Le bourru bienfaisant/Nota storica

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Nota storica

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NOTA STORICA


Per le nozze del Delfino con Maria Antonietta (1770) i poeti cantarono a prova. Toccò la sua lira anche il Goldoni (Memorie, III, cap. XV), ma gli parve che tanto evento richiedesse qualche cosa di più, o meglio credette giunto il momento di realizzare un sogno accarezzato già da lungo. Intorno al 1768 s’era sciolto un ritrovo settimanale d’amici, a lui caro anche perchè gli "era utile di vivere con persone che sapevano perfettamente la loro lingua". "Ambivo già allora" dice "di fare qualche cosa in francese: volevo provare a quelli che non conoscevano l’italiano che tenevo un posto tra gli scrittori drammatici, e sentivo che bisognava superar la prova o non accingersi" (ibidem, cap. X). Il matrimonio del Delfino tradusse l’ambizioso piano in realtà. Le doti della futura regina - assicura il Goldoni - conquistarono re, sposo e famiglia, mentre la sua grande beneficenza le cattivò presto l’animo della folla. "Questa virtù - la beneficenza - che è divenuta a’ dì nostri la passione dominante dei Francesi pare aver eccitato l’emulazione nelle anime sensibili dietro l’esempio di questa augusta principessa" (ibid. III, c. XV). Tra le anime sensibili vinte da quella passione fu pure il Goldoni che alla novissima idea sacrificò in questa occasione la sua prima commedia francese. Chi più benefico di Geronte? Bontà temperata sì di molta ruvidezza perchè la virtù pura e semplice, se nella vita edifica, sulla scena addormenta. "Mi venne il pensiero di comporre una commedia francese ed ebbi l’audacia di destinarla al Théâtre francais" (ibid.). L’aveva incoraggiato qualche suo amico francese, il Favart forse, di tutti a lui il più affezionato? Audacia grande davvero, perchè era venuto a Parigi con "cognizioni confuse e superficiali della lingua". Appena le lezioni che impartiva a corte lo costrinsero a studiare il francese un po’ sul serio. "Fu solo per mettermi in grado di spiegare gli autori italiani che procurai di sapere un po’ meglio il francese" dice egli nella dedica del Burbero alla sua allieva Maria Adelaide di Francia. Né gli sforzi del più che sessagenario scrittore furono vani. Concepì e scrisse la commedia in una forma, a cui gli stessi francesi non negano la lode (vedi più innanzi). "Ma non ebbi il coraggio d’esporla" - narra col consueto candore - " senza consultare persone che potevano insegnarmi e correggermi’ (Memorie, P. III, c. XVI). Egli si fece dunque "ricorreggere il suo francese da qualche valente e discreto amico", annota il Mazzoni (Mémoires, 1907, II, p. 447). Di che entità sia stata quest’opera di revisione è cosa che si sottrae all’indiscreta curiosità di postumi indagatori. Non si sa quando esattamente abbia avuto principio né quanto durò la composizione. Il primo accenno al Burbero è in queste parole d’una lettera, in data 16 marzo 1771, mandata dal Goldoni al Voltaire col tramite di Giuseppe Beltramelli di Bergamo (cfr. A. Fiammazzo. Due lettere inedite di Carlo Goldoni, Biblioteca delle scuole italiane, 1 ottobre 1898): "J’ai une grande nouvelle à vous donner, Monsieur et cher Ami. [p. 278 modifica] J’ai fait une Comédie Francoise en trois actes; elle a été reçue d’une voix unanime et par des buletins le plus gracieux et le plus flateurs du monde. En voici le titre: Le Bourru bienfaisant. Ce n’est pas comme vous voyez une pièce a la mode, cependant elle n’a pas choqué les oreilles de ceux qui se sont declarés pour la Comédie larmoyante et terrible. Oui, Monsieur et cher Ami, je me suis servi de ce même pinceau, que vous m’aves attribué, et que Molière et vous m’aves montré à manier. Vous trouverés même dans une de vos pièces une esquise de mon caractere principal. Ce qui m’a donne plus de peine surtout pour la première fois, a eté le stil. J’ai consulte quelques uns de mes amis, et on me flatte, que mon Francois peut passer. Si je pouvois consulter l’oracle de la France, je serois bien plus tranquille. Je tacherai de vous l'envoyer avant que de l’exposer au publique. Le tour de role m’impatiente: mais Monsieur le Duc de Duras en paroit content, et on me flatte, quelle purroit etre jouée à Fontainebleau. Avoués que ce sera un phenomène singulier". Il Duras [Emanuele de Durfort] era primo gentiluomo della Camera del Re dal 1757. Agli attori, aggiungono le Memorie, la commedia era piaciuta fin dalla prima lettura.

Ma prima di vederla in scena l’autore dovette frenare la sua impazienza altri otto mesi. Intanto, felice di saper accolto il suo lavoro dal primo teatro di Francia, egli faceva del Burbero l'argomento più caro de’ suoi discorsi e volentieri ne dava lettura per godere in anticipazione qualche porzione di successo. Era tornato a Parigi nel 1770 Jean-Jacques Rousseau, ed era grande in tutti il desiderio di avvicinare il filosofo misantropo. Non meno curioso degli altri il nostro Goldoni che però questa volta al difetto della curiosità da lui esposto con tanta arguzia alla berlina del palcoscenico cambia nome. "Sarei stato ben contento" scrive "di far vedere la mia commedia a un uomo che conosceva così bene la lingua e la letteratura francese" {Mem., P. II, cap. XVI). A dire il vero non mancava a Parigi gente che conoscesse bene la lingua e la letteratura francese. Ma Goldoni chiese un colloquio al Rousseau e fu accolto con modi franchi e amichevoli. Ecco quanto del loro dialogo riguarda la commedia:

"Ho composto una commedia francese... — Avete composto una commedia francese? — risponde egli con aria stupita — e che cosa volete farne? — Farla eseguire. — Dove? — Alla Comédie Francaise. — Voi m’avete rimproverato che perdevo il tempo [a copiar musica]; ma siete voi che lo fate senza frutto alcuno- — La mia commedia è accettata. — E possibile? Non me ne stupisco; i comici non hanno senso comune. Accettano e rifiutano a casaccio. È accettata, può essere; ma non la reciteranno, e se la recitano, peggio per voi! — Come mai potete giudicare una commedia che non conoscete? — Conosco il gusto degl’Italiani e quello dei Francesi, ci corre troppo! e con vostra buona pace non si comincia alla vostra età a scrivere e a comporre in altra lingua. — Le vostre considerazioni sono giuste, signore, ma le difficoltà si possono superare. Ho mostrato l’opera mia a intelligenti, a intenditori, e ne sembrano contenti. — Vi lusingano, v’ingannano, voi ne sarete vittima. Fatemi vedere la vostra commedia; io sono franco, sono sincero, vi dirò la verità". Ma il Goldoni temendo che il Rousseau potesse credersi satireggiato nella commedia, rinunciò alla "verità" quale fosse per essere. La [p. 279 modifica] scena col Rousseau che è uno degli episodi più argutamente drammatici delle Memorie, fu con poco felici aggiunte diluita da C. Antona Traversi in una sua commediola: C. G. chez J.J. Rousseau (L’Italie et la France, febb. 1907). Tre settimane innanzi la recita la marchesa du Deffand invitò il Goldoni a leggere la commedia nel suo salotto. L’autore, accompagnato da Domenico Caracciolo, ambasciatore del re di Napoli, s’affrettò a contentarla. Di questa lettura la marchesa scrisse il giorno dopo a Horace Walpole: "Il [Caracciolo] m’amena hier Goldoni pour me lire une comédie qu’on appelle Le Bourru bienfaisant; on m’en avait dit tant de bien que je desirais de l’entendre. Je fus bien attrappée, c’est la pièce la plus froide, la plus piate qui ait paru de nos jours". Le Memorieignorano questo piccolo disastro. Il Carrera credette di scorgerne la ragione nel fatto che il Goldoni doveva esser pessimo lettore delle cose sue. (C. G. quale attore e lettore dei suoi componimenti- Centenario in onore di C. G.Roma, 1 893). Ma fu proprio lui a leggere? Per gran ventura né la fredda accoglienza nel salotto della du Deffand né i foschi pronostici del Rousseau furono di cattivo augurio, e per il "phenomène singulier " v’era in generale un’attesa benevola. "On nous fait espèrer", scriveva la Correspondance del Grimm, "d’y voir incessament répresenter une pièce... intitulée: Le b. b. Elle est attendue avec impatience" (cfr. Masi, Scelta ecc., voi. II, p. 571) — annuncio che per essere apparso nel novembre 1771 dovette coincidere con la prima rappresentazione seguita a Parigi il 4 di quel mese. Il giorno dopo la commedia si diede a Fontainebleau. Delle lietissime accoglienze fatte all’opera sua e del suo stato d’animo durante la prima recita il Goldoni fece questo delizioso quadretto; "Io m’ero nascosto, come avevo sempre fatto in Italia, dietro la tela che chiude la decorazione; non vedevo niente, ma sentivo i miei comici e gli applausi del pubblico; passeggiavo in lungo e in largo affrettando il passo durante le situazioni vivaci, rallentando durante i momenti d’interesse, di passione, contento dei miei attori e facendo eco agli applausi del pubblico. Finita la commedia sento applausi e grida che non finivano più. Giunge il signor D’Auberval [Stefano Domenico D’Auberval, attore della Comédie dal 1760], era lui che doveva condurmi a Fontainebleau. Credo che mi cerchi per farmi partire: niente affatto; venite, mi dice, dovete mostrarvi. — Mostrarmi! A chi? — Al pubblico che vi vuole. — No, amico mio, via via subito, io non potrei sostenere.... — Ma ecco Le Kain [Enrico Luigi Cain, 1729-1778, il miglior tragico della Comédie nel 700] e Brizard [Giovan Battista Britard detto Brizard] che mi prendono per le braccia e mi trascinano alla ribalta. Avevo visto degli attori sostenere con coraggio simile cerimonia; io non vi ero abituato; in Italia non si chiamano i poeti sulla scena per complimentarli, non arrivavo a capire come un uomo potesse dire tacitamente agli spettatori: eccomi qua, signori, applauditemi. Dopo aver sostenuto per qualche secondo la posizione per me più strana e più imbarazzante, rientro finalmente, attraverso il vestibolo per andare alla carrozza che mi aspettava; incontro tanta gente che veniva in cerca di me; non riconosco nessuno e scendo con la mia guida; monto in carrozza dov’erano già mia moglie e mio nipote; il buon esito della mia commedia li faceva pianger di gioia e la storia della mia comparsa sulla scena li facea morir dalle risa" (Memorie, III, cap, XVI). [p. 280 modifica]

A corte il giorno dopo il successo si conferma. Se anche vietati gli applausi, l’atteggiamento degli spettatori mostrò il loro compiacimento. Solo alla seconda recita a Parigi vi fu un po’ di malumore in platea (posti in piedi) per partito preso: invidiosi che la sera prima s’erano lasciati sorprendere non prevedendo la buona fortuna del lavoro. Ma fu una nube passeggera. Le recite andarono "sempre meglio fino alla dodicesima". Infatti dal diligente specchietto di Achille Neri Aneddoti contemporanei intorno al B. b. Biblioteca delle scuole classiche italiane, 1893), qui riprodotto, risulta che l’introito della dodicesima fu quasi pari a quello della prima:

1 recita Lunedì 4 novembre 1771 con Les Plaideurs di Racine L. 2952
2 » Mercoledì 6 »» con La Nanine di Voltaire L. 2189
3 » Sabato 9 »» con Le Distrait di Regnard L. 2446
4 » Lunedì 11 »» con Cristin Médécin di Hauteroche L. 2275
5 » Mercoledì 13 »» con La sourprise de l'amour di Marivaux L. 1571
6 » Sabato 16 »» con Le joueur de Regnard L. 2525
7 » Lunedì 18 »» con Le Philosofe Marié di Destouche L. 1847
8 » Mercoledì 20 »» con Le Sage Étourdy di De Boissy L. 1459
9 » Sabato 23 »» con Le glorieux di Destouche L. 2083
10 » Lunedì 25 »» con Amphitrion di Molière L. 1296
11 » Mercoledì27 »» con Le Philosophe sans le Savoir di Sedaine L. 1586
12 » Sabato 30 »» con la stessa L. 2853
13 » Lunedì 2 dicembre 1771 Les Amazones modernes di Le Grand L. 1278

Della memorabile prima recita diamo non il programma che la Comédie non conserva, ma quanto risulta dai Registri del suo Archivio:

1771 — Lundi 4 novembre

LE BOURRU BIENFAISANT

Comédie en trois actes de M. Goldoni. — Ire répresentation.

