La zecca di Bologna/Capitolo V

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CAPITOLO V.


Gregorio XIII, Boncompagni, bolognese — Medaglie in suo onore — Alessandro Menganti incisore dei conii della zecca — Nuove monete: "i gregorii„, "le piastre„ — Costruzione del nuovo palazzo della zecca — Altre medaglie in onore del papa — Sisto V — Urbano VII — Gregorio XIV — Innocenzo IX — Clemente VIII — L'incisore Giovanni Angeli — Pericolo di chiusura dell'officina — Carteggi sulla zecca e le nuove impronte — Corso della moneta in Bologna nella II metà del sec. XVI.


Di molto interesse per la nostra illustrazione è la storia del tempo del lungo pontificato di Gregorio XIII (1572-1585), al secolo Ugo Boncompagni di Bologna, tanto benemerito per l’incoraggiamento che alle lettere ed alle arti diede nella sua città nativa. A lui noi dobbiamo esser grati di aver scelto nel grande Menganti il riproduttore dei suoi ritratti e delle imprese di Bologna nelle molte e variate monete del suo tempo.

Il nuovo pontefice si guadagnò subito la gratitudine dei bolognesi ordinando, appena salito al soglio, che si sospendesse la fabbrica delle fortificazioni di Castelfranco, ordinata dal suo predecessore con danno politico e finanziario rilevante per Bologna, il cui erario allora esausto non poteva sopportare l’enorme spesa impostagli. Per dimostrare al papa il contento della cittadinanza il Senato mandò un’ambascieria a Roma e avvertì lo stesso pontefice di voler ricordare la grazia ottenuta con medaglie, colonne ed altre dimostrazioni1. Una colonna fu infatti eretta a Castelfranco per ricordare il beneficio ottenuto, ma ora più non esiste.

Le medaglie commemorative furono subito coniate e ne abbiamo il primo ricordo in una lettera [p. 95 modifica]del Senato all’ambasciatore, del 7 novembre 1572, da cui si rileva che ne furon fabbricate d’oro e d’argento, di due grandezze e che le prime coniate furono offerte al papa col mezzo dell’ambasciatore bolognese che spiegò come le figure rappresentatevi significassero Bologna liberata da S. B. dal gran peso di questa fortezza2.

Di questa medaglia, ricordata dal Bonanni3, dal De Molinet4 e nel Trésor de mimismatique et glyptique (Medailles de papes, pag. 19, che però ne dà un erronea spiegazione) rimangono esemplari. Portano da un lato il ritratto del papa e le parole GREGORIO · XIII · PONT · MAX · BONON · S · P · Q · B · e dall’altro la figura di Felsina (o Minerva, allusione alla città dotta) con un vessillo, che accenna ad alcune ruine rappresentate nel fondo e con alcuni libri sparsi al suolo: intorno il motto LEVATA ONERE PATRIA. Un esemplare in bronzo della collezione del Museo Civico di Bologna sembra una copia del tempo, eseguita per completare la collezione.

Per tuttociò è da rettificare l’asserzione del Negri e dello Zanetti che credettero queste medaglie coniate più tardi, all’epoca della erezione della statua di Gregorio XIII, nel 15805. Questa statua, modellata grandiosamente dal Menganti (1575-1580) e posta sulla porta del palazzo pubblico di Bologna, attesta, come gli [p. 96 modifica]altri lavori dello scultore, fonditore e incisore bolognese, lo studio diretto di Michelangiolo, privo delle esagerazioni degli altri scolari del grande maestro.

Alessandro Menganti fu nominato incisore dei conii della zecca bolognese il 18 gennaio 1573. Era morto allora il precedente incisore, Gerolamo Faccioli, e considerato che l’artista bolognese era molto pratico di tali lavori e onesto, fu nominato a gran maggioranza nel delicato ufficio, per un triennio. E nella carica il grande artista fu riconfermato, nella seduta consigliare 12 agosto 1577 e questa volta a vita, col solito stipendio di ottanta lire annue6: somma che, [p. 97 modifica]riportandoci ai tempi, non è meschina, considerando anche che l’ufficio celandi et manutenendi cuneos sive formulas monetales non impediva all’incisore di applicarsi ad altri più proficui lavori. Ignorandosi la data della morte del Menganti non sappiamo con precisione porre un limite alla serie delle monete che gli si possono attribuire: certo è che nel 1585 il Menganti lavorava ancora, come vedremo, perciò par naturale che oltre quelli di tutte le monete del tempo di Gregorio XIII egli abbia fabbricato anche i nuovi coni delle monete del susseguente pontefice Sisto V, che salì al potere appunto nel 1585. Così le une come le altre, d’oro, d’argento e di mistura, sono bellissime e varie, come il lettore verificherà dalle descrizioni e dalle tavole che ne diamo più avanti.

