Le rive della Bormida nel 1794/Capitolo III

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Capitolo III

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CAPITOLO III.



Sotto quel cielo, a piè di quel castello, viveva quella Bianca, che la signora Maddalena andava a cercare. Essa era una giovinetta in sui diciotto, e se io mi provassi a ritrarla; e dicessi che il suo viso pareva di questa o di quella statua; che l’occhio aveva grande, nero, intento, e l’incarnato delle guancie fresco e sincero come di bambino allattato sull’Alpi; i miei quattro lettori se la figurerebbero ognuno diversa e di sua fantasia: e però mi pare meglio dire in una parola che essa era bellissima. Bellissima e mesta, aveva il portamento d’una santa che ignorasse d’essere in terra; e forse per averla veduta guardare in cielo, coll’atto di chi aspetta di lassù qualcosa, Giuliano se ne era innamorato. Vicina a lei, quasi fosse il suo angelo custode, si vedeva sempre un’altra fanciulla, più giovane di qualche anno; la quale sebbene non le somigliasse punto, e fosse bellezza di tutt’altra sorta, era sua sorella e si chiamava Margherita. S’amavano, ma non osavano dirselo; e pareva ad esse di fondersi l’una coll’altra, d’essere la felicità in persona, quando potevano darsi del tu, senza il pericolo d’essere intese. Ma questa era cosa che accadeva assai di rado; perchè il babbo se le sue figliuole avessero usato tra loro questa confidenza, gli sarebbe parso d’udire tremar la casa dalle fondamenta, e guai alle poverette. Esse potevano dirsi [p. 46 modifica]le due gemme di C.... e già in chiesa, a vederle sotto quel velo bianco, aereo, che le fanciulle delle terre liguri sapevano, fin d’allora acconciarsi in capo con tanto garbo; la gioventù pensava più ad esse che alla preghiera. Orfane della madre sin dall’infanzia di Margherita, avevano vivo il padre che si chiamava il signor Fedele; uomo ricco, tirchio, rozzo, più che sessagenario, dottore di legge molto reputato nel borgo. Costui era di quella maniera di padri, che gli affetti, se ne hanno, li tengono bene nascosti: nè aveva pensato che a far roba, per arricchire le figlie. Della loro coltura manco s’era sognato, e se fosse rimasto da lui, le giovinette non avrebbero imparato che a leggere, tanto da poter cantare nella processione del Corpus Domini col libro in mano. Scrivere non sapevano, perchè non era cosa che di quei tempi si potesse insegnare alle donne, se non da parenti che le volessero usare al male. Ma lavoravano di cucito per bene, e in casa facevano tutto colle loro mani: perchè il padre, duro a spendere, permetteva solo che una donna venisse a cavar l’acqua e a rigovernare le stoviglie, e appena fatto se n’andasse, che egli gente d’altri in casa non ne voleva. Per compensarle delle loro fatiche, dava in carnovale una festicciuola da ballo, in cui si mostrava discreto spenditore; e una sera di quaresima le conduceva al teatrino del borgo, a vedervi la passione di Cristo, rifatta dai disciplinanti della sua confraternita, con gran pompa di mitre, d’elmi, e di turbe, che finivano col fico di Giuda; donde si vedeva spenzolare l’apostolo scellerato, tra le risa degli spettatori. Del rimanente la vita la passavano parte in borgo, parte in villa; il governo della famiglia era mantenuto dal signor Fedele con gran rigore; ed essendo egli di quei tali, che intendono gli uffici di capo di casa a una torta maniera; entrando od uscendo, sulla soglia mutava il viso; altro era dentro, altro di fuori, burbero ed alla mano. Quando in famiglia si parlava di lui non dico che si tremasse, ma i cuori si facevano [p. 47 modifica]piccini; fuori nessuno si lagnava dei fatti suoi, nessuno ne diceva male, ma era uno di quegli uomini che bisogna averli morti per sapere se furono amati o temuti. Si mostrava assai cosa di chiesa, dove o s’udiva a intuonare in coro il suo salmo, o si vedeva ritto in parte da essere scoperto da tutti; in piazza dava strette di mano a destra e a sinistra; se la faceva da amico con tutti i signori dei contorni, e coi preti del borgo, allora così numerosi, che dall’alba fino a mezzogiorno le campane non finivano mai di suonare a messa. Monete pel sottile ne aveva messe di molto.