M.r Géronte M.rs Preville
M. Delancour Molé
Dorval Bellecourt
Valère Monvel
Picard Feulié
Un laquais de M. Dalancour    Marchand
M.e Dalancour M.es Préville
Angélique Doligny
Marton Bellecour

Tutti gli esecutori, salvo il Monvel, sono ricordati con onore nei Mémoires. Primo Pierre-Louis Dubus-Préville (1721-1799), dal Goldoni già dov’è parola della Comédie qual era al suo arrivo a Parigi messo a pari del Garrick e del Sacchi (P. III, cap. IV). " Il n’est pas possible de rendre le role du B. b. avec plus de verité que M. Préville l’a rendu. Cet acteur inimitable, foncièrement gai, d’une phisionomie riante, sut si bien surmonter la contrainte de son naturel et l’habitude de son jeu, qu’on voyoit dans ses regards et dans ses mouvements l’âpreté du caractère et la bonté du coeur du Protagoniste". (ibid. cap. XV). Jean Jacques Olivier, il maggior biografo del Préville, nota che le speciali attitudini sue a comporre e modellare un personaggio spiegava meglio che mai nel creare una parte novissima qualunque fosse l’età, [p. 281 modifica]il carattere, la condizione. "Son Géronte du Bourru bienfaisant n'est pas moins exact [di M. Pince nel Tambour nocturne del Destouches]. Il s'y montre brusque sans dureté, emporté sans colère, indulgent et grondeur. Ses mines, ses regards, ses gestes trahissent à la fois un témpérament rude et de la sensibilité. Il est l'homme même qu’a rêvé Goldoni". (P. L. Dubus-Préville, Paris. 1913, pag. 56) Madame Prévìlle [Madeleine Drouin, 1731-1794] fu la Dalancour, parte di scarso rilievo e pur difficile, "mais il n’y avait rien de difficile pour une actrice de son mérite" assicura il Goldoni. Nessuno dei suoi interpreti restò legato all’autore da si forte amicizia quanto il Molé [Francois René Molet, 1734-1802], nella commedia e nel dramma uno degli attori francesi più rinomati del 700. Bell’uomo e signorilmente elegante fu uno spezzacuori temuto dai mariti, ed è tra le sue vittime pure il compagno suo Preville. Nel B. b. tenne dapprima per compiacenza la parte di Dalancour, benché inferiore al suo merito, avverte il Goldoni; poi fu un Dorval eccellente, e più tardi ancora, dal 1787, Géronte. Di Molé-Dorval il Goldoni scrive: "J’étois tout étonné de le voir prendre le ton, le geste, le sang froid d’un personnage aussi opposé à son naturel et à son goût; voilà l’homme, voilà le bon comédien". (Mem. ibid.). Al contrario del Molé, il Bellecour [Jean-Claude Colson di Bellecour, 1725-1778], primo Dorval, trovò nella parte un altro sé stesso e creò un contrasto mirabile con la vivacità di Géronte. Della Doligny [Louise Berton-Maisonneuve dite D’Oligny, n. nel 1 746] dicono i Mémoires: "On ne pouvait rendre avec plus de vérité et plus de graces la jeune amoureuse decente et timide". La parte richiedeva però un’attrice giovanissima. Elogia il Goldoni ancora la Bellecour [1730-1799], la quale "avec son enjoument naturel et la finesse de son jeu donna tout l’agrément possibile au rôle de la Gouvernante", il Feuilli [Louis Feulie, 1736-1774], "qui fit si bien valoir le petit rôle de Valet" e ignora il Monvel [Jacques Boutet dit M.J (Valère) con ogni probabilità per la poca onesta sua vita che gli valse l’esilio a Stoccolma dal 1781 al 1786 e certo non perché, come immagina il Malamani (Nuove curiosità goldoniane, Venezia, 1887 p. 141), avesse recitato male la sua parte, di che nulla sappiamo; né il Goldoni intendeva lesinare le lodi ai suoi attori.

" Il mio Burbero benefico non poteva essere più avventurato di quel che fu. Avevo avuto la fortuna di trovare nella natura un carattere nuovo per il teatro, un carattere che s’incontra dappertutto e che pure era sfuggito all’attenzione degli autori antichi e moderni. Essi credettero forse che un uomo brusco, essendo incomodo alla società, sarebbe disgustoso in scena: guardandolo da questo lato, fecero bene a non impiegarlo nelle loro opere. Me ne sarei guardato io stesso, se qualcos’altro non m’avesse fatto sperare di trarne partito..." (Mém., P. III, e. XVI). Dimentica il Goldoni Le grondeur del Brueys (recitato nel 1691), "le plus bourru de tous les hommes" "bon pére", "bon maître", "bon voisin", a cui l'estrema irascibilità aliena l’animo di tutti. Ma la scena ove Picard incalzato dall’impetuoso padrone cade e si fa male, potè forse aver origine da queste battute del Grondeur:

M. Grichard (al servitore che non gli apre abbastanza presto): Bourreau, me feras tu toujours frapper deux heures à la porte? [p. 282 modifica] [p. 283 modifica] L’intonazione è così perfettamente diversa che l’originalità n’è incontestabile. Ciascuna delle due commedie vive una vita propria e tanto erra Carlo Gozzi a scorgere nella Casa novail materiale greggio donde balza fuori un giorno "la buona commedia", (Opère, Venezia, 1782, I, p. 61) quanto Vernon Lee che nel Burberotrova solo un insipido adattamento francese della commedia (Il 700 in Italia, Milano 1882, II, p. 286).

La commedia apparve in istampa subito dopo la recita (l'Approbation è del 3 novembre 1771) con dedica a Maria Adelaide di Francia, l’illustre allieva del Goldoni: non atto d’interessata cortigianeria, ma di riconoscenza sentita, che a parte gli indugi messi nel compensare le sue fatiche nella misura che a lui pareva giusta, il Goldoni non poteva mostrarsi scontento del trattamento fattogli dalla corte durante il suo impiego (1765-1780) e fino alla rivoluzione. Ebbe conveniente stipendio, rimunerazioni, regali, pensioni e in ogni tempo forti aderenze, delle quali si valse per provvedere anche al nipote. Della dedica l’ab. G. A. Taruffì (in lettera Il gennaio 1772 all’Albergati) giudica aspramente le parole "oui, j’appelle mon premier ouvrage celui que j’ai l’honneur de présenter a Madame, car son succès en France me fait oublier tous ceux que j’ai fait en Italie". "Je viens de lire le B. b." - scrive " c’est une pièce très-bien écrite et très-digne du succès, dont elle a été couronnée à Paris. Le style en est vif et rapide tel qu’il le faut à un parterre françois, les caractères bien soutenus, les situations intéressantes, en un mot c’est du bon comique. Ma je n’aime point que M.r Goldoni se soit ravalé jusqu’à dire, qu’il renonce à tous les lauriers qu’il a cueillis en Italie dans les temps passés; c’est faire sa cour aux dépens de notre nation, et j’ose dire aux dépens de la verité et de la conscience qu’il faut toujours respecter. Les Francois nous donneront ici [a Vienna] bientôt cette nouvelle pièce, je ne doute point qu’elle reussisse au mieux" (Carteggi Albergati. Spogli di G. Ortolani). Potrà parere adulazione, ma il Goldoni che scrive sotto la viva impressione del successo d’una sua commedia francese sul primo teatro d’Europa ci sembra qui intimamente sincero.

I critici parigini, ad eccezione del Collé, decisamente ostile, e del Bachaumont, cortese ma poco benevolo, lodarono la commedia. E messa da tutti in rilievo l’insolita circostanza d’uno straniero che arriva a farsi applaudire scrivendo in lingua non sua. Così la Correspondance del Grimm (édit. Tourneux, tomo IX, pag. 389, novembre 1771): "C’est en effet un événement assez intéressant et peut-être unique dans l’histoire des théâtres, que de voir un étranger donner sur un théâtre étranger une pièce bien écrite, dans une langue qui n’est pas la sienne, e qu’il était loin de parler correctement il n’y a pas encore cinq ans". Basterebbe questo a disporre in suo favore, ma la commedia ha pregi reali, se anche non priva di difetti. E fortemente concepita ma debolmente eseguita. Il burbero "trop également fort et sans nuances". Semplice invece, naturale, sostenuto e bene sciolto l’intreccio. Avverte il critico nell’autore "l’homme plus habitué à faire des canevas qu’à détailler des pièces", prova evidente che del Goldoni conosceva solo il lavoro compiuto a Parigi. E s’ostinava a insegnargli il mestiere. Si poteva introdurre — aggiunge — un personaggio amico di tutta la famiglia, ma staccatosene perchè il carattere di Geronte incompatibile col suo. Costretto dal bisogno sta per [p. 284 modifica] ricorrere più di una volta all’amico, ma temendone qualche iroso rabbuffo si ritrae sempre prima di chiedere. Finalmente eccolo a fronte del temuto amico che l'accoglie male, ma poi si dimostra disposto ad aiutarlo e l’altro allora rifiuta. Così il burbero impara che il benefizio vale non solo per sè ma per il modo onde è fatto.

L’accenno a un Goldoni compositore di scenari e più l’intimo accordo tra l’idea di un personaggio nuovo e quel che sul Burbero si legge in Jacques le fataliste confortano a scorgere nell’anonimo estensore dell’articolo lo stesso Diderot. Il quale, in quel suo romanzo, detto d’un ruvido creditore che s’intenerisce alle lagrime del debitore fino a offerirgli egli stesso un soccorso che l’altro respinge, aggiunge ch’egli nel B. b. del Goldoni avrebbe introdotto un personaggio del tutto simile. "On aurait vu le Bourru bienfalsant aux pieds de cet homme; on aurait entendu le Bourru bienfaisant gourmandé comme il le méritait; il aurait été force de s’adresser à toute la famille qui l’aurait environné, pour fléchir son débiteur et le contraindre à accepter de nouveaux secours. Le Bourru bienfaisant aurait été puni, il aurait promis de se corriger mais dans le moment même il serait revenu à son caractère, en l'impatientant contre les personnages en scène, qui se seraient fait des politesses pour rentrer dans la maison: il aurait dit brusquement: Que le diable emporte les cérém... Mais il se serait arrété court au milieu du mot, et, d’un ton radouci il aurait dit à ses nièces: Allons, mes niéces, donnez-moi la main - et passons. - Et pour que ce personnage eut été lié au fond, vous en auriez fait un protégé du neveu de Géronte? - Fort bien! - Et ç’aurait été à la prière du neveu que l’oncle aurait prète son argent? - A merveille! - Et ce prét aurait été un grief de l’oncle contre son neveu? - C’est cela même. Et le dénoûment de cette pièce agréable n’aurait pas été une répétitlon generale, avec toute la famille en corps, de ce qu'il a fait auparavant avec chacun d’eux en particulier? - Vous avez raison. Et si je recontre jamais M. Goldoni, je lui reciterai la scène de l’auberge. Et vous ferez bien, il est plus habile homme qu’il ne faut pour en tirer bon parti". (Jacques le fataliste et son maître par Diderot. Paris, an cinquième de la République, I, p. 226-229; cfr. ancora Achille Neri Aneddoti contemporanei intorno al B- b. - Bibl. d. scuole classiche italiane. Nuova serie, Anno VI, 1893 e Pietro Toldo: Diderot e il B. b. Ateneo Veneto, 1907, gennaio- febbraio). Elias Fréron fa merito al Goldoni d’aver trovato un carattere nuovo tra quelli che a primo aspetto non sembrano comici, ma tali divengono per l'arte dello scrittore, il quale sa trovare i confronti, le circostanze, le situazioni onde hanno vita e rilievo. "Aggiungete infatti" - dice - "alla ruvidezza l’umanità e la bontà e avrete una parte veramente comica, così da interessare e nello stesso tempo divertire gli spettatori ormai stanchi del gergo metafisico e dei gemiti romantici". Loda il dialogo naturalissimo e gli sembra addirittura miracolo che il G. abbia in pochi anni imparato così bene il francese da scriverlo con tanta naturalezza e facilità e comporre una commedia" da onorarsene i nostri migliori scrittori". Da ultimo non lascia di riaprire al Diderot la dolorante piaga del suo famoso plagio. "C’est pourtant " - dice - "ce même homme de mérite qu’un de nos grands philosophes a traité de farceur, après lui avoir dérobé une de ses meilleures pièces et donne la copie qu’il en [p. 285 modifica] avait faite comme un originai de sa façon". (L’année liltéraire, articolo citato da A. Neri). Lodano il Mercure de France e il Journal encyclopédique, e quest’ultimo aggiunge: " C’est le premier ouvrage francais qu'il donne, et sans doute il continuerà de faire passer sur notre théâtre une partie de richesses qu’il a étalées dans les pièces qu’il a données en Italie ". Infatti più d’uno credette a Parigi - e non lo tacciono le Memorie- che il Burbero fosse arbusto italico trapiantato alla meglio in terra di Francia. Ma al Journal encyclopédique il Burbero parve "une pièce bien supérieure à toutes celles qui composent son volumineux théâtre" e il Goldoni vi mostrò "un talent assez vrai pour qu’on ne puisse pas douter que s’il fût venu en France beaucoup plutôt, il n’eut laissé plus de preuves du goût naturel qu'il avoit pour l'art dramatique". Goldoni nostro invece, male ispirato, volle nascer a Venezia e temprare tra ponti e canali il suo "gusto" per il teatro!... Conoscendo della copiosa produzione del Goldoni il solo Burbero, come succedeva a quasi tutti i critici francesi, era agevole proclamare quello il suo capolavoro. Così fanno le Annales dramatiques (Voi. I, pag. 98) che lodano tutto e scusano le "situations attendrissantes" perchè derivano "dal carattere altamente comico del Burbero". Torna a batter il chiodo della commedia-scenario il Bachaumont (Mémoiressecrets, Londres, 1780, alla data 9 novembre 1771): "plutôt un canevas qu’un ouvrage fini". Le situazioni gli paiono solo accennate, di scarso rilievo il carattere principale, i personaggi tutti troppo virtuosi, il dialogo naturalissimo, ma (e questa pare la osservazione più utile della sua critica) "le ton trop élevé sur lequel sont montés nos comiques modernes a fait paraitre celui-ci trivial et plat à quantité d’amateurs". Una critica assai benevola di Jean Gaspar Fontanelle, riportata da Domenico Caminer nell’europa letteraria del 1772 (luglio, p. 80) nota come il G. a Parigi di fronte a un pubblico "che sembra riponga il suo unico piacere nell’intenerirsi", conobbe che conveniva cedere al torrente e porre il coturno a Talia, ma lo fece leggermente, formò un piano che si avvicina al buon comico e che lascia luogo alla sensibilità e alla tenerezza". Discorde dalle critiche ammirative o pur solo benevole è Charles Collé, commediografo poco avventurato e censore tanto più acre. "Il B. b. è una cattiva commedia e quel che è peggio molto noiosa", dice. Non nuovo il carattere del protagonista, ma d’una grossolanità intollerabile. E un facchino a cui si mettono in bocca propositi che non s’accordano con le sue maniere. Nulla di nuovo o di comico nelle situazioni. Se un autore francese avesse presentato una simile droga, sarebbe stato fischiato! Solo l’arte del Préville risparmiò al lavoro tal sorte. “L’étrangeromanie dont nous sommes possédés actuellement (!) a bien servi a M. Goldoni. Cet auteur italien n’est pas aussi merveilleux que ses prôneurs nous l'ont annoncé" (Collé, Journal, 1771). Benefico antidoto a una critica dettata evidentemente solo da malanimo potevano essere queste parole del Volt, al D’Argental: "Je n’ai point reçu le bon Bourru du bon Goldoni. Je l’ai acheté. Cette comédie m’a paru infìniment agréable. C’est une epoque dans la littérature francaise qu’une comédie du bon ton faite par un étranger " (lett. al d’Argental, del 16 marzo 1772): "come certo furono queste dello stesso Volt. a lui: Un vieux malade de soixante-dix-huit ans, presque aveugle, vient de recevoir par Genève le charmant phénomène d’une comédie francaise très gaie, très purement écrite, [p. 286 modifica] très morale, coraposée par un Italien. Cet Italien est fait pour donner dans tous le pays des modèles du bon goût. Le vieux malade avait déjà lu cet agréable ouvrage. Il remercie l’auteur avec la plus grande sensibilité...." (lett., del 4 aprile 1772, al Gold, in riscontro alla lettera già cit.).