Durante la locazione del Gambaro, per accondiscendere alle continue richieste, si coniarono quattrini e moneta bassa da 6 e da 12 quattrini. Rinnovata per altri tre anni la locazione collo stesso zecchiere si continuarono le battiture di moneta minuta a cui nell’agosto dal 1576 se ne aggiunse una di murajole e bolognini; nel marzo del 1577 fino a 1500 scudi, nell’ottobre, nel dicembre e nell’agosto del 1578 in varie volte 2000 scudi, nell’aprile del 1579 altri 500 scudi, da esportarsi ad Imola dietro richiesta, nell’ottobre 2000 scudi di sesini e quattrini e a tutto il 1582 10500 scudi di moneta bassa di varie sorta7.

La locazione Gambaro fu ancora rinnovata, coi vecchi patti, fino al 1586 e gli si aggiunse il figlio Pietro. Di coniazioni di moneta d’oro e argento in quel periodo, ricorderemo quella dei Gregorii d’argento, decretata il 14 dicembre 1574, quella di piastre bolognesi equivalenti a 2 gregorii e di monete da quattro scudi d’oro, [p. 98 modifica]decretata l’11 giugno 1577 e di una terza, per una somma ad libitum dello zecchiere, di monete d’argento da 6 bianchi (lire 3) ordinata il 27 giugno 15798.

Un bando sopra la valuta et il corso delli scudi d’oro et delle monete et quattrini et pesi del 9 maggio 1573 stabilisce che gli scudi si spendano per 85 bolognini l’uno: vi rileviamo che erano al peso di 17 carati e f e ne andavano 109 alla libbra; la stessa bontà, libbratura, e valore attribuiscono loro le gride successive per lungo periodo d’anni e definiscono i limiti di tolleranza per gli altri scudi non uguali a quelli9.

Vedemmo che nel 1574 eran stati battuti anche a Bologna i gregorii, monete d’argento che, come già i paoli e come i giulii, portavano l’effigie e il nome del pontefice del tempo. Se n’erano fatte delle prove fin dal maggio di quell’anno e se n’erano mandate al papa perchè le esaminasse e acconsentisse che si spendessero nelle terre della Chiesa pel valore dei giulii romani e fiorentini. I nuovi coni piacquero molto al papa che però, riguardo al corso delle nuove monete, si rimise alla decisione della Camera Apostolica; della quale non ci è noto il responso10.

Con questa nuova moneta si andava ad accrescere la varietà della moneta bolognese, già lamentata a Roma anche prima della nuova coniazione, tantochè l’Ambasciatore bolognese scriveva che là si pensava a ordinare che per l’avvenire si battesse alla lega romana e che per regolar meglio il corso delle monete si progettava di chiudere tutte le zecche [p. 99 modifica]della Romagna meno quella di Bologna11. Infatti poco dopo arrivavano da Roma i capitoli di quella zecca12. I bolognesi chiedevano di nuovo al papa che le nuove monete d’argento, i gregorii o, come meglio si chiamavano, i paoli si potessero spendere nello stato pontificio e il papa, al solito, si rimetteva alla decisione della Camera Apostolica13. Essendosi coniati oltre i paoli, anche mezzi paoli e testoni, si chiedeva all’Ambasciatore se potevano aver corso nello Stato intero e se ne riceveva la seguente risposta:

" Ill.i Signori,

° Il sig. Com.° della Camera, quale ho trovato molto amorevole sempre et desideroso di fare servigio a cotesta città et magistrato, mi ha detto, che sendosi longamente discorso se li Paoli, mezzi Paoli et Testoni di codesta città ma del valore però di questi Romani, si dovessero accettare et spendere qua et per il resto del stato Ecclesiastico, dopo molte consulte egli ha operato che si possano spendere et con farne parola con N. S. ogni volta però, che in essi ci sia tanto di fino, quanto è in simili monete Romane, battendosi però alla nostra solita, et consueta lega. Però se costì si vorranno battere simili monete con tanto di fino per cento, quanto è la Romana, saranno accettate; ma quando però se ne volesse battere con manco di fino di quello che sono le Romane, non solo non saranno accettate, ma si bandiranno, si come si faranno quelle di tutto il Stato Ecclesiastico. Per il che ne ho voluto dare ad esso questo ragguaglio acciò avisano la loro resolutione, per farla poi sapere al detto signor Commissario, che lo desidera et le bascio le mani.