Come mai quelle due giovinette senza madre, avessero potuto venire su così gentili, con quella sorta di babbo; è cosa che non si potrebbe spiegare, senza dire che la Provvidenza, proprio non soffre un male quaggiù, che lì vicino non vi ponga il rimedio. Una cognata del signor Fedele, viveva nella famiglia, recondita, mansueta buona a fare ogni bene, quantunque fosse cieca nata. Per la vita che aveva menata raccolta e meditativa, le si erano affinate le virtù dello spirito e del cuore; di maniera che miglior educatrice, non si avrebbe trovata nè in C.... nè in altre parti di quella valle. Si poteva dire di lei, che si fosse seduta al posto della sorella morta, a far da madre alle sue nipoti; e finchè erano state piccine non aveva provato gran dolore di non poterle vedere: ma ora sentendo Bianca cresciuta alla voce, ai detti, ai silenzi in cui cadono le giovinette nell’età della loro vita, che incomincia la donna; quel non poterla studiare nel viso, era divenuto un gran tormento per la povera cieca; la quale conosceva tutte le cose buone e le tristi del mondo, come per una misteriosa rivelazione. E non potendo altro, pregava Dio che per Bianca e per Margherita, quando fosse stato tempo da ciò avesse mandato due giovani, poveri o ricchi non montava, ma quali essa se li sapeva immaginare; poi che l’avesse presa. Nel borgo non la si vedeva, salvo che quando andava alla messa e ai vespri, franca di passo [p. 48 modifica]in mezzo alle nipoti; e nel tragitto essa capiva come camminassero confuse perchè guardate dalla gioventù del borgo: ma con quel suo viso calmo e muto, comandava rispetto a coloro che avessero osato fissarle di troppo. Nell’andare e nel tornare dalla chiesa le donne la salutavano: «damigella Maria:» ed essa si fermava fossero signore o popolane; appiccava discorso volentieri, interrogava e rispondeva benevola; e (tutti abbiamo qualche peccato) se quelle persone vestivano a nuovo, godeva a parlare della bella indiana, del rigatino, del bordato, che sapeva discernere al tatto e all’odore. E alle voci conosceva anche gli aspetti, e diceva delle cose e delle persone, servendosi sempre del verbo vedere, come se davvero avesse veduto. Passeggiava volentieri a lungo, ma fuori per i prati sulle rive del torrente, che col suo mormorìo gli pareva un compagno caro come le nipoti che le davano mano. Ma la sua felicità era l’estate, che se non s’andava in villa, poteva passare le ore su d’un’altana, ombrata di luppoli, la quale dava su di un vicoletto, e aveva di faccia la casa di quel don Marco, stato maestro di Giuliano. Da un terrazzino di quella casa benedetta, il giovane aveva veduta Bianca la prima volta, questa dall’altana aveva visto lui; l’intelletto d’amore s’era in essi destato; e per anni non era passato giorno, che non fossero stati ognuno al suo posto parecchie ore. Ma Bianca, trovandosi in gran confusione, si soleva tenere nascosta dietro certi vasi di fiori, col cuore che le pareva pieno di musiche, di canti, di quell’aura misteriosa che soffia la primavera. Non s’accorgeva di nulla la cieca, don Marco qualcosa del suo alunno capiva: tuttavia sapendo che l’amore nascente all’età di quei due è cosa divina, egli taceva.

Un giorno che ancora l’altana non era rinverdita, ma già si godeva a stare all’aperto pel tempo bellissimo; la cieca e le nipoti v’erano state confinate dal signor Fedele, il quale aveva in casa una persona, con cui gli [p. 49 modifica]bisognava parlare in gran secreto; una persona che Bianca sospettava chi fosse, e a pensarvi le pigliava un’uggia non mai provata. Damigella Maria, con una sua scusa, fatta andare Margherita nelle stanze disopra, stringeva coi discorsi Bianca; per sapere da lei, come mai cinque giorni prima, (il giovedì santo) andando in chiesa, fosse uscita in un grido mal represso, e quasi avesse inciampato a guisa di persona confusa da vista inaspettata. Quella era la quarta volta che la cieca tornava ad assalire la nipote con quei parlari; dubitando che questa avesse veduto qualcuno, che già potesse sopra il suo cuore; e voleva cavarle una confessione. Bianca si schermiva, combattuta dal desiderio di dire la verità, provando anzi il bisogno di sfogare qualcosa che le bolliva dentro; ma alla zia no.... sentiva di non potergliela dire.