Se il Fréron non aveva saputo finire il suo articolo sulla commedia goldoniana senza una vigorosa zampata al Diderot, il Palissot, altro nemico degli enciclopedisti e in ottimi rapporti col Goldoni, chiude il suo con una botta al Voltaire. Detto che Geronte deriva dal Freeport della Scozzese (vedi sopra) aggiunge: "Mais la conduite de sa pièce, la verité des situations, celle du dialogue, enfin les détails sont à lui; et ce que n’a jamais fait Voltaire, quoiqu'il l’ait tenté plusieurs fois, non seulement Goldoni a fait une bonne comédie, mais ce qui est plus remarquable encore, une comédie purement écrite dans une langue qui n’était pas la sienne" (Oeuvres complètes de M. Palissot. Paris, 1809, voi. IV. p. 348-350).

L’ottima analisi del Burbero che accompagna la ristampa della commedia nel Répertoire du théâtre francais del Petitot (1818, Comédies, vol. XVII, p. 459-461) ne mette in valore - come a rari critici accadde - uno de’ particolari più felici: "Le petit épisode du projet de mariage d’Angélique avec Dorval est heureusement inventé; il donne lieux a la scène charmante ou cette demoiselle demande avec tant de modestie et de finesse le nom du jeune homme. Le rôle d’Angelique est un des plus agréables qui existent au théâtre, il étoit impossible de mieux peindre la naiveté, la reserve et l'innocente adresse d’une demoiselle bien élevée". Gli sembrano venute meglio le parti serie che le comiche, ma "tout est naturel et vrai dans le B. b.; la sensibilité et la gaieté y sont doucement excitées; et cette pièce, quoique d’un rang inférieur à nos chefs-d’oeuvres est un des ouvrages les plus agréables du répertoire du théâtre francois". Notevole anche per un accenno alle relazioni culturali tra i due paesi questo giudizio di Eugenio Scribe (Saggio che precede il théâtre d’A. Nota et du comte Giraud, Paris, 1839, I, p. 37): "Voilà donc ces deux nationalités si longtemps separées, si longtemps opposées l'une à l’autre, qui se trouvent enfin réconciliées et réunies, et formant, pour ainsi dire, alliance dans un seul homme, dans l’auteur du Bourru bienfaisant! Goldoni avait voulu débuter, dans la patrie de Molière, par une comédie de caractère; et sans être un ouvrage de premier ordre, on ne peut nier cependant que cette pièce ne meritât, à plusieurs égards, l’accueil honorable, qu’elle reçut d’une nation qui dispensait alors la renommée! Celle de Goldoni s’en accrut et brilla d’un nouvel éclat aux yeux de ses compatriotes, qui, dès ce moment, abandonnèrent pour jamais les fables de Carlo Gozzi....". Per tutto l'800 in volumi e articoli francesi di storia e critica teatrale Geronte segue il suo creatore come l’ombra il sole. L’Etienne {Histoire de la litt. italienne, 1875, pag. 541) considera il Burbero una delle più belle commedie goldoniane e ammira la duttilità onde l’ingegno dell’autore si piega alle esigenze di un pubblico straniero. A un giudizio del Sarcey che in una "brillante" conferenza d’introduzione al Molière goldoniano, dato all’Odéon (16 dicembre 1897), ricorda B. b. di passata, giova applicare l’oraziano desinit in piscem... " Il B. b.. ebbe un successo enorme: anzitutto era una [p. 287 modifica] commedia assai ben fatta; poi una commedia come piacevano nel sec. XVIII, una commedia di situazioni, dove non ci sono quasi punto dialoghi (!) ne poesia (!!)... E un seguito di situazioni molto commoventi; non c'è che persone sensibili che s’abbracciano tutti alla fine e s’inondano di lagrime a vicenda " (Sarcey, Le Molière de Goldonì. Revue des cours et conférences, 1897-1898, p. 379). Della lode iniziale, come si vede, non resta nulla, ma al Sarcey premeva di far ridere il suo uditorio. A Philippe Monnier - che non sente affatto il Goldoni - tutte le sue commedie sembrano null’altro che scenari, anche il Burbero benché " scritto a mente riposata in francese e per francesi" (Venise au XVIII siecle, Paris, 1907, p. 252)! Poco tenero della commedia si mostra anche C. Verrier (G. et la réforme du théâtre italien. La grande revue, 25 febb. 1908) che nelle liete accoglienze vede la ricompensa dovuta all’onesto tentativo d’uno scrittore straniero. Più originale di Geronte gli sembra Dorval "uomo enigmatico" (G. et la réforme du théâtre italien. La grande reoue, 25 febbr. 1 908). Ma nessuno prima del Verrier aveva pensato a cercar enimmi nel teatro goldoniano.

Quasi consacrazione di cittadinanza francese in quella letteratura è l’accenno che Henri Leon fa al Burbero "dell’italiano Goldoni, una delle poche commedie della seconda metà del 700 francese che non rinunciano alle qualità peculiari alla commedia - far ridere e unire gaiezza e commozione" {Petit de Julleville, Hist. de la langue et de la littérature francaise, 1898, voi. VI, p. 622-623). E le parole di Victorien Sardou nel bicentenario della nascita, suggerite da cortesia d’occasione, rispondono in fondo a verità: "G. non solo meritò d’essere chiamato il Molière italiano. Il suo B. b. permette a noi, autori francesi, di rivendicarlo come uno dei nostri, e di salutare in lui un glorioso antenato" (Pel II centenario della nascita di C. G. Milano, 1907, p. 42). Un altro francese, il Mignon, dice che se anche poco aggiunse alla sua fama il soggiorno del Goldoni a Parigi, pure egli vi scrisse due capolavori, il B. b. e le Memorie (Études de littérature italienne. Paris, 1912, p. 141). E della fortuna della commedia Henri Hauvette cerca le ragioni nella gaiezza, nella spontaneità e semplicità di quel felice temperamento d’artista" (Littérature italienne, 1906, p. 336).

Nel volume del maggiore studioso ch’ebbe il G. in Francia - Charles Rabany - manca un’analisi critica del Burbero, ma è detto "il capolavoro del suo autore nella commedia di carattere" e messo senza forse al di sopra dei Rusteghi (pag. 119). Non sempre come il Molière, ma una volta tanto il Goldoni aveva scoperto "un filone originale nella miniera d’osservazione che offrono i caratteri umani" (pag. 240). Don Marzio, Mirandolina, Lunardo, dove restano? si potrà chiedergli. Ma il Rabany conclude facendo suo "senza troppe difficoltà" [e noi gli crediamo] il giudizio di Carlo Gozzi: "È deplorevole che Goldoni sia venuto così tardi in Francia, con le attitudini sue..." ecc. ecc. (pag. 295). Il resto s’indovina. Al Rabany e a quanti francesi vedono nel Burbero "il capolavoro" risponde il nostro Toldo: "Ma sì, senza dubbio; se è là ciò che la musa comica gli ha ispirato di meglio, l'inferiorità del poeta italiano in paragone del suo antenato [Molière] è manifesta anche ai ciechi.... "Il Goldoni va giudicato in commedie, quali i Rusteghi, le Baruffe, la Locandiera. Geronte del B. b., che in Francia si [p. 288 modifica]considera come il capolavoro Goldoniano, è molto invecchiato a mio avviso. È un brav’uomo, d’un temperamento originariamente molto selvatico, che è stato ammaestrato perchè potesse presentarsi sulle tavole della Comédìe-Francaise. L’abituarono a portar guanti, a studiare il gesto, a non bestemmiare come Lunardo e Sior Todaro. Gli stranieri che del Goldoni volessero farsi un’idea giusta dietro la lettura del Burbero s’ingannerebbero a partito" (Toldo, L’oeuvre de Molière, ecc., Torino, 1910, pp. 374, 376).

Del trionfo del B. b. che segnò certo la più alta gioia nella vita artistica del Goldoni, egli volle mettere a parte senza indugio fautori e amici lontani: il Voltaire, il Metastasio, il De Llano, ministro di Parma. Il Metastasio gli rispose in data 30 dicembre 1771 con questo giudizio: "Il soggetto della commedia è ingegnosamente immaginato, ed eseguito poi con tale connessione e vivacità di scene, che non ammette mai il minimo ozio, e semper ad evenlum festinat. Le fisionomie de’ personaggi son tutte vere, grate e costanti; gli effetti naturali e sensibilissimi, benché espressi con piccioli e franchi tratti di pennello magistrale; il dialoghismo è seducente e felice a segno, che non trova l’invidia ove l’emende; e tutto ciò in un idioma straniero! Questo a mio credere, amico dilettissimo, è la prova più incontrastabile, che finora avete data della parzialità della natura nel produrre il raro vostro talento. Io me ne congratulo con voi..." (Tutte le opere di P. M. Firenze, 1832, p. 1035; per i rapporti del M. col G. vedi la Nota Storica al Terenzio, voi. XI), E questa, in ordine di tempo, la prima critica italiana, da noi conosciuta, della commedia. L’anno dopo volle dire la sua Carlo Gozzi:

"Questa commedia, che a me piace moltissimo, non mi piace già, perch’ella piace a Parigi; ella mi piace, perchè la trovo ottima. Le commedie, ch’egli ha scritte in Italia, possono dargli il merito di aver divertito la sua nazione; il B. b. può condurre il suo merito molto più oltre, ed io m’accordo colle parole sue, espresse nella dedicatoria di quell’opera: oui, j’appelle mon premier ouvrage celui que fai l’honneur de présenter à Madame. L’unità non mendicata o stiracchiata, l’intreccio semplice, tutto verità, i difetti umani posti in vista con decenza e delicatezza, i caratteri urbani puntualmente sostenuti, i dialoghi vivi, naturali e precisi formano le bellezze di quell’operetta. Il carattere del nipote del burbero e quel di sua moglie danno prova di un buon filosofo osservatore, ed è utilissimo lo specchio loro posto sopra un Teatro. I Dalancour e le Dalancour sono moltissimi, i quali per bontà di cuore, per ambizione e per il costume, senza gran colpa vanno insensibilmente grado grado precipitandosi.... Se lo studio e le osservazioni, fatte da questo scrittore sulla coltura de’ Teatri di Parigi, lo ridussero a scrivere una buona Commedia francese, ciò non è che una conferma della mia confessione espressa qui addietro, ch’egli sia un ingegno ben disposto a farsi nel comico genere dell’onore. Se il suo Bourru bienfaisant è figliuolo delle due Commedie Veneziane di questo autore. La casa nova ed il Todaro Brontolon, che abbiamo vedute, ciò prova ch’io non errai dicendo che le sue Commedie Italiane sono una gran raccolta di scene e di materiali che possono servire d’un utile manuale dizionario comico per i talenti colti e risvegliati; e se questa Commedia che non è Dramma flebile dalle nobili passioni, [p. 289 modifica] piaque sul Teatro di Parigi e non ebbe incontro tradotta sui nostri Teatri, ciò proverà l’altra mia proposizione infallibile, che il genio degli ascoltatori Francesi ne Teatri è differentissimo dal genio degl’Italiani, molto più robusto, e non suscettibile ad un’opera di Teatro d’una base leggiera" {Opere del co. C. Gozzi, Venezia, MDCCLXXII, voi. I, pag, 59-61). Le Memorie inutili ripetono il giudizio e la notizia dell’insuccesso in Italia: "Quel comico autore, salva la sua commedia composta a Parigi del Bourru bienfaisant, che servi bene al Teatro Francese e che tradotta in italiano non servi a nulla ne’ nostri Teatri, non fece nessuna opera scenica perfetta e non ne fece nessuna senza qualche buon tratto comico" (ediz. Laterza, 1910, I, p. 206).

La notizia delle prime fredde accoglienze al Burbero fra noi è confermata dal Basseggio. "E tanto veramente locale [questa commedia] che l’autore medesimo diceva di non saperla voltare in italiano. Infatti portata alle nostre scene non fu molto gradita, e così doveva essere" (Tipaldo, X, 283). Se mai, fu freddezza passeggera, e vi avrà contribuito non poco l’interpretazione. Lavoro di stile nuovo che richiedeva specie dal protagonista molto studio e arte fine. A buon conto questa circostanza serve al Gozzi a ripagarsi della lode che del resto nel suo bislacco ragionamento ribadiva la condanna di tutto l’altro teatro goldoniano.