Di Roma, li xviij giugno del lxxv.

Di VV. SS. Ill.i affetionatissimo S.r

F. C. Ghisilieri14.                


[p. 100 modifica]La costruzione del nuovo palazzo destinato alla zecca e che rimane tuttora, rimonta al periodo a cui siamo giunti colla nostra storia. Crediamo interessante ricordare in breve le vicende di quella costruzione perchè i documenti inediti che raccogliemmo ci permettono di demolire ancora un errore e di rimettere le cose a posto.

Il 23 marzo 1577 il Senato " nonnulis gravissimis causis adductus „ veniva nella decisione di rinunciare alla casa all’insegna del Leone in via Clavature che dal gennaio 1569 serviva per uso d’officina monetaria, e dava incarico agli Assunti alla zecca di trovare un altro luogo meglio adatto15. La vecchia officina probabilmente non poteva più servire al grande e quasi continuo lavoro, per le esigenze sempre crescenti de’ nuovi tempi che reclamavano grandi coniazioni e l’opera di moltissimi operai con nuovi e perfezionati arnesi.

Gli Assunti scelsero come località del nuovo edificio il centro della via a S. Felice e incominciarono coll’acquistarvi alcune case dalla famiglia Pellegrini e da una Antonia Pesci vedova di Ercole Baldi per abbatterle e su quell’area inalzare il nuovo fabbricato16. A sede provvisoria dell’officina monetaria durante la nuova costruzione fu presa in affitto una casa dal conte Girolamo Pepoli della quale ignoriamo la località. L’architetto della nuova fabbrica che, come notammo, rimane tuttora, e presenta all’esterno l’antica veste di quel tempo senza superfetazioni, non fu nè il Tebaldi nè il Terribilia (Antonio Morandi), come fu ripetuto dalle guide di Bologna fin qui, ma Scipione Dattari, allora ingegnere del Comune e ricordato per lavori architettonici e idraulici per lungo [p. 101 modifica]periodo d’anni. La notizia rileviamo da una lettera del 14 dicembre 1580 di un altro architetto, Gio. Battista Ballarini, dalla quale risulta che. questi aiutò il Dattari che dirigeva i lavori della grande costruzione da lui ideata e lo sostituì nel far piante e nella sorveglianza durante sei mesi in cui il Dattari fu a Roma17. L’architetto costruì il grande edificio nello stile classico che allora era sul punto di mutarsi in barocco, colla grande porta e le finestre incorniciate di grandi fascie a bugne che danno severità ma pesantezza all’insieme.

Alcuni anni dopo si completò la fabbrica costruendo un sotterraneo che serviva "ad recoquendam monetam„ e che costò al pubblico erario 200 lire18.

La zecca bolognese fu diretta da G. B. Gambaro per lungo tempo ancora. Negli ultimi anni del governo di Gregorio XIII uscirono dall’officina molte migliaia di scudi delle solite monete d’oro oltre altre d’argento e di rame19.

Uno degli ultimi lavori del Menganti fu l’incisione dei conii per una medaglia "in memoriam erectionis archiepiscopatus Bononie„ ordinata nella seduta consigliare del 21 maggio 158320. In quell’anno la sede vescovile bolognese fu eretta in arcivescovile e si tributarono grandi onori al primo arcivescovo Gabriele Paleotti che disse la prima messa solenne nella Metropolitana, alla presenza dei magistrati, di prelati, di vescovi e del popolo21.

Due anni dopo i bolognesi attendevano la visita [p. 102 modifica]del papa loro concittadino e ad onorarne l’entrata in città il Senato ordinò, more solito, la fabbricazione di una moneta. I conii erano già pronti ed erano stati eseguiti dal Menganti che ne ricevette L. 7022, quando arrivò la notizia improvvisa della morte di papa Gregorio avvenuta il 10 aprile. Probabilmente i coni del nostro artista andarono a raggiungere i ferri vecchi e i ponzoni inservibili nei magazzeni della zecca.