Potevano essere quel giorno, le quindici ore d’Italia, e il calesse su cui veniva la signora Maddalena, giungeva a scoprire ii borgo di C....; e Anselmo ne faceva avvisata la viaggiatrice, la quale al cenno rispettoso di lui, alzò il capo, e guardò intorno quei luoghi non più riveduti dacchè vi era venuta col marito, a porre Giuliano a scuola in casa a don Marco. Rimirando quei luoghi, quasi sentendo d’averlo ancora allato, pregò l’anima di lui a starle vicino; e le torri brune di C..., le vette alte degli olmi che allora cingevano il borgo, il castello in rovina, le parve facessero segno di antica amicizia. Subito cercò coll’occhio i siti delle case a lei note; vi si mise dentro colla fantasia, s’immaginò le liete accoglienze; e un po’ raccapricciava, pensando ai mutamenti e alle morti che vi troverebbe avvenute; un po’ noverava le famiglie alle quali, appena avuta una risposta da chi doveva darla, sarebbe andata ad annunciare le nozze di Giuliano. E studiava le parole da dirsi; quando quel dolce lavoro della mente, le fu turbato da uno spettacolo non veduto altra volta. Pei campi e pei prati a sinistra della via, giostravano gli Alemanni, passati a D..., [p. 50 modifica]mesi prima; quegli Alemanni odiati tanto da suo figlio; e nei loro esercizi parevano governati da voci strane, alte, rabbiose; da squilli di trombe, da rumor di tamburi. Alcune coorti di cavalli galoppavano a briglia sciolta, varcando di lancio i fossati, balzando con turbinoso agitare di zampe per disopra alle siepi, divorando fragorose gli spazi a investire le squadre dei fanti; e allora urla e scompiglio come in vera battaglia. A piè d’un muricciuolo d’orti, di costa alla via, ardevano i fuochi del campo: nereggiavano appese sopra le fiamme grosse caldaie, intorno alle quali s’affaccendavano alcuni soldati luridi; mentre alcuni altri contendevano per cavar acqua da un pozzo, e ne facevano altalenare il mazzacavallo, come monelli. Da un poggio poco discosto, si diffondeva un’armonia di strumenti guerriera e pietosa, che faceva pensare all’Allemagna, alle famiglie di quei soldati, alle venture sanguinose, cui erano condotti così da lontano.

La signora Maddalena veniva guardando tutte queste cose, piena di compassione, e due o tre volte aveva affrettato coi cenni Anselmo curioso e restio; il quale dopo un altro po’ di trottata, uscì dicendo «siamo arrivati».

Erano dove la via correva tra le ortaglie del borgo, quasi in ripa ad una gora, che mena anche adesso l’acque ad un antico mulino; e vedendo a man diritta una chiesetta campestre, la signora Maddalena si raccomandò al santo patrono di quella, qualunque egli fosse. Quella chiesetta era dedicata a Santa Marta, e sorgeva allora solitaria in mezzo a quegli orti; ma oggi la stringe dall’un dei lati, il cimitero, dove se ne va in pace la nostra gente; dall’altro stanno quattro muricciuoli a nascondere due tombe; nelle quali (molti lo credono) si dice che stia rinchiuso il bieco governatore di Sant’Elena, colla sua famiglia. In verità, sarebbe cosa da chiarirsi, se Hudson Low cacciato di terra in terra come un malfattore, sia riuscito davvero a finire i suoi giorni in quel villaggio, così vicino a Montenotte; dove il suo prigioniero era stato preso sull’ali dalla gloria e dalla fortuna. Il fatto [p. 51 modifica]è che in quelle due tombe, giace una famiglia di protestanti inglesi, venuti a dimorare e a morire in C...., saranno poco più di cinquant’anni; e i veterani di Spagna e di Russia, passando vicino a quelle tombe; in cambio di pregare, godevano di calcarsi in capo il cappello per far onta al morto, e tiravano oltre guardando losco e brontolando.

Quel giorno che le tombe credute di Hudson Low, e i veterani di Napoleone erano ancora di là da venire, Anselmo tirò oltre anch’egli; e indi a poco, il calesse fu a traversare il ponte lungo, stretto, basso di muricciuoli, i quali a ciascuna pigna formavano un angolo, dove i camminanti potevano, bisognando, cansarsi dalle file di muli, che allora varcavano numerose, spandendo per quelle valli la musica di centinaia di sonagliere. In capo al ponte, sorgeva un’altra cappelletta, (ve n’erano a tutti i passi) e questa serviva a deporvi i morti del contado, fino a che la confraternita li venisse a levare pel mortorio. Alcuni fanciulli vi ruzzavano baloccandosi a giocare alle palle di piombo avute dai soldati che sempre sono loro amici; e all’apparire del calesse stettero maravigliati, per non aver mai visto altrettanto. Ma altri più discoli che facevano alle piastrelle sul greto del torrente, s’affollarono su per la ripa a chi più corresse, a chi arrivasse alla carrozza; e l’avrebbero assalita a furia, senonchè il primo che potè agguantarla per di dietro toccò una frustata sulle mani; e gli altri si fermarono intorno a lui piangoloso e umiliato, che si fregava il bruciore zoppicando. La signora corrucciata, rimproverava ad Anselmo il suo giuoco bestiale, e si volgeva addietro a guardare pietosa il mal capitato.

Girando a manca repentinamente, di là a cinquanta passi s’era alla porta del borgo, ampia d’arco, munita ancora delle gravi imposte dei tempi, in cui si soleva chiuderla; e prolungata a guisa d’androne, sotto una volta, dalla quale si levava una torre, stata alta e forte, e poi mozza e divenuta casa di gente dabbene. In [p. 52 modifica]una delle pareti sotto la volta, si vedeva una rozza dipintura, che aveva ad essere l’immagine della Madonna; e di faccia a questa, in una stanza terrena, umida e tetra, v’era la guardia Alemanna.