Peggio ancora fece il Baretti nell’intento di contrabbilanciare l’elogio dato alla commedia: "Je conviens que le langage, le bon style et le bon sens sont heureusement réunis à la bonne morale dans Le bourru bienfaisant. Je me réjouissais bien sincèrement, en le lisant, de voir Goldoni si heureusement métamorphosé en écrivain élégant, honnête et raisonnable... Je le félicitais donc, en lisant sa pièce française, sur ce que la société de Paris l’avait si bien réformé en sa qualité d’auteur". Ma, disgraziatamente, l’anno 1776, Goldoni fornisce all’opera di Londra un libretto - Germondo - "un amas de betises insipides" e il Baretti si chiede allora come mai lo stesso autore possa essere ragionevole in una lingua non sua e sciocco nell’idioma materno". N’y auraii-il pas là dessous de la tricherie? N’en aurait-on pas imposé au public en donnant "Le bourru bienfaisant" à cet homme là? (Discours sur Shakespeare, ecc. 1777, pp. 287, 288 in Prefazioni e polemiche, Bari, Laterza, 1911). Questo non si chiama davvero "ritrattarsi riabilitando lo scrittore" come pare al Sanesi, il quale aggiunge ancora "palinodia più completa non si potrebbe desiderare". (Baretti e G., "Rass. Nazion. 1893, pp. 686, 687). E il Carrer esaltando il B. b. lo proclamò capolavoro tale da meritare "gli elogi più sfoggiati de’ più acerrimi nemici" (Saggi sulla vita e sulle opere di C. G., Venezia, 1825, III, 109), cioè del Gozzi e del Baretti ch’egli cita. Ognun vede che "elogi" fossero. Al Baretti tenne bordone Saverio Bettinelli, scrivendo all’Albergati (1 febbraio 1775): "Io sono convinto... che il B. b. né sia né possa essere tutto suo, poiché da questa all’altre sue commedie tutte quante è una distanza infinita" (E. Masi, La vita, i tempi, gli amici di F. Albergati pag. 273). Questo a quattr’occhi, ma nelle Lettere a Lesbia Cidonia sugli epigrammi (1787) esprime lo stesso dubbio: "Goldoni divenne Terenzio in Francia col suo B. b, dopo essere stato Plauto fino alla tarda età in Italia. Dico sua quella commedia, benché chi ’l conobbe d’appresso, non intende come sapendo egli poco l’idioma francese, e poco o nulla [p. 290 modifica] la fina commedia, possa avere tutto in un colpo trovato quello stile in tale età, al qual niun italiano anche pratico di quella lingua sino da giovane non giunse mai, e condotta quella commedia con sobrietà, regolarità, buon gusto, fuor dell’uso suo di tant’anni e di tante opere... " (Opere edite ed inedite-... Venezia, 1801, Tomo XXI, p. 281).

Dunque solo in mezzo alla raffinata civiltà francese, con una lingua più viva e più svelta che non il suo italiano, avendo agio e tempo a un lavoro pensato, Goldoni raggiunge la meta, prima solo intravvista - ecco il motivo che dal Journal encyclopédique e dal Gozzi in giù più critici intonano e appena nel Burbero benefico scorgono il capolavoro. Per gli stranieri passi. E troppo comodo fermarsi su questa commedia francese piuttosto che brancolare nel vastissimo pelago della produzione goldoniana nazionale. Meno s’intende che anche tra noi più d’una voce abbia fatto eco ai critici di fuori, l’Andres (Dell’origine e dei progressi, ecc. Ven., 1787, VII, 53), il Meneghezzi (Della vita e delle opere di C. G., Mil., 1827, p. 133), l’Ambrosoli (Zoncada, I fasti delle lettere in Italia. Prose, Mil., 1853, p. 451, 557), il Benedetti (Discorso intorno al teatro ital., Fir., 1816, p. 57). E anche in tempi a noi più vicini A. R. Levi (Nel regno del teatro, 1855, p. 235) e lo Zanella non seppero sottrarsi all’ingiusto preconcetto che solo snazionalizzandosi il Goldoni trova il suo genio. E lo Zanella scrisse: "non si può misurare l’altezza, a cui sarebbe salito questo mirabile ingegno, se nella sua giovinezza si fosse scontrato negli uomini che conobbe sul declinare della vita" (Storia d. lett. ital. della metà del 700, ecc. p. 52). Non dice chi fossero questi "uomini" che nel Goldoni maturo d’anni infusero "il genio"!..... Restando sempre in terra di Francia più d’uno studioso nostro pensò ad istituire un parallelo tra Geronte e Alceste per quella lontana affinità ch’è nella concezione iniziale della figura. Fanno così il Nocchi (Comm. scelte di C. G., Fir., 1856, p. XXII), il Guerzoni (Il teatro ital. nel sec. XVIII, p. 206, 220, 257) e il Galanti (C G. e Ven. nel sec. XVIII,. S2, p. 264). Ma un critico anonimo [F. Martini?] chiese al Galanti: "E egli proprio sicuro che il Burbero sia meritevole di stare accanto ai capilavori di Molière? Geronte accanto ad Alceste? Eh via!" (La domenica letteraria, 14 maggio 1882).

A spirito decisamente antigallico s’intona invece questa solenne stroncatura di Domenico Gavi (Della vita di C. G., ecc. Mil., 1826, p. 167) che gli valse parole severe dal Montani (Antologia, 1827, p. 104): "Apollo dia senno a chi non l’ha, se questa commedia approva. Ella mi sembra una continua azion muta, solo da alcune parole interrotta: smorfie, ira e furia per tutto; scritta per belli epigrammetti e punti interrogativi, con sospensione di parole e di voce, non sapendovi che altro dire; ne mai vena o discorso disteso, o union di pensieri; ogni cosa è slanciata qua e là, e scoppia siccome i razzi. Quel burbero è una bestia, non un benefico, sia pur di buon cuore; ma l’essere si irragionevole da non poterglisi parlare una volta con pace, quel subito gonfiarsi di bile, e non lasciar mai che alcuno gli favelli senza tremore, se propriamente non istudia alla sesta il tempo, il luogo, la voce, per me non reggo, e tollerare noi posso. Un atto solo de’ suoi Rusteghi soffoca tutta questa commedia, e quante nel medesimo stile ne avesse scritte. Ma io parlo di cosa non italiana: essa è francese, e stia e piaccia su quelle scene, ove se [p. 291 modifica] questa che vi è imitata è natura, confesserò che è diversa assai dalla nostra, la quale è molto più bella e semplice". Ma una nota attenua poi l’implacabile condanna scritta "nel bollore degli anni".

Non il capolavoro. Forse un capolavoro. Certo una cosa in sè perfetta, formalmente perfetta quanto una qualunque commedia veneziana del Nostro. Queste sì emanazioni dirette dalla vita: il Bourru frutto d’attento studio del teatro francese, del quale con prontezza geniale il Goldoni s’assimila intonazione e maniere. E la materia riflessa avvivano scintille del miglior estro goldoniano. Stupenda la scena tra Dorval e Angélìque. Chi la scrisse aveva varcato i 60! L’autore, fornito in patria il ciclo della sua produzione, si rinnova, come più tardi farà, pure a Parigi, il Rossini col Tell - ricorso giusto e simpatico, a cui pensò prima il Tommaseo (Il serio nel faceto, Firenze p. 118), e come ai giorni nostri fece l’ottantenne creatore d’un Falstaff! Miracoli del nostro saldo e vecchio ceppo italico!

Un nulla il soggetto: "uno zio che paga i debiti al nipote" sintetizzò Vincenzo Martini (Commedie, Firenze, 1876, p. XLV). Piano e naturale lo svolgimento della breve favola. Squisito equilibrio di atti e di scene e le figure distribuite tutte con arte mirabile nei loro diversi atteggiamenti di bontà intorno a quella che ha il maggior risalto. Serrato, conciso il dialogo di rapide battute. Commedia più breve mai non scrisse il Goldoni. I francesi la dissero schematica e vollero scorgervi la mano abituata ad abbozzare scenari. Ma no. Il dialogo della vera commedia goldoniana non è secco, ma pieno e verboso. Quanti di quei critici n’avevano letta una sola prima di conoscere il Burbero? Sapevano sì che a Parigi, con scarsa sua gloria, il Goldoni aveva ideato una ventina di scenari La forma rapida e snella era consigliata da scrupoli di non offendere lo spirito della lingua e forse anche da propositi d’economia in chi disponeva d’un modesto capitale. Elementi comici e patetici s’alternano e si fondono senza visibili connessure. La sensibilità com’era nell’atmosfera, così fu nella commedia coefficiente di fortuna. La passione dei Dalancour, la commozione generale dell’ultima scena, portano il lavoro al dramma borghese, mentre la lotta di Geronte con se stesso, con chi gli sta intorno per fargli fare ciò che non vorrebbe, l’episodio delizioso delle progettate nozze tra la giovinetta e l’uomo maturo, temperano la materia patetica di buona comicità. Il grande successo della commedia, disse qualche francese, era dovuto anche all’esotismo dell’autore. Va concesso. E aggiungiamo pure il favore della corte, le forti aderenze che la bontà e onestà sua gli avevano procacciato. Ma ragione più efficace di tutte resta il merito reale del lavoro. Era di uno straniero anche l’Avare fastueux. Non per questo si salvò.

Il Goldoni "scrisse per la nostra Comédie un lavoro del quale tutti conoscono almeno il titolo e che è tra i suoi migliori: il Burbero benefico, " scrive Jean Dornis (Le théâtre italien contemporain, p. 9). E il Rabany: "Il Burbero benefico è rimasto alla scena, o almeno il suo titolo ch’ebbe la ventura di diventare proverbiale. E questo è certo qualchecosa" (op. cit., p. 240). Sì, è giusto rilevare la grande fortuna di questo titolo, composto di voci alliteranti e di concetti antitetici. Il primo dei quali non definisce con precisione Geronte - più che burbero - collerico. A ragione i primi traduttori [p. 292 modifica] nostri esitarono un po’ tra collerico, bisbetico e burbero. Decise poi la quasi perfetta rispondenza fonetica: bubero benefico - bourru bienfaisant. Nessuna forza separa ormai il connubio di queste due parole, che il Littré accolse unite nel suo Dictionnaire, dichiarando: Un "bourru bienfaisant", homme qui, avec des manières rudes, ne laisse pas d’avoir un coeur bienveillant" (alla voce bourru). E il titolo fortunato accompagna ormai, quasi suggello, la celebrità del Goldoni in Francia, ed egli resta per antonomasia " l’auteur du "Bourru bienfaisant". Nell’ultima sua supplica per il ricupero della pensione si legge: "Ciò che mise il colmo alla sua felicità e alla sua gloria fu il suo B. b., che lo collocò nel repertorio della Comédie Française, tra i maestri dell’arte" (Neri, Studi bibliografici e letterari, pag. 254). Un richiamo al Burbero- eco che si spegne - è ancora in altra supplica del settantenne nipote che se ne vale come di efficace passaporto. "Egli s’onora di far sapere all’E.V. ch’egli venne in Francia l’anno 1762 col defunto Goldoni suo zio paterno, celebre scrittore italiano e autore del Burbero benefico" (ibid).

Il titolo fortunato si presta ancora a facili bisticci, come in questo passo della lettera del Clavière agli attori del Théâtre français per promuovere una recita della commedia a favore della famiglia: "belle comédie, interessante, inspirée par un grand esprit de justice et un tact moral excellent, n’est pas sans rapport avec nos circonstances. On nous force a etre bourrus, et il est utile de ne pas oublier que l’humeur n’exclut pas la bienfaisance" (17 febbr. 1793, Masi, Scelta, I, p. XVIII). E un bisticcio rimato di gusto abominevole ispira il titolo famoso a quel tedesco spirito bizzarro del Klein: "Il suo Bourru bienfaisantnel 1789 si cambiò in Bourreau malfaisant per i regali benefattori del canuto commediografo che riposava sugli allori del suo stipendio" (Gesch. des Dramas, vol. VI, I, pag. 637). Uso più garbato fece del titolo il Goethe là dove d’un suo professore di Lipsia scrive "dessen Gutmùtigkeit sogar polterte" [d’una bonarietà persino brontolona] avendo presente il titolo della commedia nella traduzione dell’Iffland (v. traduzioni).

Egualmente lontani sia da iperboliche celebrazioni che da verdetti capitali sono questi apprezzamenti sul Burbero, coi quali chiudiamo la lunga rassegna. Accanto alle commedie italiane "fulgide di colori veneziani" il Burbero sembra al Klein: "pittura a pastello" ma non vi mancano scene efficaci, designate con delicatissimo tocco, che scaturiscono nella maniera più spontanea dai caratteri e dalle situazioni. E cita ad es. quella bellissima tra Angelica e Dorval (Geschichte des Dramas, vol. VI, p, I, pag, 637). Coi Rusteghi e compagni veneziani meglio che con Geronte poteva il De Sanctis esemplificare il suo pensiero sui caratteri del teatro goldoniano. "C’è nel loro impasto del grossolano e dell’improvviso; anzi qui è la fonte del comico. Cadendo in nature di uomini non disciplinate dall’educazione paion fuori in modo subitaneo e senza freno o ritegno o riguardo, in tutta la loro forza primigenia, e producono con quella loro improvvisa grossolanità la più schietta allegria, tipo il B. b." (Storia della Letterat, italiana, ed. Laterza, II, 356). Meglio distinse il Settembrini: "Paragonate i Rusteghi e il Burbero che sono belle tutte e due. I Rusteghi è una commedia che fa vivere in Venezia, proprio fra quegli uomini, il Burbero non sapete a qual nazione appartenga, in qual tempo viva; è un uomo astratto, gli manca la verità reale" (Settembrini, Lezioni di lett. [p. 293 modifica] ital., vol. III, p. 103). E sulla parentela abbastanza lontana che corre tra Geronte, rustego da salotto, e Lunardo e Todaro, borghesi veneziani di vecchia stampa, insiste anche il Galanti, giudicando anche il Burbero "un vero capolavoro che posa tutto sul carattere del protagonista" (C G. e Venezia nel sec. XVIII., Padova 1882. p. 448).

