Le rime di M. Francesco Petrarca/Sonetto CCLXXVIII

Da Wikisource.
Sonetto CCLXXVII Sonetto CCLXXIX

[p. 224 modifica]

SONETTO CCLXXVIII.


I
dì miei più leggier’ che nesun cervo,

     Fuggîr come ombra, et non vider più bene
     Ch’un batter d’occhio, et poche hore serene,
     4Ch’amare et dolci ne la mente servo.
Misero mondo, instabile et protervo
     Del tutto è cieco chi ’n te pon sua spene:
     Chè ’n te mi fu ’l cor tolto, et or sel tène
     8Tal ch’è già terra, et non giunge osso a nervo.
Ma la forma miglior, che vive anchora,
     Et vivrà sempre, su ne l’alto cielo,
     11Di sue bellezze ogni or più m’innamora;
Et vo, sol in pensar, cangiando il pelo,
     Qual ella è oggi, e ’n qual parte dimora,
     14Qual a vedere il suo leggiadro velo.