Spiacque molto alla signora Maddalena, dover attraversare lo spazio tra il ponte e quella porta, perchè sott’essi gli olmi che in lunga fila sorgevano fuori le mura, sebbene per la stagione non rendessero ancora ombra, conversavano a capannelli i maggiorenti della terra. Uno di quegli olmi che per essere solitario e molto spanto pareva piantato là a posta per gente privilegiata, ed era il più vicino alla porta, si chiamava l’olmo dei preti. Nessuno che non fosse stato prete o frate, avrebbe osato di fermarvisi sotto; e in quel momento che la signora passava, vi stavano a crocchio discorrendo assai caldamente, mezzo il clero del borgo e mezzi i frati di un convento poco discosto, che vedremo tirando innanzi. Qua e colà, soldati infermi all’aspetto, sedevano al sole, fumando le loro pipe di Boemia, accidiosi e mesti; o accosciati in molti, l’uno dopo l’altro, s’acconciavano tra loro i capelli, s’intrecciavano le lunghe code; sudici, cenciosi motteggiandosi nei loro linguaggi, come mostravano alle risa e agli sdegni.

I discorsi di quei signori e di quegli ecclesiastici, volgevano su cose di sì gran momento; che alla vista del calesse niuno si mosse tra i curiosi sfaccendati, che in altra occasione avrebbero fatto folla come i scimuniti. E bisogna sapere che questo avveniva perchè appunto quella mattina era giunta la nuova che i Francesi, fattisi grossi, all’improvviso, sul confine della repubblica di Genova, da Mentone a Ventimiglia, ne avevano invaso il territorio, tentavano di guadagnare i varchi e le vette dell’Alpi Marittime; e a calarsi da queste nelle valli della Bormida vi avrebbero messa poca fatica.

La signora Maddalena gli udì litigare sui nomi dei luoghi invasi dai Francesi e sulle distanze; e lietissima di non essere badata, si mise dentro l’androne, e tirò [p. 53 modifica]diritto per la via maestra del borgo. Gli artigiani si affacciavano agli sporti guardandole dietro un istante, mettendosi poi a chiaccherare colle mogli, o chiedendosi da bottega a bottega quella donna chi fosse. Essa smontò ad una porta, che Giuliano le aveva descritto così bene, che neanco cieca avrebbe potato sbagliare; disse ad Anselmo che desse di volta e andasse ad aspettarla, oltre il ponte, presso certa casuccia di costa alla via; poi salì le scale, d’onde s’udiva venir giù una pedata grave e sonora di sproni. E subito comparve un uffiziale Alemanno, allegro in vista come tornasse dall’aver vinto un’esercito; uomo tozzo e impersonato, si che ad ogni mossa, muscoli e polpe parevano lì per isquarciargli i panni. Portava in capo uno di quei berrettoni da ulano, che i vecchi di quelle parti rammentano, paragonandoli per la forma a un manticetto, e ne aveva coperta la fronte fin sulle sopraciglia; sotto le quali balenavano un par d’occhi verdastri, grandi, mirabilmente accompagnati a due mostacchi rossicci, folti, attorciati come le branche d’uno scorpione. Ad averlo visto una volta, lo si avrebbe potato ritrarre dal più inesperto con tre pennellate, di scorcio, di profilo, di prospetto tanto la sua vista colpiva; ma da gentil cavaliero, s’accostò al muro, lasciando spazio, quanto la sua persona ne poteva concedere alla dama; la salutò con garbo tra soldatesco e paesano; e questa continuò a salire fino all’uscio che andava a picchiare.

Damigella Maria e Bianca non s’erano per anco mosso di su l’altana; e una donna che aveva vista la signora Maddalena entrare dal signor Fedele, passando pel vicolo, levò in alto la faccia, e disse alla cieca: «damigella Maria, le viene in casa una signora forastiera.» A Bianca il cuore fece dentro un gran moto, e proprio in quel punto s’udì uno squillo del campanello. Essa, vi fosse o non vi fosse sua padre a sgridarla, corse ad aprire; e la signora Maddalena non aveva lasciato, sto per dire, il cordoncino del campanello, che l’uscio fu [p. 54 modifica]spalancato, e le apparve Bianca, dimessa le vesti e in tutta la semplicità della sua bella persona. Vederla, ravvisarla per quella che le aveva detto Giuliano, prenderle fra le mani la testa e baciarla in fronte, fu per lei un solo atto. E la giovinetta si lasciava fare tra desiderosa e soprafatta, sentendosi discendere molto addentro l’occhio di quella donna, che aveva i segni in viso d’una dolcezza infinita. Nè sapeva, ma le pareva d’averla conosciuta; l’immagine di Giuliano veduta a C... tre o quattro volte in quella settimana, la rivedeva lì; non osava richiedere del suo nome la forestiera, ma era certa che n’avrebbe risposto uno caro, già noto, chi sapeva quale? E non pensava lei sola a Giuliano; perdio la signora Maddalena, guardandola la paragonava per la bellezza a lui, qual era alto, aitante e fiero; le pareva di vederlo cogli occhi nerissimi ora fulminei, ora mesti, intenti nella fanciulla; gioì per essa che l’avrebbe trovato uomo degno d’altissimi amori, la cui anima accesa di lei sarebbe divenuta luce; e la castità della vita che brillava in volto al giovine, stimò degna dalla vergine che aveva dinanzi.