"Il Bourru bienfaisant resta per noi" - scrive il De Gubernatis - "la espressione meravigliosa della virtuosità teatrale del Goldoni... possiede tutte quelle perfezioni che si richiedono in una commedia classica francese, e desta il nostro stupore e la nostra ammirazione, come un singolare sforzo fatto dal genio suo; ma chi volesse cercarvi il vero Goldoni, il Goldoni nostro, il Goldoni più vivo e più originale, s’ingannerebbe". Detto che non si poteva meglio (C. G. Corso di lezioni, Firenze, 1911, pp. 338, 340). A questo ben s’intona il giudizio di Ernesto Masi, il quale pur ritenendo il Burbero inferiore a tante commedie scritte dal Goldoni a Venezia e anche al Ventaglio e alla trilogia di Zelinda e Lindoro, venute dopo, aggiunge: "Con tutto ciò ha un’importanza massima nello svolgimento storico dell’arte comica goldoniana, non solo perchè è un ritorno assoluto a quella ch’egli considerava la perfetta commedia cioè alla commedia di carattere, ma perchè riverbera l’azione dell’ambiente francese, in cui fu pensata e scritta, tanto nella forma esteriore, più sobria, più corretta, forse più secca, che non sia per solito nella scena e nel dialogo delle commedie goldoniane, quanto nell’intonazione generale della commedia e nella impostatura dei caratteri, l’una e l’altra rispondenti al filosofismo tenero, superlativamente virtuoso, filantropicamente sentimentale, che dominava nella letteratura e nella società francese di circa vent’anni prima della rivoluzione" (Scelta di commedie di C. G. con pref. e note di E. Masi, voi. II, Firenze, 1897, pp. 576, 577).

Ascoltiamo da ultimo la voce del Chatfield-Taylor, quello de’ critici stranieri che meglio penetrò lo spirito del teatro goldoniano: "Benché non pari ai capolavori di Molière né alle meglio commedie veneziane del Goldoni, il B. b. merita certo un posto eminente nel teatro francese dei suoi giorni.... Avrebbe potuto sembrare l’opera di un francese contemporaneo salvo per la semplicità del dialogo e la rustichezza umanamente naturale di Geronte il burbero... Lauri francesi sulla fronte d’uno straniero era un fatto senza precedenti. Il successo del Goldoni fu fenomenale da ogni punto di vista: l’età sua, la sua audacia. E l’arte sua è tanto più libera e più greggia che non l’arte di quei giorni, che stupisce una cabala non si sia formata spontaneamente la prima sera per far cadere a suon di fischi l’opera dello straniero. Anche questa una prova che i critici e le loro teorie non regolano il successo drammatico e che il pubblico, in tutto il mondo, sbaglia raramente nell’apprezzare una vera pittura dell’umana natura, non importa da chi dipinta" (Ch. T. Goldoni, a biograpby, New York. 1913, pp. 519. 529. 538). [p. 294 modifica]

RECITE DEL "BOURRU BIENFAISANT"

Alle tredici del 1771 seguono, anno per anno, tutte le recite del B.b. alla Comédie fino al 1900 (Joannidés, La Comédie française, 1680-1900, Paris 1901).

Riporto 71 Riporto 151 Riporto 228
1771   .   . 13 1791   .   . 11 1810   .   . 6 1837   .   . 11
1778   .   . 4 1792   .   . 3 1811   .   . 8 1838   .   . 9
1780   .   . 6 1793   .   . 8 1812   .   . 9 1839   .   . 10
1781   .   . 6 1799   .   . 5 1813   .   . 7 1840   .   . 5
1782   .   . 6 1800   .   . 9 1814   .   . 5 1841   .   . 2
1783   .   . 6 1801   .   . 13 1815   .   . 3 1842   .   . 7
1784   .   . 3 1802   .   . 5 1816   .   . 3 843 6
1785   .   . 6 1806   .   . 5 1819   .   . 2 1844   .   . 6
1786   .   . 1 1807   .   . 4 1826   .   . 3 1845   .   . 2
1788   .   . 10 1808   .   . 11 1834   .   . 20 1849   .   . 1
1789   .   . 5 1809   .   . 6 1835   .   . 6
1790   .   . 5 1836   .   . 5
71 151 228 Totale 287

Dal 1849 porta chiusa che neanche il bicentenario (1907) valse a riaprire. Jules Claretie, allora direttore, giustificò il rifiuto di rimettere in scena il B. b. dicendo: "Je ne crois pas que la gloire de Goldoni y eùt gagné" (Temps, 22 febbraio 1907), Ma forse conosceva la commedia come le Memorie. Nello stesso articolo narrò ai Parigini che Goldoni aveva insegnato "musica" a corte.

Anche prima del 1849 le lacune non mancarono. L’intervallo di ben sei anni succeduto a quello dei primi trionfi addolorò l’autore che in lettere del 6 aprile 1773, 22 aprile 1774 e 22 novembre 1776 chiedeva la ripresa del lavoro. La statistica del Joannidés non tien conto di recite della Comédie a corte e ignora pure gli anni dal 1794 al 1798, il periodo dell’imprigionamento di quegli attori e della vita precaria seguita alla scarcerazione. Il Théàtre français allora spariva e ricompariva sotto sempre diversi nomi.

Con la scorta d’altre fonti si può colmare qualche lacuna dell’elenco citato e illustrare alcune delle già elencate. È del 1784 (7 maggio) una lettera scritta ai comici del T.f. da un barone olandese Van der Duyn, impaziente di vedere il B. b. già tre volte annunciato e sempre sospeso. 11 Joannidés che al 1784 assegna tre recite del B. b. conta forse per date recite solo annunciate. S’avverta poi che in quell’anno si fece il Mariage de Figaro e la fortunatissima commedia del Beaumarchais limitò fortemente la varietà del repertorio.

1786, 20 maggio, recita a Versailles. "I Préville comparvero per l’ultima volta a corte" (Olivier. P. L. Dubus-Préville de la C. F. (1721-1799), Paris, 1913, p. 71). Vi allude certo, senza menzione dell’anno, questo passo delle Memorie (P. III, cap. XXXIX): "Si doveva dare qualche spettacolo a V. per alcuni illustri personaggi festeggiati dalla Corte di Francia; il mio B.b. fu compreso tra le opere scelte in quell’occasione. Il mio amor proprio [p. 295 modifica] si sentiva lusingato dalla circostanza che il Préville, ritiratosi allora, doveva recitarvi. L’incomparabile artista non mancò di piacere, anzi di sorprendere, come di consueto; la mia commedia acquistò nuovi amici ed io stesso nuovi prolettori".

1787, 16 ottobre. "La sera alla Comédie Française, Molé recitò il B.b. e non è possibile portar l’arte del recitare a più alto grado di perfezione". (Artur Young, Voyages en France, Paris 1794, T. I, p. 213). Il Joannidés salta il 1787. Chi ha ragione dei due? Notiamo intanto che ritiratosi non definitivamente, come si vedrà, il Préville, gli era successo nella parte di Geronte il Molé.

1791, 1 dicembre. Pregato dagli antichi compagni che per la concorrenza di nuovi teatri rivali navigavano in cattive acque riappare alla Comédie, ribattezzata in omaggio ai tempi in Théâtre de la Nation, e vi recita il suo prediletto B. b. il Préville. Nel Journal des spestacles (1791, 2 dicembre) si legge: "Tutti sanno qual nome si sia fatto il Préville nel B. b. Vi è comparso giovedì 1 dicembre e mostrò nella parte di Geronte cento nuove bellezze... Era in teatro la Regina. Venne accolta come doveva essere da Francesi e gli applausi andarono divisi tra la Maestà della Regina e l’indistruttibile impero del talento. Non convien passare sotto silenzio una felice trovata del Dazincourt. Al terzo atto Marton dice a Piccardo parlando delle stravaganze di Geronte: Peccato ch’abbia quel difetto. La risposta di Piccardo sarebbe: E chi non ne ha? Il Dazincourt rispose: Difetti? Chi? Il mio padrone? Non ne ha e lo credo perfetto quanto si può essere. Il pubblico prese senz’altro la frase come se fosse stata del Goldoni e la riferi al Préville con un applauso ripreso cinque volte " (Olivier, op. cit. p. 86).

1793, 18 giugno, recita per la famiglia Goldoni, sollecitata dagli attori del Théâtre français con lettera del ministro Clavière (del 17 febbr., v. Rabany, op. cit. pag. 253), il quale per ottenere meglio lo scopo trasforma il nostro Goldoni in fiero giacobino (cfr. Masi, Scelta cit., pag. XIX). Poiché dalla primavera del 1792 all’agosto del ’94 il Préville stette lontano dalla scena, Geronte fu probabilmente il Molé. La C. F. conserva nei suoi archivi l’affisso di questa recita. (Così Jacopo Caponi, Il Proscenio di Napoli, 28 gennaio 1901). L’incasso di lire 1859 e 15 soldi venne dato senza ritenuta di spese al nipote Antonio Goldoni, il quale anche a nome della vedova ne rilasciò ricevuta confermando "nella sua qualità di solo ed unico erede del fu Goldoni, suo zio, la cessione da lui fatta il mese di febbraio 1792 alla Comédie française di tutti i diritti di proprietà sulla commedia il B. b.". Di tale cessione tratta la lettera del G. al Molé in data 21 ottobre 1791 {Soccorriamo i poveri bambini rachitici. Strenna pel 1907. Venezia, pp. 50-52), dove l’a. chiedeva 100 luigi (2400 lire) più il condono di un prestito di luigi 25 (lire 600) avuto dalla C. F. E si conosce ancora una ricevuta del G. in data 30 gennaio 1792 per lire 1200 "qui complettent le montant de la convention aux termes de laquelle je cède et transporte à la C. F. la propriété et la jouissance exclusive du B. b." insieme a una lettera di ringraziamento del 1 febbraio (Rabany, op. cit., pp. 311, 312).

1794, 27 giugno, s’inaugura il Théâtre National, detto anche dell’Egalité, con uno spettacolo per il popolo, del quale faceva parte il B. b. Durante [p. 296 modifica] il periodo repubblicano nella partita a scacchi Geronte non diceva più scacco al re, ma scacco al tiranno! (Porel et Monval, L’Odéon, 1876, pp. 140, 91).

1794, 20 agosto. Torna sulla scena - a 73 anni! - il Préville. Ci vedeva poco, gli si annebbiavano le idee, ma "le finezze della sua dizione, la verità della sua azione sono sempre inimitabili... Egli fa pensare a certi quadri, de’ quali il tempo ha sbiadito i colori, mentre il disegno rivela ancora un artista di genio. Fu una vera festa di famiglia. Il pubblico accorse" (Olivier, op. cit. pp. 95, 96). Lo secondarono il Molé, il Fleury, il Dazincourt, il Naudet, La Contat, la Lange e la Devienne - i migliori, (Porel et Monval, op. cit. p. 145) e con essi ripete il B. b. il 9, 17 settembre ed il 7 novembre (Olivier, op. cit., p. 96).

1796, 18 febbraio al Théâtre de la Rue Feydeau. Ne togliamo la notizia a una ricevuta per lire 60, 19 soldi e 6 denari rilasciata dal citoyen Goldoni neveu, au nom et comme seul heritier de feu Goldoni, son onde, auteur du B. b., ecc. (11 documento autografo è nella collezione di Vittorio Scotti a Milano e fu pubblicato nel 1907 nella Misceli, del Teatro Manzoni per il 2 centenario di C. G. p. 83). Al Théâtre de la Rue Feydeau, era passata dal 1795 la compagnia del Théâtre National, alla quale appartenevano parecchi attori della Comédie, usciti allora dal carcere, ed era con loro pure il Molé sfuggito per sua ventura alla sorte dei compagni (Olivier, op. cit. pp. 95, 97). La Comédie non s’era ancora ricostituita. Così si spiega forse che Antonio Goldoni nipote percepisse quale erede diritti di autore dopo la cessione fattane dallo zio e dal nipote solennemente confermata.

1799, 24 gennaio. Il Théâtre de la République per fallimento del direttore chiude con la recita del B. b. e del Menteur (Corneille) (Porel et Monval, op. cit., p. 308).

1826, 3 maggio. Su questa recita si legge nei Miei tempi di Angelo Brofferio, arrivato quel giorno a Parigi. "Alla sera benché stanco del correre ch’io feci tutto il giorno, non potei trattenermi da assistere alla rappresentazione del Burbero benefico di Goldoni al Teatro Francese, la quale pareva proprio destinata per il mio arrivo in Parigi. Recitavano Lafont, Batiste, madamigella Levert, madamigella Georgina Mars, nipote della grande attrice: ma per quanto fosse perfetta l’esecuzione, mi divertii poco; non nuova cosa per me alla rappresentazione di questa commedia che si vorrebbe inalzare come il capo d’opera del teatro goldoniano. Ditemi la verità, amici lettori, vi siete voi divertiti molto nei nostri teatri alla rappresentazione del Burbero benefico? Vi trovaste il medesimo diletto che avete tante volte trovato agli Innamorati, alla Bottega del Caffè, alle Gelosie di Zelinda e Lindoro, al Curioso accidente, al Ventaglio, alla Sposa sagace? Non vi parve quella commedia francese di Goldoni un po’ fredda, un po’ mancante d’intreccio, di vivacità, di passione? Pensateci sopra ben bene, e sono sicuro che mi risponderete affermativamente". E cita l’esempio del Rossini, altro genio italico trapiantato a Parigi, per concluderne che il commediografo e il compositore resero con le loro opere composte colà omaggio al gusto francese, ma sacrificando l’originalità dell’arte loro (I miei tempi, vol. III, pagg. 124, 125, Torino, Streglio, 1895). [p. 297 modifica]

1849, 5 febbraio, Théâtre de la République. Recita d’addio dell’attore Périer che dopo vent’anni di servizio lasciava la Comédie. Gli furono compagni Mirecour, Mainvielle, Got, Delaunay, e le attrici Noblet, Bonval e Luther. Il Joannidés riproduce l’avviso in facsimile. Cfr. anche L’Italie et la France, 1907, p. 117.

1877, 4 marzo. Recita del Burbero alle Matinées Ballande, organizzate da Maria Dumas, figlia del romanziere. Queste matinéeserano dedicate ciascuna a una nazione diversa, e l’italiana fu iniziata da una conferenza sul Goldoni di Mr. de la Pommeraye, conferenziere allora in voga. Il Talbot della Comédie coi suoi allievi esegui poi il Bourru" in modo meravigliosamente efficace" e "il pubblico rise di cuore" (Fanfulla, 12 marzo 1877, corrispondenza di Folchetto).

1903, 19 ottobre, al Théâtre National de l’Odéon, esecutori: Lyser (Geronte), Darras (Dorval), Marie (Valère), Revel (Dalancour), Cornely (Picard), Dorval (M.me Dalancour), Rosni-Derys (Angélique), Miramon (Marton). Nello stesso anno vi furono due altre recite. (Cortese comunicazione della Direzione. Cfr. anche L’Italie e la France, 1907, p. 117).