A Gregorio successe sul trono pontificio Sisto V (1585-89) e di questo periodo ricorderemo: un partito che portò alla coniazione di soldi 77, in luogo di 73, per ogni oncia d’argento (2 agosto 1585)23; ciò perchè le monete bolognesi erano di tal bontà da venire asportate e rifuse; inoltre la rinnovazione dell’appalto dell’officina a G. B. Gambaro, questa volta in unione al figlio Pietro (gennaio 1586)24; una battitura di 60 mila scudi soliti, seguita da un’altra di 1000 scudi di sesini25.

Il rapido succedersi di quattro nuovi pontefici in brevissimo volger d’anni (Urbano VII, Gregorio XIV, 1590 — Innocenzo IX, 1591 — Clemente VIII, 1592-1604) rese necessari nuovi coni, alcuni almeno fabbricati dal nuovo zecchiere Giovanni Angeli che nel luglio del 1590 assunse la zecca bolognese per cinque anni. Egli era orefice e molto pratico di lavori di zecca, come ci assicurano le testimonianze [p. 103 modifica]del tempo26. Tra le prime battiture ve ne è ricordata una di quattro mila scudi di "quadrantes cum i conij sive impressionis mutatis„ cui seguirono altre di parecchie migliaia di scudi di moneta bassa fino a tutto il 159227.

Gli ultimi anni del secolo ricordano un pericolo di chiusura assoluta della zecca bolognese, stornato dalle pratiche assidue dell’Ambasciatore a Roma, in quel tempo Camillo Gozzadini.

La voce era corsa a Bologna nei primi giorni del 1596, e il Senato ne scriveva subito all’Ambasciatore perchè s’informasse se la cosa era vera e in tal caso facesse del suo meglio perchè l’ordine di chiusura non avesse corso. La risposta da Roma fu tranquillante e per qualche mese non si parlò più di quella progettata misura28. Ciò però influì certamente a destare il panico nel ceto commerciale e in quello degli orefici perchè l’appalto dell’officina in quell’anno andò deserto e fino ai primi anni del susseguente secolo non ritroviamo notizia di coniazioni.

Nel marzo dello stesso 1596 nuovo pericolo di chiusura e questa volta l’ordine relativo era già pronto e un bando lo aveva già preannunziato: la causa sembra potesse essere il grande disordine delle cose monetarie negli stati della Chiesa e la troppo grande varietà delle monete, sicchè a Roma si pensava a chiudere tutte le zecche fuorchè, ben inteso, quella di Roma. Molti dei lagni non erano certamente ingiusti: tra gli altri era di grave inconveniente agli scambi la somiglianza nei tipi tra molte monete d’argento romane e bolognesi, mentre ne era diversa la lega: e l’inconveniente rimontava al tempo di Gregorio XIII. [p. 104 modifica]L’ambasciatore potè anche questa volta rimuovere il pericolo, come risulta da questa sua lettera:

— (Fuori: Agl’Ill.mi Sigri miei oss.mi li Signori del Reggimento di Bologna).

— "Ill.mi Signori Oss.mi

Quella speranza ch’io ho dato a VV. SS. Ill.mi con altre mie, che cotesta zecca non saria soppressa, hora ha havuto il suo effetto essendo che si fece lunedi la Congregatione sopra gli aggravii, nella quale fu risoluto che Bologna continuasse di battere alla sua solita lega et le solite monete antiche, ma non più monete alla romana, per quanto ha riferto Monsignor Tesoriero ad un gentilhuomo mio parente, quale ho mandato stasera per tal effetto da SS. R.ma non l’havendo io mai potuto ritrovare in casa; con farmi sapere ancora, che dovremo esser insieme, per far sopra ciò alcuni capitoli; onde non mancare ritrovarmi con lei et nel riporto ne darò con le prime più distinto avviso....

Di Roma, li 13 Marzo 1596.

Di VV. SS. Ill.me Devotiss.mo Servitore

Camillo Gozadini29.


Con molte altre lettere il Gozzadini confermava la notizia e dava schiarimenti e particolari. Con altra del 20 aprile aggiungeva: "monsignor Tesoriero mi ha detto oggi, che Sua Beatitudine si contenta che si continui a battere in codesta Zecca li scudi d’oro et le doble, ma però con cunij differenti da quei di Roma, mostrando che si potranno usare i medesimi, che si faranno nella moneta, et ha promesso di darmi stasera sicom’ha fatto, la lettera di tal ordine la quale mando qui congionta insieme con la copia30.„ La lettera a cui allude il Gozzadini non è però unita alla sua e le nostre ricerche per rintracciarla riuscirono infruttuose. Ci rimane invece una lettera [p. 105 modifica]del Tesoriere pontificio che può supplire a quella e che riportiamo:

— (Fuori: Al molto Ill.° et R.° Signor mio oss.° Mons. il Vicelegato di Bologna).