Non v’è da meraviglirsi se in quel momento che quasi era in estasi, la signora Maddalena credè già il parentado bell’e fatto; nè se passato il primo silenzio parlò alla fanciulla con materna dimestichezza, dandole del tu, o chiedendole dove fosse suo padre. Allora Bianca capì di più, e tramando per la gioia, metteva lei in una sala; dove andando e tornando alcuni passi, chiedendo confusa e rispondendo colle vampe nel viso, seppe il dolce nome e corse come potè a chiamare il proprio padre.

Chi pensasse che la sala del signor Fedele, sebbene tra le più belle del borgo, fosse arredata con fasto, s’ingannerebbe di molto. I tempi chiedevano poco, e il padrone d’arredi non si curava molto. Poche sedie, coperte di cordovano nero die vi stava appiccato con borchie di ottone; un divano scuro; uno specchio, che a guardarvi dentro si pareva butterati; due quadri antichi, uno dei [p. 55 modifica]quali rappresentava il sogno di Giacobbe, l’altro la Samaritana al pozzo: ecco tutto quello che là dentro si poteva vedere in un’occhiata. A una persona nuova, quella sala sarebbe forse paruta d’un israelita usuraio; ma Bianca aveva lasciato negli occhi della signora Maddalena tanto bagliore, che questa non avrebbe veduta più splendida la dimora d’un re. Rimasta collo sguardo fisso là donde Bianca era sparita, quasi continuasse a vederla, ad ammirarla, pensava a quella bellezza, mai più immaginata, agli anni che avrebbe vissuto con essa nella felicità della sua casa di D..., e benediceva Giuliano d’averla voluta per sua.

La tolse da quella sorta di rapimento la voce grossa del signor Fedele, che veniva di stanza in stanza, approssimandosi con certi oh! lunghi e pieni di reverenza; e indi a poco comparì egli stesso frettoloso e grave, col dorso ossequente, e con una mano tesa ad una accoglienza rispettosa, coll’altra acconciandosi tra l’orecchio e la tempia una grossa penna di pollo d’India. Portava calzette nere, come le portano i preti, e brache di stoffa tralucente e nere anch’esse; le grandi fibbie d’argento delle sue scarpe lustravano da far gola ad ogni mariuolo; le catenelle dei due orologi che aveva nel panciotto di seta cangiante, gli battevano sonore sulle cosce; e quella penna l’aveva presa passando dallo scrittoio, così per parere.

«Oh! suonate a gloria campane! sclamò egli appena vide la visitatrice — la signora Maddalena! Ma che miracolo, che buon vento, che fortuna è la mia? segga, si metta a sedere, la prego!» E voltando dieci inchini; prima che la signora avesse potuto dire una parola, già l’aveva ridotta a sedere sul divano, e le si metteva di faccia sulla prima scranna che gli capitò d’agguantare — «Dunque ella sta bene, proseguiva, ed anche suo figlio? n’ho piacere! So della disgrazia del marito... eravamo amici, fratelli! sono dolori, ma che vuole! uno alla volta s’ha da partir tutti! E laggiù il signor pievano, [p. 56 modifica]che è sempre grasso, rosso....? questa quaresima hanno avuto un predicatore di qui, mio grande amico e grande oratore.... com’è piaciuto?

«Piacque; — rispose la signora, cui quel tempestare del signor Fedele, metteva addosso non sapeva che confusione.

«Eh......! Bisognerà bene che qualche giorno venga a D.... a pigliargli un pranzo al pievano, se no mi scomunica!....» — continuava egli — ma che vuole? non s’ha mai un’ora libera..... benedetti clienti, benedette liti....!

«Chi sa? — diceva essa. — Forse io potrei darle occasione di venire a D.... più sovente.

«Oh! — sclamò il signor Fedele; e componendosi colle mani sul ginocchio, e col viso sporto, stette aspettando, come a dire, i cenni d’una cliente che poteva pagare assai bene.

«A dire il vero — continuò la signora — vengo per una cosa di cui avrei dovuto farle parlare da qualche amico nostro..... Ma lei mi perdonerà.... mi scuserà....

«Scusarla! — saltò su a dire il legale — che mi fa celia? Io sono qui tutto orecchi, non ha che a comandarmi, sono cosa sua io, la mia professione, la mia casa, la mia famiglia..... e parla di scuse?

«Ebbene — disse la signora pigliando animo — vengo a chiedere la sua Bianca pel mio figliuolo....