RECITE DEL "BOURRU BIENFAISANT" FUORI DI FRANCIA

Nel 7 e nell’8OO i comici francesi nelle loro pèregrinazioni fuori di Francia ebbero il B. b. nel loro repertorio. Lo recitarono nel 1772 a Vienna (v. lett. del Taruffi già cit.), nel 1774 alla corte di Prussia (Geronte il rinomato Aufresne) e di nuovo colà nel 1776 per desiderio di Federico in onore di Paolo di Russia, figlio di Caterina. Altre recite ancora il 19 febbraio e il 15 ottobre 1784 alla Corte di Hesse-Cassel (cfr. J. J. Olivier Les comédiens français dans les cours d’Allemagne, 2 vol., p. 59, 4, p. 42).

In Italia le compagnie francesi offersero il Burbero come naturale omaggio al paese che le ospitava. Lo rappresenta nel 1780, 27 dicembre, al S. Angelo di Venezia, una compagnia, della quale furono ornamento principale la Clairmoncle e cronista il Casanova nel suo "Messager d’Italie" (cfr. A. Ravà, Contributo alla bibliografia di G. Casanova. Casanova e una compagnia di comici francesi a Venezia. Giorn. stor. di lett. ital. 1910, vol. LV, p. 375); nel

1773 a Napoli la comp. Senépart (Croce, I Teatri di Napoli, 1891, p. 526) e l’abate Galiani ne riferì a M.me D’Epinay (lett. del 23 gennaio 1773): "Les comédiens français ont donné pour troisième représentation le B. b.; elle a eu un mediocre succés, qui même n’a été dù qu’à l’excellence du jeu d’Aufresne, acteur incomparable (Correspondance, Paris, 1881, II, p. 161); nel

1839, dicembre, al Cocomero di Firenze, la Comp. Doligny, protagonista il capocomico, e la recita fu ripetuta "a generale richiesta" (Il raccoglitore di notizie teatrali, 1839, 1839, 14 dicembre, p. 146). Ben diversa accoglienza s’ebbe il B. b. l’anno dopo, eseguito dalla stessa compagnia al Teatro Re di Milano. La Rivista Europea (1840, pag. 415) scrisse: [il Doligny] "tentò anche il B. b... ma e pei comici francesi e per noi vuolsi dimenticare quella sera". Anche la Comp. Meynadier che tra il ’50 e il ’70 fece periodiche apparizioni tra noi non dimenticò il B. b. Lo recitò nel

1853, 25 novembre, al Cocomero di Firenze a beneficio dei coniugi Cossard (Geronte e Marton), e nel [p. 298 modifica]

1867, 8 aprile, nello stesso teatro. Ai comici del Meynadier s’era unito il settantaquattrenne Joseph Isidor Sarason, già illustre attore del Théâtre français. Il ricavato era devoluto al monumento al Goldoni in Firenze. Eccetto Luigi Capuana, relatore della Nazione, che invece di entrare in merito dell’esecuzione, fece la storia del lavoro, gli altri pur sotto forme cortesi non risparmiarono critiche al venerando attore e, tolta Maria Laugier (Angélique), agli altri, tra i quali la Desclée (M.me Dalancour). Il relatore della Gazzetta d’Italia (Firenze, 10 aprile 1867) disse male anche della commedia.

RECITE DEL "BURBERO BENEFICO" IN ITALIA E FUORI
(si tien conto di recite particolarmente notevoli).

1772, carnevale, al Teatro Sant’Angelo di Venezia, compagnia Lapy. Recitata "con invidiabile incontro" assicura Domenico Caminer, padre di Elisabetta, traduttrice, nel Quotidiano Veneto, n. 268 del 1802. (Spogli di Giuseppe Ortolani).

1815, 21 novembre, Venezia, Compagnia con Vestri e la Pellandi. Luigi Vestri, il principe de’ nostri caratteristi, fu anche del Burbero goldoniano interprete insuperato. "Meglio che dai correttissimi attori del gran Teatro parigino recitavasi il Burbero dall’unico e non dimenticabile Vestri" scrisse il Tommaseo (Il serio nel faceto, Firenze, 1868, p. 119). Come lo recitasse si legge nella Biografia scritta da F. Scifoni (Firenze, ottobre 1841, pag. 22): "Pensino [quelli tra i nostri figli che avranno senso di comic’arte] veder uscire in scena un uomo che è già sul calare degli anni, ma di robusta vecchiezza; accigliato, fiero, risoluto; pronto a correre a termini estremi per la bile che in lui spesso commuovesi; pronto a intenerirsi sulle sciagure d’un infelice; pronto perfino a prorompere in pianto, ma che nessuno il vegga, che nessuno s’accorga della pietà sua, e tutte queste difficili condizioni credano fossero squisitamente rappresentate da lui nel B. b. "Con questa commedia il 7 aprile 1817 il Vestri inaugurò il Teatro Goldoni di Firenze. Un opuscolo d’occasione serba quest’avviso frammentario di tale recita:

"L’Impresa... coerente al Manifesto... antecedentemente esposto, nella sera di lunedì 7 aprile corr. (1817) aprirà il detto Teatro coi due promessi spettacoli di Comica e Ballo... Luigi Vestri conduttore della Comica Compagnia unitamente ad Angelo Venier suo socio.... esporrà sulla scena una delle migliori e più vive produzioni intitolata

IL BURBERO BENEFICO


che verrà con tutto l’impegno sostenuta dai suoi qui sotto notati attori.... (Descrizione delle pitture ed altre particolarità dell’i. e r. Teatro Goldoni nella parte meridionale della Città di Firenze... 1817). "Il nome del signor Vestri è tale che non si può disgiungere da quello del Goldoni, del quale se si fosse potuto evocar l’ombra onde assistere alla recita del Burbero benefico, avrebbe esclamato Ecco il mio attore..." (La Gazzetta di Firenze, 3 giugno 1817). Il 15 ottobre 1824 al S. Benedetto di Venezia August von Platen, poco tenero del Goldoni, vide il Burbero col Vestri e annotò nei suoi Diari (Tagebücher, Stuttgart, 1900, voi. Il, p. 706): "Vestri che faceva il Barbaro (!) è un attore che non ha l’eguale. Non può mostrarsi senza venir [p. 299 modifica] applaudito in anticipazione. Oggi fu evocato nel secondo atto. Venne e si ritirò, ma il pubblico non era contento ed egli dovette mostrarsi un’altra volta". A Milano il 21 settembre, finita la commedia, la Malibran si portò nel camerino del Vestri e lo baciò. Ed egli, assaporato cordialmente il bacio, le disse che non si sarebbe lavato il viso per 100 anni! (Cosentino, Modena, Lombardi e Vestri, pp. 44, 103). Ma il cammino del B. b. non fu tutto seminato di rose, neanche con interpreti quali il Vestri. Una volta a Venezia gli spettatori accorsi ad applaudire il grandissimo Geronte non sono che dieci. Si fa alla ribalta allora l’attore e dice: "Signori, li ringrazio d’avermi favorito; ma poiché siamo pochini, li invito tutti a cena con me alla trattoria del Selvatico" (Costetti, La Comp. R. Sarda, 1893, pag. 75). Peggio accadde a Livorno "dove il Burbero benefico fatto da Vestri non si voleva lasciar terminare" (Lettera inedita - 21 febbraio 1821 - di L. Domeniconi ad Antonio Benci, Firenze, Bibl. Marucelliana).

1821. Il B.b. è nel primo repertorio della Compagnia Reale Sarda costituitasi allora. "I primi onori sono al gran babbo e al suo capolavoro Il burbero benefico" annota il Costetti (op. cit. pp. 13, 15). Era Geronte Francesco Miutti, caratterista acclamato.

1827, febbraio, al Teatro del Cocomero. La Comp. di Luigi Domeniconi con Luigi Gattinelli, altro caratterista di fama, non pare cogliesse allori col Burbero. Molti appunti muove Gio. Ped. [l’ab. Giovanni Pedani] al protagonista che gli parve "esprimesse principalmente il collerico" e non avesse "tutta quella decente gravità e quella parsimonia di gesto che si richiede alla severità del pensatore". E aggiungeva: "Degli altri attori che gli fur colleghi in questa infelice rappresentanza non parleremo per non parere burberi non benefici". Ma della commedia aveva detto: "[questa] è senza dubbio la prima fra quante ne creò l’ingegno italiano" e deplorava che il G. fosse stato obbligato ad esulare "e coprire il più bel parto della sua mente di galliche vesti" (Gazzetta di Firenze, 17 febbraio 1827).

1844, gennaio, al Teatro Re di Milano, protagonista Gustavo Modena. All’interessante tentativo il Pirata dedica solo queste poche parole: "Gustavo Modena, attore enciclopedico, si slanciò anche nel campo de’ caratteristi e al nostro Teatro Re fece il B.b. per modo da doverlo replicare" (1844, 23 gennaio, p. 236).

1855, il 31 maggio, prima recita del Burbero benefico a Parigi (Théâtre Italien, Sala Ventadour) durante le recite di Adelaide Ristori con la Compagnia Reale Sarda. Fu protagonista Gaetano Gattinelli. Anche a lui la critica nostra appuntava di rappresentare l’uomo collerico più che il burbero (cfr. Scaramuccia, Firenze, 30 maggio 1854). Delle critiche francesi citiamo questa di Théo Gautier, la sola che (per cortesia di Leon Dorez) potemmo conoscere: "Nous ne nous arrêterons pas au Burbero benefico (le Bourru bienfaisant, que Goldoni avait d’origine composé en français pour être joué à Paris devant Louis XV, et qui se trouve être ainsi une traduction écrite par l’auteur lui-même); disons seulement que la Ristori y est d’une adorable câlinerie, et que M. Gattinelli joue le Bourru bienfaisant avec une phisionomie moitié rogue, moitié bonhomme, trés bien modelée, et qui rappelle ces masques de la comédie antique dont un profil se refrogne tandis que l’autre sourit". La [p. 300 modifica] Ristori si duole nei suoi Ricordi (1887, p. 36) che la Rachel fosse venuta a sentirla proprio in quella sera, dov’ella nella parte di Mad. Dalancour non poteva far valere la sua arte.

Fra i più ammirati interpreti del Burbero bisogna rammentare ancora Luigi Taddei che per lunghi anni fece parte della Compagnia del Teatro de’ Fiorentini a Napoli, e fu detto il continuatore del Vestri, Cesare Rossi, alla cui geniale arte, se interprete di parti goldoniane, aggiungeva scintille l’immensa adorazione per l’autore - ed Ermete Novelli che il I novembre 1900 inaugurò col Burbero la Casa di Goldoni al Valle di Roma. Il Novelli portò Geronte anche all’estero. Alla vecchia commedia, un giorno in Europa più popolare di qualunque altra del suo autore, la critica contò più d’una ruga, ma rese unanime omaggio d’ammirazione al grandissimo attore. Ben degna di ricordo è pure una recita del Burbero il 17 aprile del

1916, al T. Goldoni di Venezia, protagonista lo stesso Novelli degnamente secondato da Emilio Zago nella parte di Dorval (Lorenzo, veneziano) - altre volte magnifico Geronte egli stesso nella riduzione dialettale del Hurard.

RECITE DI FILODRAMMATICI

Commedia breve, d’agile dialogo e di pochi personaggi, è frequente assai nel repertorio dei Collegi e dei filodrammatici. Si fece intorno al 1774 a Chantilly nel castello del Principe di Condé [Louis Joseph Bourbon, Prince de Condé, 1736-1818, soldato e scrittore], protagonista il principe stesso che "recitava passabilmente per un’Altezza" (Fleury, op. cit.,III, pag. 152). Il Goldoni gli venne presentato a Choisy da Mad. Adelaide. "Egli mi parlò del mio B. b.: sapevo che l’aveva recitato a Chantilly e che aveva reso la parte di Geronte inappuntabilmente; colsi quest’occasione per fargli i miei complimenti e i miei ringraziamenti "(Mémoires, IV, cap. XXIV). Di una recita di filodrammatici a Venezia l’anno 1785 dà notizie il cod. Cicogna 2999 (Appunti di G. Ortolani). Altra recita il 16 settembre 1777 nella villa Aldrovandi a Camaldoli (Lettera del co. Ant. Dosi a F. Albergati. Carteggi Albergati. Spogli di G. Ortolani). Nella Gazz. Toscana del 3 marzo 1784 si legge questa notizia da Pisa: "Commedia francese di questi signori della Carovana - per dar saggio del profitto da essi fatto nella lingua francese col rappresentar commedie in detto idioma... Nella domenica scorsa... fu recitata coll’intervento dei medesimi R. R. Personaggi [la Granduchessa ed altri principi] le Bourru bienfaisant. "Le parti femminili erano sostenute da maschi. Non altrimenti si sarà fatto nel Collegio di San Carlo di Modena, dove la commedia si diede nel 1793, pochi giorni dopo la morte dell’autore (Modena a C. G. 1907, p. 293) e nel Collegio Tolomei di Siena, in cui il Bisbetico di buon cuore si eseguì nel carnevale del 1797 e "in quattro paginette" si pubblicarono l’argomento della commedia e il nome degli attori (cfr. E. Teza in Rassegna bibliografica di lett. ital. 1896, pag. 265). Altre recite di filodrammatici: il 23 agosto 1800 a Milano (Accad. dei Filodramm., Cenni del socio G. Martinazzi, 1879); il 23 settembre 1849 al Cocomero di Firenze (Repertorio del T. d. Cocom. dal 1847 al 1858, ms. della Marucelliana); ancora a Firenze il IO ottobre 1852 (Monitore toscano del 9 ottobre); cinque recite nell’86 nel Teatrino Spinelli di Modena, proprietà di mons. Spinelli, [p. 301 modifica] zio del benemerito bibliografo, e vi recitavano solo uomini (da informazioni cortesi della ved. Spinelli). Vuole un ricordo speciale un B. b. che i nostri ufficiali prigionieri nella recente guerra (1915-1918) recitarono nel Campo di Celle (Hannover). Tutto venne improvvisato da loro. Coi sacchetti dei pacchi di soccorso si confezionarono gli abiti per le finte donnine e con carta quelli degli uomini e le parrucche. Così narrava a Emilio Zago il ten. Mario Battain (Venezia) in lettera del 24 gennaio 1919 mandandogli una fotografia-ricordo della recita.

