati fuori, era stato levato da essa le palle, e vi avevano fatto dipignere una gran croce rossa, quali era l’arme e insegna del Comune: in modo che, subito tornati, si rastiò la croce rossa, e in detto scudo vi si comisse le sue palle rosse, e misso il campo d’oro, con molta bellezza acconcie. Mio padre, il quali aveva un poco di vena poetica naturale stietta, con alquanto di profetica, che questo certo era divino in lui, sotto alla ditta arme, subito che la fu scoperta, fece questi quattro versi: dicevan cosí:

Quest’arme, che sepulta è stato tanto
sotto la santa croce mansueta,
mostr’or la faccia gloriosa e lieta,
aspettando di Pietro il sacro ammanto.

Questo epigramma fu letto da tutto Firenze. Pochi giorni appresso morí papa Iulio secondo. Andato il cardinale de’ Medici a Roma, contra a ogni credere del mondo fu fatto papa, che fu papa Leone X, liberale e magnanimo. Mio padre gli mandò li sua quattro versi di profezia. Il papa mandò a dirgli che andasse là, che buon per lui. Non volse andare: anzi, in cambio di remunerazioni, gli fu tolto il suo luogo del palazzo da Iacopo Salviati, subito che lui fu fatto Gonfaloniere. Questo fu causa che io mi missi all’orafo; e parte imparavo tale arte e parte sonavo, molto contro mia voglia.