«Bianca? — bisbigliò egli sommesso, levandosi e correndo a chiudere per bene l’uscio pel quale era venuto; — più che volentieri.... ma.....» — E qui tornato a sedere, appoggiò il dosso alla spalliera della seggiola, distese le gambe, sprofondò la sinistra nella saccoccia del panciotto, poi colla destra si tirò sul petto la coda come soleva in tutte le occasioni che gli davano da pensare.

«Dunque? — interrogò timida e rimescolata la signora.

«Dunque......., io le dico una cosa; se suo figlio vuole ammogliarsi, diamogli tra un paio d’anni l’altra mia figliuola, la Margheritina..... [p. 57 modifica]

«O perchè non Bianca?

«Bianca..., non lo direi a mia madre se tornasse dall’altro mondo..., ma a lei... mi sia segreta..., Bianca l’ho promessa......

«Promessa! sclamò la signora colla voce spenta di chi cadendo da una grande altezza volesse mandare un grido: — promessa? e non vi sarebbe rimedio?

«Oh! quando noi si promette, gli è come avesse parlato il re!

«Pazienza! — essa disse, e si levò da sedere per partirsi. Le gambe quasi non la reggevano, e nulla sapeva più rispondere a lui; che ingegnandosi di parere cortese le parlava di star a desinare, di riposarsi, di far conto di essere in casa sua. A quell’uscio dove Bianca l’aveva accolta, la signora prese commiato; e il signor Fedele tornando al suo studiolo, passò vicino alla fanciulla, che sola, atterrita, sedeva cogli occhi fissi sul pavimento, in una stanza attigua alla sala. Essa aveva inteso ogni cosa. Soffermatosi a guardarla allegro e malizioso in vista: «eh? — le disse — quanti ve ne sono dei padri sui quali s’affollino i partiti per le loro figliuole, l’uno che incontra l’altro su per le scale?» E piantò la poveretta, che a questo parole capì a chi suo padre l’avesse promessa. Le parve che la sua mente si spegnesse; ondeggiò, si slanciò forse per raggiungere la signora Maddalena.....; poi non potendo altro, corse sull’altana, a smaniare colla testa in grembo alla zia, la quale chiedeva invano che vi fosse, e in quella novità non si sapeva raccapezzare.

Sgomenta forse quanto Bianca, la madre di Giuliano camminava, s’andasse a riuscire dove si fosse, pur d’allontanarsi da quella casa e dal borgo. Ma a un tratto diede di volta, rifece la via, fu alla casetta di don Marco, ed entrò chiamando il prete.

Don Marco stava solo solo nella sua cameretta, leggendo l’Emilio di Gian Giacomo, avuto di quei giorni da un amico di gran segreto; e quella lettura gli aveva [p. 58 modifica]destato un’avidità febbrile che non gli dava pace nè giorno, nè notte. Uditosi chiamare, si fece incontro con quel libro in mano a chi veniva, e non appena ebbe visto la signora:

«Ecco! ecco — sclamò — suo figlio voleva essere educato con questo libro...., e appunto leggendo pensava a lui......

«Meglio — rispondeva essa — meglio non aver figliuoli, o non essere al mondo a vederli infelici.»

Queste parole e l’atto con cui cadde di sfascio su d’una scranna, fecero tremare al prete le membra e la vita, come se d’un tratto gli si fossero aggiunti vent’anni, nè trovava il fiato per domandarle che le fosse accaduto. Ma in quella s’udì un passo precipitoso, e Bianca accesa in viso di pudore, e bella per angoscia di più scolpita bellezza, si mostrò sulla soglia. Avendo vista dall’altana la signora entrare dal prete, e non potendo più reggere; per certa scaletta che metteva a terreno, era discesa, aveva attraversato il vicolo, e capitava là dentro a crescere lo stupore di don Marco, gettandosi nelle braccia della signora. La quale a prima giunta credendola inseguita, la strinse al seno, guardando l’uscio se qualcuno irrompesse; poi reggendole la fronte: «o Bianca — sclamò — siamo infelici tutti!

«Ma io — proruppe la fanciulla — quell’Alemanno non lo sposerò!

«Che....? quello forse che incontrai per la vostra scala.....? — disse la madre di Giuliano chiarita in un sol punto di tante cose e anche di quell’odio giurato agli Alemanni dal figlio. E la fanciulla con voce solenne:

«Sì...., ma morirò! nessuno potrà costringermi.... nemmeno mio padre!»

«Bianca — entrò a dire don Marco, che rinvenuto dallo sbalordimento, molto aveva capito da quelle poche parole; — e perchè parli sdegnato del padre tuo?»