LE TRADUZIONI

Il Burbero benefico o sia il Bisbetico di buon cuore. Commedia del signor dott. Carlo Goldoni, traduzione dal francese. In Venezia MDCCLXXII, presso Angelo Geremia. Con licenza de’ superiori. In 16." [cat. Coll. Rasi, p. 395). Col ritratto del Goldoni fatto dal Piazzetta.

Opera di Pietro Candoni, dedicata a S. E. il signor cav. Alvise I Mocenigo. Dopo i consueti elogi del dedicatario il traduttore avverte: "Io l’ho tradotta in una sola giornata (tempo bastevole per poter appena trascriverla) dacché era mio impegno presso chi me l’aveva favorita, di dover rendergliela immediatamente" D. C. (Domenico Caminer) presentando nell’Europa letteraria (1772, III, p. 24) il traduttore "giovane molto amatore delle cose teatrali" osservò: "E una disgrazia per altro ch’egli non abbia impiegato se non una sola giornata in questa traduzione, come protesta". Il Candoni, conoscitore imperfetto del francese al punto da tradurre moderez ce feu de famille - vi riscaldate troppo per la vostra famiglia, compì un lavoro veramente mediocre. Fu solo bene ispirato nella scelta del primo titolo apposto alla sua traduzione.

Il collerico di buon cuore. Commedia in tre atti ed in prosa del signor dott. Goldoni, rappresentata nel ’teatro detto di S. Angelo il carnevale dell’anno 1772. Sta nel II Tomo delle Composizioni teatrali moderne, tradotte da Elisabetta Caminer. Venezia, Colombani, 1772 (ristampate nel 1774 presso Pietro Savioni).

Avverte una nota della traduttrice: "Il collerico di buon cuore del nostro sig. dott. Goldoni conserva lo stile proprio a questo benemerito autore. V’hanno dei caratteri, del ridicolo, poco intreccio, e una dicitura facile. Questa commedia è per vero dire una sorella della Casa nova che il Goldoni scrisse qui in dialetto veneziano; e siccome la natura è a un dipresso dappertutto la medesima, egli non durerà fatica a piacere in Francia con altre opere, come piacque con questa, quando voglia rivangare le sue Commedie italiane, copie tutte fedeli della natura, che gli meritarono il nome di Pittore di essa dall’immortale Voltaire".

Di queste due traduzioni le Memorie del Goldoni scrivono: "Non son fatte male, ma restano lontane dall’originale: provai io stesso, per divertirmi, a tradurre qualche scena: sentii come era penoso il lavoro e quanto difficile venirne a capo; vi sono frasi, parole di convenzione che perdono tutto il loro sale nella traduzione. Guardate p. e. nella scena XVII del second’atto la parola jeune bomme, detta da Angelica. Nella lingua italiana non c’è la parola equivalente. Il giovine è troppo basso, troppo al disotto della [p. 302 modifica] condizione di Angelica. Il giovinetto parrebbe troppo affettato per una fanciulla onesta e timida; converrebbe per tradurlo impiegare una perifrasi, la perifrasi darebbe troppa luce alla parola sospesa e guasterebbe la scena" (P. III, capitolo XVI).

Malgrado gli scrupoli e le difficoltà la traduzione impresa dall’autore per suo divertimento venne poi portata a termine e stampata due anni dopo l’autobiografia, ed è

Il Burbero di buon cuore, commedia di 3 atti in prosa, traduzione del Bourru bienfaisant, fatta dall’autore medesimo, Parigi, Vid. (sic) Duchesne e Figlio, 1789 in 8 col ritratto del Cochin (Querard, III, p. 400). A Dalancour è sostituito Leandro.

Con istrumento in data 28 marzo 1789 (vedine il facs. dell’autografo in Karpeles Allg. Gesch. der Litteratur, 1891, p. 712) l’autore cedeva all’editore ogni diritto su tale versione avendone riscosso il prezzo pattuito e a condizione d’averne 50 copie (vedi Lettere inedite del G. pubbl. in Flegrea, Napoli 1901, 20 marzo). Questo lavoro fu, come più tardi l’adattamento italiano d’un romanzo della Riccoboni (1791), opera di carità. Un Geronte mai burbero ma benefico ancora in tarda età il nostro Goldoni!" Dopo quello che ho detto "avverte l’autore -" nel III volume delle mie Memorie il pubblico non doveva aspettarsi da me la traduzione in lingua italiana del mio Bourru bienfaisant. Una circostanza singolare mi ha animato a sormontare tutte le difficoltà: l’amicizia mi ha fatto occupare piacevolmente in quest’opera qualche sera del crudo inverno dell’anno scorso, e l’uso ch’io doveva fare col profitto di questo mio lavoro ha finito di persuadermi". E in curiosa contraddizione con le Memorie, (III, e. XVI, passo già cit.) avvertiva: "So che altre due corrono da qualche tempo l’Italia: non le conosco, le credo buone, ma credo che i miei compatrioti non saran malcontenti di averne una fatta da me medesimo. Io ho avuto nel farla un avvantaggio sopra degli altri; un semplice traduttore non osa scostarsi nelle difficoltà dal senso letterale; io, padrone dell’opera mia, ho potuto di quando in quando cambiar le frasi per meglio appropriarle al gusto e all’uso della mia nazione". Più che tradurre il Goldoni rifece per le scene nostre il suo lavoro. Il Malamani sottopose questa traduzione a una critica troppo severa fino a dire "che se fosse l’opera d’un altro, se ne farebbero le crasse risate" (Nuovi appunti e curiosità Goldoniane, Venezia, 1887, p. 155). Si nota spesso la verbosità abituale delle commedie italiane del Nostro, ma nulla che si presti al ridicolo. Vero che tradurre a garbo il Bourru bienfaisant non par facile. E lo notava il Basseggio (Tipaldo, X, pag. 283) cercando, certo a torto, il motivo delle prime fredde accoglienze nelle deficienti versioni. Ma quanto a lingua e stile i raffazzonamenti innumeri di drammi e commedie esotiche, dovuti ai più umili eroi della penna, avevano abituato il pubblico d’allora a ben maggiori ignominie. L’editore del Teatro moderno applaudito accompagnò la pubblicazione del B. b. nella versione del suo autore (Tomo XXIV, I 798) con questa diplomatica nota: [Questa commedia] "fu composta da un bravo italiano in lingua francese e dallo stesso bravo italiano venne alla nostra favella ridotta. Dunque il G. e come autore e come posseditore d’ambe le lingue avrà dato alla sua commedia quel colore che meglio le si conveniva". [p. 303 modifica]

TRADUZIONI TEDESCHE.


In Germania il B. b. ebbe subito numerosi traduttori. Si veda una lunga rassegna elogiativa della commedia e l’analisi delle versioni più in uso dai comici in Dramatische Fragmente di J. F. Schink (Graz, 1782, IV vol., pag. 915). La Chronologie des deutschen Theaters di C. H. Schmid (1775) porta per il 1772 questa notizia: "Il B. b. del Goldoni venne eseguito su tutte le nostre scene con diversi titoli". E del 1772 sono queste 3 versioni:

Der gutherzige Murrkopf. Eine freye Uebersetzung des Goldonischen Lustspiels. Le bourru bienfaisant - in - Neue Schauspiele aufgeführt in den K. K. Theatern zu Wien. Anton LöWe, 1772, 2.° tomo, pp. 87. - Traduttore l’attore C. G. Stephanie der Aeltere, anche lodato Geronte (cfr. Theater-Kalender auf das Jahr 1778, p. XVIII). I nomi de’ personaggi sono tedeschi.

Der wohlthätige Murrkopf, ein Schauspiel in ungebundener Rede und drey Aufzügen, aus dem Französischen übersetzt. Frankfurt a. M. 1772. Traduttore H. André, negoziante di Offenbach (cfr. H. A. O. Reichard. Selbstbiographie, etc, Stuttgart, 1877, p. 100 e Theater-Kalender auf das Jahr 1775. Gotha, p. 143).

La terza, non a stampa, è di H. F. von Einsiedel, gentiluomo alla corte di Weimar (Schaz, Goldoni über sich selbst, ecc. [traduzione dei Mémoires], Lipsia, 1788, Tomo III, p. 399, n. 153). Ebbe collaboratore un noto attore, J. C. Brandes (cfr. Brandes, Meine Lebensgeschichte, Berlin, 1800, vol. II, p. 140 e Gothaer Theater-Kalender auf das Jahr 1777, p. 144). Fu composta per la compagnia Seiler.

Paridom Wrantpott, oder Wer schilt wird wieder gut, ein Lustspiel in drey Aufzügen, Leipzig, Hilscher, 1779 - opera di J. C. Bock, attore e riduttore d’altre commedie goldoniane - recitata il 20 aprile 1775 ad Amburgo dalla Comp. del celebre Schröder (cfr. Vol. I di quest’edizione, Nota al Servitore di due padroni). Geronte fu una delle sue più felici interpretazioni. Il Theater-Kalender auf das Jahr 1778 (Gotha pag. XXVI) ha questi versi dedicati allo S. dopo una recita del Burbero [Paridom Wrantpott] ad Amburgo il 21 aprile 1777: "Lo stesso Goldoni- mi parve ti guardasse in profondo silenzio mentre tu, il suo Paride - non Pantalone-Préville - traevi il Burbero dall’intimo dell’anima sua, non per riderne, ma per sentirlo. Egli vide, balzò in piedi ed esclamò; "Te per Parigi creato, a Parigi perdetti, qui ritrovo!" Lo Schröder aveva veduto a Parigi il Bourru fatto dal Préville e gli parve che il Préville ne sacrificasse gli elementi seri all’effetto comico. Ammirò invece incondizionatamente Molé nella parte di Dorval (F. L. W. Meyer, Friedrich Ludwig Schröder, Hamburg, 1819, I, p. 348).

Der Gutherzige Polterer. Ein Lustspiel in drei Aufzügen von G. übersetzt von Iffland [Ifflands Beiträge für die deutsche Schaubühne in Uebersetzungen und Bearbeitungen, ecc.], Berlin, Braunnes, 1807-12, vol. IV. A. W. Iffland (1759-1814), il maggior attore nell’era classica del teatro tedesco, tradusse il Burbero per suo uso e ne fu interprete egregio.

Der grossmüthige Polterer, Lustspiel in drei Acten Von C. G. [Italienisches Theater, übersetzt von Wolf Grafen Baudissin, Leipzig, Hirzel, 1877 pp. 255-322]. Della commedia si parla nella Prefazione (pp. III, VIII, IX). [p. 304 modifica]

Accenna il Theater-Kalender citato (1778, pag. 4) a un'altra versione del Burbero, di H. Shmidt della quale s'erano pubblicate alcune scene nel Theater-Journal.

TRADUZIONI SPAGNOLE.

Don Angel Bravo di Roberto J. Pairo, scrittore argentino, rappresentata intorno al 1907 a Buenos Ayres dalla Comp. Nacional di Geronimo Podestà, anche applaudito protagonista. Nel 700 il Burbero si recitava in Spagna con fortuna e certo v’erano traduzioni a stampa che a noi sfuggono. Scrive il Napoli-Signorelli (Storia critica dei teatri, Napoli, 1777, p. 470): "Alcune traduzioni di qualche commedia del Goldoni, come della Sposa persiana e del Bourru bienfaisant son piaciute moltissimo al popolo e dovea esserne lodato (fuorché in alcune alterazioni fatte senza gusto agli originali) qualunque egli siasi - chi ha impreso a mostrare sulle scene spagnuole queste commedie". La notorietà del Burbero sulle scene di Madrid attesta pure il Moratin allo stesso autore nella visita che gli fece il 29 aprile 1787 (E. Maddalena, Moratin e Goldoni, Pagine istriane, 1905, n. 10-12).

Ricerche altrettanto infruttuose fatte per rintracciare anche traduzioni portoghesi non scemano la nostra certezza che vi sieno, dato l'immenso favore del teatro goldoniano nel 700 in Lusitania.

TRADUZIONE CATALANA

Goldoni, El sorrut benefactor, comedia en tres actes, traducció de Narcis Otler, Barcelona, "L’Avenç", 1909.

TRADUZIONI INGLESI

The Times: A Comedy, as it is now performed at the Theatre Royal in Drury-Lane. By Mrs. Griffit. London, Fielding and Walker MDCCLXXX pagine VIII, 80 (Collezione Rasi). Non traduzione, ma riduzione libera del Bourru bienfaisant', consigliata all’autrice del celebre Garrick (v. Prefazione).

The morose good man. A comedy, translated from the Italian. Fa parte di: Italian Comedies, ecc. 1849, 8.° (Mus. Britannico 11715, c.).

The beneficent bear in The comedies of Carlo Goldoni. edited with introduction by Helen Zimmern, London, 1892. Nella Collezione Masterpieces of foreign authors.

The beneficent bear: a comedy in three acts by Goldoni, translated by Barrett H. Clark. New York, French, 1915 (The world best plays).

TRADUZIONE DANESE

Den butte Belgiörer. Komedie i tre akter, efter Goldonis "Le bourru bienfaisant" ved. F. Schwarz - in - Skuespil til Brug for den danske skluepladas, vol, IX, 1784, (Parigi, Bibl. Nazionale).

TRADUZIONI OLANDESI

De weldaadige Knorrepot. Toneelspel naar het Fransche van Goldoni. Amsterdam, 1779. 8.° (Bibl. Reale dell’Aia).

De wedaldige Knorrepot. Uit het Fransch door W. van Oleffen, S. I. 1782, 8.° (ibid). [p. 305 modifica]

TRADUZIONE RUMENA

Posacul bun de inimá, comedie in 3 acte, de Carlo Goldoni, tradus de Domnisoarele Al. si Luc. I. Romanescu, Sibiiu, 1887 (n. 41 della Biblioteca poporala a "Tribunei").

