Le odi di Orazio/Libro quarto/IX

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Libro quarto
IX

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Quinto Orazio Flacco - Odi (I secolo a.C.)
Traduzione dal latino di Mario Rapisardi (1883)
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IX.


Non periranno quei detti, credilo,
    Ch’io, nato ai lunge resonante Aufido,
        Con arte non prima saputa,
        4Atti a’ lirici metri discorro.

Non, se le prime sedi ha il Meonio
    Omero, oscuri sono i pindarici
        E i Cei e d’Alceo minaccioso
        8E del grave Stesicoro i canti.

Non cassò il tempo gli anacreontici
    Scherzi; anco spira l’amore, vivono
        Ancora fidàti alla cetra
        12Dell’eolia fanciulla gli ardori.

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Non fu soltanto la spartana Elena
    Che i colti crini, le fogge splendide
        D’oro e il regio fasto e i seguaci
        16Ammirando del drudo si accese;

Non Teucro i dardi d’arco cidonio
    Dirizzò primo; non vessata Ilio
        Fu una volta; nè Idomenèo
        20Grande o Stènelo solo battaglie

Degne di canto pugnò; non Ettore
    Fiero, non primo l’acre Deìfobo
        Toccò gravi ferite in guerra
        24Per la sposa pudica e pe’ figli.

Vissero prodi pria d’Agamènnone
    Molti, ma in lunga notte si premono
        Tutti illacrimati ed oscuri,
        28Perchè un sacro poeta a lor manca.

Poco a sepolta virtù è dissimile
    Virtù ignorata. Non io del fregio
        Vorrò de’ miei versi privarti,
        32Nè torrò che i tuoi molti travagli

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O Lollio, impune occupi il livido
    Oblio. Tu esperto del mondo e provvido
        Un animo accogli, e ne’ tempi
        36O secondi o sinistri diritto;

D’avare frodi vindice, sobrio
    Dell’or che trae tutto a sè. Console
        Non già d’un sol anno, ogni volta
        40Che fu giudice buono e fedele,

Sempre all’onesto pospose l’utile;
    Respinse i doni de’ ribaldi uomini
        Con alto cipiglio, e vincente
        44Spiegò l’armi fra turbe nemiche.

Non chi possiede molto ti è lecito
    Chiamar beato: quei sol ben merita
        Di beato il nome, che usare
        48Degli Dei saggiamente sa i doni;

Quei che la dura povertà tollera,
    Più che di morte, di colpa timido;
        Non ei per gli amici diletti,
        52Per la patria morire paventa.