La fanciulla tacque e chinò gli occhi dinanzi al sacerdote. Egli continuò amorevole: [p. 59 modifica]

«A che ti vorrà costringere tuo padre? Perchè tu lo accusi? Va, piangi, sfogati, e prega; stattene raccolta nella tua camera più che puoi..., la solitudine addolcisce l’anima e insegna molte virtù a noi, e a chi ci pare contrario...! Abbraccia la signora Maddalena..., essa mi dirà ogni cosa.... t’aiuteremo»

Così dicendo sciolse la giovinetta dalle braccia della signora, la prese per mano e la condusse verso l’uscio con gran dolcezza. E «non ti scaccio, no — le disse — ma va, e vedrai che ti vogliamo bene...»

Da quella soglia, la poveretta, con uno sguardo lungo insaziabile, si fissò nella madre di Giuliano; poi si fece forza e partì, confusa e meravigliata d’aver tanto osato.

«Povera Bianca! — sclamò don Marco — dunque se ho capito bene...?

«Sì, — interruppe la signora — venni a chiederla sposa pel mio figliuolo, e la trovo promessa....!»

«Promessa, s’intende a sua insaputa; e siamo in terra di cristiani!

«E dire che Giuliano l’amava da anni! Benedetto figliuolo, se me ne avesse parlato!

«Ed io — disse il prete con voce impressa di rimorso, — io che m’era accorto di quest’amore, sin da quando egli veniva a scuola da me! la colpa è mia che avrei dovuto mettermi di mezzo, e prima ch’egli andasse a Torino, chiedergli che avesse in mente di fare...! Forse non avremmo adesso quest’Alemanno tra’ piedi....

«Ma don Marco, don Marco; Giuliano come farò a quetarlo...?

«Bisogna fare che di questo soldato non sappia nulla; pensiamo che questi stranieri sono strapotenti; che qui non si vede nulla più bello di loro: e un cenno, un’occhiata, un sospiro bastano a farci incatenare e condurre come malfattori sin chi sa dove...!

A queste parole la signora Maddalena, quasi dimenticandosi di quel primo dolore; s’empiè di paura, per la nuova sorta di pericoli a cui Giuliano si poteva esporre. [p. 60 modifica]

«E allora — proruppe — io non veggo altro rimedio che nel farlo ripartire per Torino! Venga, venga con me, m’aiuterà a persuaderlo; gli diremo che prima di tutto il padre di Bianca vuole che egli sia medico, e che del matrimonio se ne parlerà poi...; per l’amor di Dio venga, perchè io sento che mi pende sul capo una grande sciagura!

«Non per rifiutarmi no; — rispose don Marco — ma se io venissi a D...., non gli potrebbe nascere qualche sospetto? Egli è figlio rispettoso; lo potrà indurre la parola della madre, più che cento d’amici.... E parta prima che gli venga in mente di tornare qui....; gli prometta tutto quello che può giovare a persuaderlo: meglio un inganno pietoso, che un guaio inevitabile.... Poi vi è di buono che questa fanciulla pare deliberata a soffrire ogni cosa piuttosto che sposarsi ad un altro... Io farò di saper meglio questa faccenda dell’Alemanno;.... e alla fine delle fini, vuole che le ne dica una....? I Francesi sono a due passi da qui; la guerra non è cosa da cristiani, ma alle volte rimedia a tante brutte cose! Chi sa? Calando di qua dai monti i Francesi troncheranno questa e molte altre storie, scacciando dalle Langhe questi Alemanni, che già v’hanno spadroneggiato di troppo...!»

Parve alla signora Maddalena, che don Marco parlasse d’oro, e da quei discorsi pigliava consiglio e forza e sino a un certo segno consolazione.

Bianca intanto, tornata sull’altana, questa volta non conobbe più freno, e si gettò a’ piedi di damigella Maria; la quale fuori di sè per quei portamenti, ondeggiava tra l’usare la collera e la dolcezza. Ma a questa volta la fanciulla le si aperse; le si confidò d’un Alemanno che la guardava da parecchio tempo; che sempre a passeggio e nell’andare a messa se lo vedeva innanzi: e disse che la persona cui suo padre aveva parlato quel mattino in tanto segreto, era appunto colui e che di certo gliela aveva promessa. «Ma io non lo voglio!» continuava, e narrò dell’amor suo per Giuliano; chiese [p. 61 modifica]perdono di non le aver detto mai nulla; parlò della signora Maddalena venuta a domandarla per suo figlio, e ridisse che voleva bene a lui, e che sarebbe morta piuttosto che sposare un altro. La cieca piangeva con quei suoi occhi spenti, lagrime di tenerezza e di paura; nella sua mente vide chiaro che i tempi delle lotte domestiche erano giunti; il suo cuore sentì da madre; e si mise dalla parte di Bianca.

Tutte queste cose accadevano in meno di due ore dalla venuta della signora Maddalena in C..., e l’orologio della chiesa parrocchiale batteva le diciasette, quando essa usciva di casa a don Marco, accompagnata da lui per tornare a D....