— " Molto Ill.° et R.° Mons. mio oss.°

" Ho trattato con N. S. circa l’oro che si batte a Bologna et finalmente S. B.e si contenta, che si batti, ma con due conditioni; una, che in ninna maniera si batti con l’arme di S. S.a nè della sede apostolica, ma con arme particolare di cotesta Città: l’altra, che la lega, nè il peso si possa alterar da quello ch’è bora senza espressa licentia in scriptis di S. S.a, et di questa conditione che si osservino. V, S. R.a ci usi ogni diligentia et facci precetto a chi parerà, et altre diligentie possibili. Sua Santità ancora ordina, che in niuna maniera si batti nè Sesini et altre monete basse, le quali oltre il far danno a Codesta Città, lo fanno ancora alla provincia di Romagna. Et con questa fine gli bascio la mano.

Di Roma, adi 20 d’aprile 1596,
Di V. S. Ill.a et R.a

Affett.° Servitore B. Cesi Thesoriere „31.


A questa lettera e alle condizioni imposte dal Papa fu risposto dal Reggimento con alcune osservazioni32. A queste come alla domanda dei bolognesi di esser liberati dalla dipendenza dalla zecca di Roma, visto che il loro commercio era volto altrove e sopra tutto a Venezia, non sembra che per allora si rispondesse. Certo è che, quanto alla dipendenza da Roma, il fatto di trovare che i capitoH della zecca romana erano sempre mandati a Bologna dal Papa lascia credere che si vedesse malvolentieri a Roma ogni tentativo di autonomia dei bolognesi.

Le monete bolognesi di Clemente VIII portano quali lo stemma del papa (Aldobrandini) quali il [p. 106 modifica]ritratto e le imprese del comune bolognese. Queste ultime (testoni o doppi giulii) coniate per ottemperare agli ordini ricevuti, sono quindi posteriori al 1596. Per allora non si batterono nemmeno sesini nè altre monete basse, ma più tardi V ordine dovette esser revocato perchè si conoscono alcuni quattrini col solito motto Bononia docet e il leone col vessillo portanti le date 1603 e 1604.

Diciamo qualcosa sul corso delle monete verso la fine di quel secolo XVI a seguito di quanto abbiamo esposto nel precedente capitolo.

Sembra che per qualche tempo non si fosse pensato a regolare il corso delle monete basse forestiere che invadevano la piazza, tantochè si dovette pubblicare una grida piuttosto draconiana che bandiva dalla città tutti i Sesini e Quattrini forestieri e i Cavallotti Grossi e Murajole di Parma, Reggio, Modena, Mirandola, Massa et di qualonque altro luoco et sorte di monete di bassa lega sotto pena in chi li spendesse della perdita di quelle e di altre tante di buona moneta (17 marzo 1557)33. A questa ne seguirono altre dello stesso tenore. E poichè, verso la fine di quel secolo, correvano in città molte monete tose e altre forestiere i cui valori si erano venuti via via alterando, si bandì il 26 d’agosto 1588 una grida che regolava i pesi e le valute delle monete di Bologna, Roma, Urbino, Firenze, Ferrara, Venezia, Mantova, Milano, Parma e Piacenza, Genova e Lucca, grida che per la sua importanza e perchè riassume le precedenti riportiamo per intero, tra i documenti, in appendice34.





Note

  1. Lettere dell’Ambasciatore al Senato, 24 maggio 1572.
  2. Lettere dell’Ambasciatore al Senato, 24 maggio 1572.
  3. Bonanni, Numismata Pontificum Romanorum, Romae 1699, t. I, pag. 341.
  4. P. Claudio de Molinet, Historia Summorum Pontificum a Martino V ad Innocentium XI per eorum numismata, Lutetiae 1679, pag. 97.
  5. Francesco G. Cavazza, Della statua di Gregorio XIII sopra la porta del palazzo pubblico di Bologna. Bologna, Azzoguidi, 1888, La statua fu fusa da Anchise Censori. Altri lavori del Menganti in Bologna sono la statua della Pietà nella Chiesa di S. Rocco, e il bronzo raffigurante Gregorio XIII nel Museo Civico. Manca tuttora una monografia su questo scultore della scuola romana.
  6. 18 Gennaio, 1573.          