TRADUZIONE POLACCA

Dziwak dobroczynny. Komedya we trzech aktach Pana Goldoniego Z Wloskiego jezika na Francuzki a terazna Oyczcty, dla Teatrum Warszawskiego przelozona przez J. P. w Warszawe w Drukarm. P. Dufour Konsyliarza Nadworne go J. K. Mci. Dyrektora Drukarni Korposu Kadetow. MDCCLXXXV, pp. 156, 16.° (Biblioteca dell’Università di Cracovia Teatr. 569). I personaggi, salvo Angelica e Valerio, hanno altri nomi.

TRADUZIONE BULGARA

Karl Goldoni: Zestokija blagodetelj. Komedia v tri dejstvija. Prijevaa ot italianski. Sofija, 1896, pp. 45 (Il benefattore crudele [!], traduzione [anonima] dall’italiano). Collez. di E. Maddalena.

TRADUZIONE RUSSA

Blagoditelnyj grubijan. Kom. per. s. fr. M. Hrapovickim. Spb. 1772, 12.° [traduzione dal francese]. Bibl. Imper. di Pietroburgo.

TRADUZIONE SERBA

Ukósenjak dobra srca, Komedija u tri cina, taljanski napisao C. G., preveo Branimir Brusina (inedita, nella Collez. E. Maddalena).

TRADUZIONE CZECA

Mrzout-dobrák cili dobrodruh dobrého srdce, veselohra o 3 jednánich, do cestiny prelozil: Dr. N. D’Alfonso. In sei numeri (24 nov. 1910-8 febbraio 1911) di un giornaletto Il piccolo di Praga, edito da N. D’Alfonso. (Collez. di E. Maddalena).

TRADUZIONE GIORGIANA (Caucaso)

del princ. Ivan Matschabelli, recitata a Tiflis e altrove dalla Comp. giorgiana dell’arte drammatica. (Programma nella Collez. di E. M.).

TRADUZIONE GRECA

[Commedie scelte di Carlo Goldoni, tradotte da G. Karatza]. Atene, 1838 (Bibl. regia Monacensis. P. O. ital. 452.d Goldoni).

Altra traduzione, di E. I. Mahre (Cefalonia, 1877), con la biografia dell’a., ricorda Emile Legrand nella sua Bibliographie ionienne, Paris, 1910, vol. II, p. 636, n. 3077.

TRADUZIONE UNGHERESE

A Jótékony Zsémbes. Vigyatek. Irta Goldoni Károly, Forditotta Ès Goldoniról Szóló Tanulmánynyal Bevezette Rado Antal. Budapest, 1892, pp. 207. Precede un saggio sul Goldoni del traduttore Ant. Rado. [p. 306 modifica]

TRADUZIONE TURCA

Rappresentata nel 1858 da una compagnia armena al Teatro Naum di Costantinopoli (Carlo Goldoni, Rivista, Firenze, 12 gennaio 1858). La notizia di questa recita fece il giro dei giornali del tempo.

Con altre commedie goldoniane, ma meno di altre adatta a rifacimenti dialettali, il B. b., fu intorno al 1876 ridotto in veneziano da Carlo Hurard per la Comp. di Angelo Morolin. E dopo il Morolin lo recitò in veneziano Emilio Zago. Ma già con Giuseppe Moncalvo Geronte aveva lasciato le aristocratiche aure della Comédie e di Fontainebleau per farsi un modesto Beltramino milanese (Autobiografia del Vecchio artista G. M., ecc. Milano, 1858 p. 12), Altro ancor più umile rafforzamento è il B.b. comm. rid. per uso dei collegi maschili (Teatro scelto per l’adolescenza, per cura dell’ed. C. Riccomani di Roma, 1878, serie III, e altrove) dove ad Angelica è sostituito Carletto, che il fratello rovinato vuole per liberarsene cacciare in una farmacia!

Come tutte le commedie fortunate anche il B.b. ebbe uno strascico d’imitazioni - in Italia e fuori - nella letteratura drammatica e narrativa. Se ne risente l’eco in Mal genio e buon cuore dell’Avelloni (cfr. Corniani, I secoli, ecc Torino, ’55, VIII, pag. 222; Salsilli Tra un atto e l’altro, 1914, pag. 227), nell’Atrabiliare del Nota (Allocco-Castellino, Alb. Nota, Torino, 1912, p. 181, 182), in Così faceva mio padre di F. A. Bon, (Costetti, Il Tea. ital. nel1800, 1901, p. 64; Salsilli op. cit., p. 224); nel Vero blasone di T. Gherardi del Testa (episodio di Angelica e di Dorval; cfr. Zendralli T. G. d. T, vita, ecc. Bellinzona, 1910, pagg. 115-121, 131), nel Nemico delle donne del Marchisio, nell’Agnese del Casari e nel Perdono del Bersezio (per i tre ultimi cfr. Toldo, op. cit., pag. 73). Il trionfo del B. b. a Parigi offre a Domenico Righetti la cornice a un suo G. a Parigirappresentato nel 1828 dalla Comp. Reale Sarda (I teatri. Rivista Milano, 18 dicemb. 1829; Costetti, La C. Reale Sarda, ecc. Milano. 1893, pag. 69-71). Negli Ultimi giorni di C. G. del Carrera il poeta morente rivive in una sua allucinazione la memorabile recita e le acclamazioni della folla entusiasta.

Tra le imitazioni francesi è certo la più notevole il Tyran domestique di Alex. Duval, recitato il 16 febbr. 1805. Restano lontani da Geronte, ma sempre ricordo della commedia italiana, L’amant bourru del Monvel (già ricordato come primo Valèredel B. b.) recitato alla Canobbiana nell’ottobre dell’11 (Il Poligrafo, 20 ottobre 1811) e l’Uomo bestiadi Bayard e Varner, "meno veritiero" del Burbero- scrive il Figarodi Milano (18 aprile 1846) per una recita a quel Teatro Re. Con titolo quasi identico - L’uomo bestiale- si fece nel 1847 a Firenze una "seconda edizione alla moderna del Sior Todaro e del Burbero, operata da una giovinetta "riferisce la Rivista di Firenze(5 maggio). Anche il Sardou si valse del Burbero per quella sua Maison neuve che tanto deve, si sa, alla commedia-madre, La casa nova. "Di Marton s’è ricordato assai il S." - avverte E. Masi" nella vecchia governante di M. n. e non di Martonsoltanto " (Scelta, cit.. II, p. 587).

Nella numerosa filiazione del Geronte goldoniano ci è caro comprendere [p. 307 modifica] anche un vero capolavoro, il Misantropo [Der Alpenkönig und der Menschenfeind], fiaba romantica di Ferdinand Raimund e non crediamo di errare per quanto la geniale trasformazione del tipo originale ne faccia una figura nuova. E dal Burbero, dal burbero studiato con minuta analisi nell’interpretazione del Novelli, deriva Der Krampus [cioè il diavolo che nel giorno di S. Nicolò si sostituisce al benefico santo per i bambini cattivi] di Hermann Bahr (pubbl. nel 1902; vedi p. 230; e sulla relazione con la fonte italiana Auernheimer in H. Bahr und der Krampus, Neue freie Presse, 24 novembre 1908).

Efficace testimonianza alla fortuna del B. b. fin oltre l’800 restano due romanzi, uno tedesco e l’altro francese, ch’ebbero a loro volta larghissimo favore:

Herr Lorenz Stark di Johann Jacob Engel (1741-1802) - il noto autore delle Idee sulla mimica e buon conoscitore del teatro goldoniano (cfr. Nota alla Moglie saggia, vol. VII) - romanzo apparso per la prima volta nelle Horen dello Schiller tra il 1795 e 1796. L’intonazione e tutta la trama nelle sue linee maestre derivano dal Burbero, ma tanto non concede Robert Riemann che accennò primo ai rapporti tra le due opere (J.J. Engels Herr Lorenz Stark, Euphorion 1900, p. 274). Questo romanzetto si ristampa ancora e fu tradotto pure, scelleratamente, in italiano (Lorenzo Stark, romanzo di J. J. Engel, prima versione italiana di A. C, Milano, 1837).

Monsieur Botte, par Pigault-Lebrun. A Paris, chez Barba Libraire An. XL - 1803. Quattro volumi. In fondo questa Post-Face: "Hè bien, lecteur malévole, que dites vous de M. Botte? - C’est le Bourru bienfaisant. - Je le sais bien. - Porquoi voler Goldoni? - Je n’ai volé personne. On ne crée pas de caractères. Il faut les prendre dans la nature, parce que, hors la nature, il n’y a rien - c’est là qu’a puisé Goldoni, et moi aussi.... Il a fait son Bourru, et moi le mien. Il l'a habillé à sa manière; j’ai costumé celui-ci le moins mal qu’il m’a été possible, et je ne suis pas plus copiste qu’un sculpteur qui fait un homme, lorsque cent autres en ont fait...."

Se non alla critica (ne disse male il temuto Geoffroy nei Journal des débats), il romanzo piacque alla folla dei lettori e fu tra i più popolari del prolifico autore e si legge ancora non senza diletto. Situazione iniziale: dissensi tra zio e nipote, originati da un apprezzamento erroneo sulla condotta di questo e da un suo amore; ma più che nella trama, l’eco del B. b., è nelle due figure principali [il collerico e il flemmatico], in singoli episodi e in diretti richiami alla commedia. Dal romanzo del Pigault-Lebrun deriva - siamo alla terza generazione - una commedia tedesca: Onlkel Brand [lo zio Vulcano], di Louis Angely, recitato al Burgtheater di Vienna il 17 aprile 1833 (Costenoble, Aus dem Burgtheater, Wien, voi. II, p. 154). E della stessa famiglia sarà pure Sir Bott ossia il bizzarro di buon cuore di Giacomo Bonfio, commedia che non potemmo vedere.

Avventure non tutte liete ebbe il B. b. nel teatro lirico. Librettisti e compositori sudarono non poco per far cantare Geronte. Il 4 gennaio del 1786 si rappresentò al Burgtheater di Vienna Il burbero di buon cuore, poeta Lorenzo da Ponte e compositore Vincenzo Martin y Solar, chiamato lo Spagnuolo. Benché il Casti - con molto senno a parer nostro - avesse detto che [p. 308 modifica]"non era soggetto da opera buffa e che non farebbe ridere "(Da Ponte, Memorie, Bari, Laterza, 1918, vol. I, p. 106, vol. II, p. 279), l’opera piacque e corse i teatri d’Europa. Altra opera trasse dal Burbero, con discreta fortuna, su libretto di Arrighi, il maestro F- A. Blasis per il 5. Moisè di Venezia l’anno 1800 (Riv. musicale, Firenze, 1842, 21 novembre, p. 125). Ben diversa sorte toccò a un B. b., con parole di G. Checchetelli e musica di D. Alessandro Carcano, rappresentato nel carnevale del 1841 al Valle di Roma. A chi vuol leggere il librettista dice: "Piacque al maestro scegliere a soggetto di un primo lavoro teatrale il B. b. del Goldoni. Le delicate passioni che in quello si svolgono avevano toccato il cuore di lui, ed io fui chiamato a ridurre in un melodramma di un atto quella commedia". La musica, ahimè!, non toccò il cuore del pubblico, come si rileva dal Ricoglitore di notizie teatrali (3 febbraio 1841, p. 179): "Con enfatiche promesse che destavano ubertose speranze, venne prodotto un nuovo melodramma intitolato: Il Burbero benefico; ma divenne malefico all’impreseu-io, ai cantanti, all’orchestra e, più che ad altri, al maestro Marchese Carcano. Il Don e il Marchesato, e l’essersi annunziato membro di varie accademie, non lo salvò da una perenne echeggiante vicenda di risate, fischi ed urli. Dovette intervenire la forza armata per tutelare la ritirata del maestro". E la critica non risparmiò neppure la "parola, misera ancor essa".

E. M.


Le Bourru bienfaisant fu stampato la prima volta nel 1771 "à Paris, chez la Veuve Duchesne, Libraire, me Saint- Jacques, au Tempie du Goût", in 8°, pp. VI- 106; e ristampato ivi più volte dallo stesso libraio-editore. Nel 1772 si ricorda una ristampa a Vienna (Ghelen) e un’altra a Bruxelles (Berghen); nel 1773 le Bourru uscì a Napoli e di nuovo a Parigi ("chez Durand Imprimeur, Libraire, Rue Saint-Jacques"), nel 1774 a Livorno (nel t. VII della Collection de Tragédies, Comédies et Drames choisis etc. "chez Thomas Masi et C.ie"). Altre ristampe, tutte più o meno scorrette, si ricordano a Londra, nel 1779 e nel 1797 (per cura di G. Polidori), e altra nel 1785 (T. Hookam. in 8°, pp. 97). Ma una bibliografìa diligente e completa manca finora. Noi abbiamo seguito fedelmente la prima edizione del 1771, corretta dall’autore, non senza tenere sott’occhio le recenti ristampe di Ernesto Masi (Scelta di Commedie di C. G, Firenze, Le Monnier, 1897, t. II) e di Gius. Lesca (Firenze, Sansoni, 1901): solo abbiamo corretto la grafia di qualche parola, avvertendo in nota a piè di pagina: e abbiamo aggiunto, per facilità di lettura, molti accenti, poiché nel testo originale si trova stampato Valere, premiere, niece, grace ecc. — Per la traduzione del Goldoni stesso, che abbiamo stampato in Appendice, abbiamo pure seguito il testo originale del 1789 (a Parigi, presso la Vedova Duchesne), riprodotto pure nel t. XXIV del Teatro Moderno Applaudito (Venezia, 1798); mentre nelle principali raccolte delle commedie goldoniane, compresa l’ed. Zatta, si ristampò quasi sempre la versione di Pietro Candoni, edita per la prima volta nel 1772 a Venezia dal Savioli, la quale riapparve anche di recente, nel 1908, nell’Antologia goldoniana per cura di Rosolino Guastalla (Livorno, ed. R. Giusti).