I due camminando per una viuzza fuori mano giunsero al ponte, e passando vicino alla cappelletta, dove un par d’ore prima ruzzavano i monelli, videro gente trarvi a folla, e vollero guardare che fosse. Vi giaceva un soldato alemanno, morto e sanguinoso, stato calpestato dai cavalli nel campo. I commilitoni l’avevano portato sugli schioppi, ma là, poveretto, era spirato. La donna infelice e don Marco si allontanarono, questi recitando una preghiera tra sè, quella pensando alla madre lontana di quel morto, la quale in quell’ora non aveva alcun sospetto di tanta sventura. E la prese una profonda malinconia, all’idea della fossa, in cui i soldati avrebbero sepolto quel misero; fossa che si sarebbe chiusa come quella d’un bruto. Allora le si diffuse in faccia un’aria di rassegnazione più durevole e pietosa, e volgendosi al prete gli disse:

«Don Marco, è vero; vi sono al mondo madri più sventurate di me!

«Eh! signora — rispose il prete — la terra se la dividono in due, la sventura e la ingiustizia...; e in tanti secoli che Gesù è morto, le sue promesse sono di là da compirsi!»

La signora lo guardò maravigliata, ma tocca da quelle parole; e tirarono innanzi senza dir altro, sino alla [p. 62 modifica]casuccia, dove Anselmo col calesse cominciava a spazientarsi, e scerpando manate d’erba, ne dava a mangiare al cavallo. I due s’accomiatarono ridicendo cogli occhi tutto quello che s’erano detto a voce; poi essa si mise dentro il legno, Anselmo si chinò per baciare la mano al prete, che non volle lasciarlo fare: ma come il cavallo partì, diede di volta pensoso, e passo passo lasciandosi menar dalle gambe, se ne tornò a casa.

Egli era, povero vecchio, il decano dei preti di C..., portava alla meglio i suoi settant’anni, e viveva solo. Da lunga pezza aveva visto addensarsi la bufera, che in quei giorni rumoreggiava terribile dalla Francia; e alcuni che erano stati da lui a scuola, ora che si udivano i fatti, rammentavano certe sue parole, dette molti anni prima, come profezie avverate. Scoppiata la rivoluzione egli ne aveva avuto un senso, diverso da quello fatto al clero, e per esempio a don Apollinare: perchè egli la capiva nelle sue cause; perchè egli aveva un cuore così grande, che nato re si sarebbe fatto mendico; perchè pensava che il medio evo fosse stato un troppo lungo oltraggio alla dottrina di Gesù, ed ancora non gli pareva finito. Perciò il grido di quella rivoluzione gli era giunto come una voce nota; e gli aveva fatto chinare la fronte, quasi somigliasse in qualche guisa ai tuoni del Sinai. A Parigi sarebbe stato coi Girondini sino alla morte; ma amava Danton, in cui per quel poco che n’udiva così da lungi, ravvisava qualcosa di San Paolo; in Vandea avrebbe dato il cuore a Bonchamps, la mano a Marceau; nel suo borgo oscuro, era un povero prete, poco capito, che viveva insegnando la buona latinità. Dal quale ufficio, e da un poderetto che aveva sui colli vicini, e formava il suo patrimonio ecclesiastico, gli veniva quel po’ di bene che faceva a metà coi poveri, che di quei tempi battevano numerosi alle porte. Molto aveva speso in libri e molto gli aveva studiati; e così vissuto in certa maniera coi morti, s’era mescolato poco a quel volgo di ricchi sfaccendati e di [p. 63 modifica]preti ignoranti, de’ quali la borgata allora era ingombra. Questi ultimi sebbene mostrassero d’onorarlo, lo scansavano volentieri; ed egli esperto di sè e del mondo, non se ne aveva a male. Del sacerdozio pensava un po’ alla sua maniera, forse da cristiano primitivo; perchè si narrava che un giovane volendo farsi prete, ed essendo andato a lui per consiglio, egli gli avesse detto: «Tirate innanzi un altro tantino colla vita, poniamo fino ai cinquanta: e se a quell’età vi tocchi qualche gran dolore, se Dio vi chiami colla voce severa della sventura; datevi a consolare le afflizioni altrui, parlando del cielo, e pregando con tutti. Sarete un buon sacerdote, di questo v’accerto io: ma a vent’anni farsi prete, come altri si fa medico, soldato, o che so io... no... no... non istà.

«Ma e lei? — si dice che interrogasse l’altro stupito. E don Marco:

«Io? Eh! io sono un uomo che in settant’anni ho imparato molte cose!»

Man mano che invecchiava la sua vita si faceva più raccolta ed operosa, come di chi si apparecchia il viatico per mettersi in cammino; la sua casa s’andava spogliando, ed era ormai quasi vuota. Dormiva su d’un letticciuolo di paglia, perchè aveva dato il proprio letto a due poveri sposi; s’ammaniva da sè il cibo, mangiando da tenersi ritto; e nei detti, negli atti, in tutto, mostrava d’attendere la morte come l’ora dell’adempimento d’un dovere verso gli uomini, e d’un diritto fatto valere verso l’infinito.