Le notti degli emigrati a Londra/Nota preliminare dell'editore

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Nota preliminare dell'editore

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Le notti degli emigrati a Londra Maurizio Zapolyi


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NOTA PRELIMINARE DELL’AUTORE



I tre episodi delle Notti degli Emigrati a Londra si riferiscono: alla rivoluzione dell’Ungheria, nel 1848; alla sommossa della Polonia, nel 1863-64; al tentativo di rivolta in Calabria, nel 1848.

Non è il romanzo storico. Non è la storia-romanzo. È la fantasia che circola nella storia vera e ne fa un dramma. Tutto vive sotto questo nuovo soffio: fatti, paesaggi, uomini. Gli enti fantastici che si caccian dentro agli avvenimenti reali sono come un raggio di sole che penetra in una camera oscura e rivela nell’ambiente del fascio luminoso un mondo di molecole di oro, animate, vertiginose. Il cadavere della storia risuscita e cammina.

Tutto è vero non pertanto — tranne le peripezie del cuore. L’Ungheria, la Siberia, sono state fedelmente descritte; la poesia tenne la paletta, ma la na[p. vi modifica]tura servì di modello. Le situazioni drammatiche sono numerose ed impressive. L’interesse del racconto s’impossessa del lettore e non gli lascia più lena.

Uno spicchio di emigrati, scampati alle tempeste dei loro paesi, gittati come alghe desolate sulle spiagge tutelari dell’Inghilterra, si riuniscono la sera, e ciascuno racconta le miserie o le glorie della sua patria, e le sue proprie peripezie.

Le avventure che narrano sono terribili.

L’ungherese è fatalista, nervoso, spiccio; appena se trova il tempo di commuoversi: egli vola. Il polacco è cattolico, piega sotto la mano della Provvidenza e giammai non si spezza, è minuto, istrutto, osservatore, ma ha il cuore chiuso. La sua storia psicologica s’intravede appena, come conviene ad un uomo nato in una contrada ove il pensiero si spia e la parola si condanna. L’italiano è scettico e frivolo. Egli è divenuto tale sotto i disinganni e le prove.

Delle tre donne dei tre episodi, la calabrese è l’intelligenza viva e pronta che piglia a volo la sua parte e riceve l’amore nel cuore come la torpedine riceve la scintilla elettrica. Appare: non è più! La siberiana è l’energia umana che lotta contro le forze della natura e soccombe. La contessa ungherese è la fiera patrizia che aggiorna l’amore all’ora del [p. vii modifica]trionfo della patria.... ma quest’ora non giunge! Dei nugoli di cosacchi, come i nugoli delle cavallette bibliche, oscurano il sole della regina del Danubio.

Che tragedie!

Il marchese di Tregle fu pubblicato prima in inglese nel Cornhill Magazine di Thackeray, poi in francese nelle Revue Moderne a Parigi. Questa stessa Revue ha altresì pubblicati gli altri due episodi.

Le rivoluzioni, cui si accenna, finirono tutte miseramente. Ma, quella di Polonia eccetto, esse han preso di poi la rivincita. E l’Italia è sorta; l’Ungheria ha assorbita l’Austria.

Il signor Petruccelli della Gattina fa seguire dunque questi racconti da considerazioni politiche, ove la nuova trasformazione si accenna ed i nuovi destini s’indicano. E questa è forse la parte la più importante del presente volume — non per le donne, no; ma per gli uomini, i quali, in paese libero, nella marea della storia contemporanea — che non si localizza ma agita tutta l’Europa e si frange su tutti i punti dell’orizzonte, — desiderano approfondare la missione delle nazioni e seguirne dello sguardo l’orbita fatale.

Sarebbe stato forse giovevole che l’autore avesse fatto per l’Italia ciò che ha fatto per la razza slava: [p. viii modifica]una ricostruzione storica limpidissima, a grandi tratti, ed una specie di foglio di via dell’avvenire. Ma l’autore tratta l’Italia leggermente. Si direbbe ch’egli la paghi della sua moneta; perocchè gl’italiani non apprezzano delle opere e nelle opere di lui che la parte frivola, lo stile vivo e scorrevole, ed alcuno non va al fondo. Eppure un fondo nuovo, originale, che penetra fino alle fibre rudimentali della vita, vi è, e nella Storia diplomatica dei Conclavi, e nelle Memorie di Giuda, cui un giornale tedesco chiamava il libro più audace del secolo.


Milano, ottobre 1871.