        "Concessio officij cuneorum cecche Alexandre Minganti.

        Item cum per obitum Hieromini Faccioli qui in officina monetali civitatis Bononie vulgo cecca appellata vigore S. C.ti facti die 19 Febbruarij 1560 curam et officium fabricandi cuneos sive formulas monetales obtinebat, necesse sit de alio ad huiusmodi officium providere. Confisi de summa fide, probitate et experientia honesti et industrij Viri Alexandri Minganti ad hoc et maiora valde apti et idonei. Eidem Alexandre concesserunt (D. D. xl.ta) per suff. 27 curam et officium predictum fabricandi scilicet ac celandi et manutenendi cuneos sive formulas monetales impensis suis ad triennium presenti anno inchoato. Cum conditionibus, et obligationibus ad huiusmodi munus et officium spectantibus, et pertinentibus, ac solita mercede alias constituta videlicet librarum octoginta annuarum ipsi de pecuniis Cecche solvendarum, si et quandiu operam suam in huiusmodi officio prestiterit. Contrarijs omnibus amoti, et abrogatis.„ — Partiti, 23, c. 173, r. e v.°

    12 Agosto, 1577.          


        "Congregatis M.cis et Ill. D. D. xl.ta, ecc. infrascripta partita posita et obtenta fuerunt.

    Primo. Officium nuncupatum Cuneorum officine monetalis sive Cecche: quod alias per S. C. factum die 18 Januarij 1575 concesserunt egregio et honesto civi Bonon. Alexandre Minganti ad tempus et terminum trium annorum per totum presentem annum 1577 finiendorum. Eius in huiusmodi officio nedum peritiam, sed etiam fidem et diligentiam magis expertam et cognitam habentes et ei rem gratam facere cupientes; eidem Alexandre per suffr. 26 confirmarunt, et concesserunt illudmet officium, et curam fabricandi scilicet ac celandi et manutenendi cuneos, sive formulas monetales, suis impensis, quoad naturaliter vixerit, cum conditionibus, et obligationibus ad huiusmodi munus et officium spectantibus et pertinentibus; ac cum solita mercede alias constituta videlicet librarum octoginta annuarum ipsi de pecunijs ceche solvendarum contrariis 2.„ — Partiti, 25, c. 46, v. e 47, r.

  7. Partiti, 23, c. 133, 164, 179. 200; Partiti, 24, c. 36, 37, 52, 58, 59, 80, 99, 108, 124, 128, 140, 166, 192, 200.
  8. Partiti alle date, Dinersorum L. 8, c. 5, L. 9, c. 432 e 469 e doc. 14, sopra un progetto di battere Paoli.
  9. Assunteria di zecca. — Bandi.
  10. Lettere dell’Ambasciatore agli Assunti di zecca, 26 maggio 1574, (b.° 2).
  11. Ibid. 23 gennaio 1574.
  12. Ibid. 13 febbraio 1574.
  13. Ibid. 1.° sett. 1574 e segg.
  14. Ibid.
  15. Partiti, 24, c. 35 r. e V. e 25, c. 51, v.
  16. Istrumenti e scritture, 1578, 29 gennaio, 1583, 12 maggio.
  17. Istrumenti e scritture.
  18. Partiti, 25, c. 95, V.
  19. Partiti, 25, c. 14, 26, 74, 113, 141.
  20. Id.
  21. S. Muzzi, Annali, 1583.
  22. Partiti, 25, c. 72, r. " i8 Marzo 1585. — Solvi mandarunt de pecunij (sic) aerarj D. Alexandro Minganti per suffragio xxvij L. 70 pro mercede cuniorum per eundem fabricatorum causa adventus S.mi D. N. reponendorum in Cecca Bononiae. „
  23. Partiti, 25, c. 88, r. e v.
  24. id. 25, c. 112, v.
  25. id. 25, c. 116, r., con un bando ai mercanti di portar metallo in zecca, e 26, c. 55, v.
  26. Istrumenti e scritture, 10 luglio 1590.
  27. Partiti, 3 nov. 1590, e 19 luglio e 9 die. 1592.
  28. Lettere dell’Ambasciatore agli Assunti di Zecca.
  29. Istrumenti e scritture.
  30. Ibid.
  31. Assunteria di Zecca. Piani, discipline monetarie, ecc., b.a 12.
  32. V. doc. XVI.
  33. Assunteria di zecca. Bandi dal 1539 al 1771.
  34. V. doc. XV.