Le supplici (Eschilo)/Quarto episodio

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Quarto episodio

../Quarto canto intorno all'ara ../Ultimo canto intorno all'ara e uscita IncludiIntestazione 28 aprile 2016 100% teatro

Eschilo - Le supplici (472 a.C.)
Traduzione dal greco di Ettore Romagnoli (1921)
Quarto episodio
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QUARTO EPISODIO


Si vede avanzare da lontano un servo egizio, seguito da famuli.
coro
Ahimè, ahimè, ahi ahi!
Questo predone
ch’era sul legno or ora,
vicino è già.
Predone prima prima tu mora!
Via di qua,
via di qua!
Torna di nuovo al lido.
Ora con questo ciglio
lo scorgo e levo un grido.
È ben questo il preludio
dei miei tormenti e dell’avversa furia.
Ahimè, ahimè!
Corri, corri al rifugio!
Ferocia con lussuria,

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insopportabil cosa in mare o in terra.
O d’Argo re, soccorri alla mia guerra!
Il servo egizio s'avventa contro le fanciulle.
egizio
Presto al battello, presto
in tutta fretta i pie’.
Se no se no,
stratte stratte di chiome e pungoli,
e fra grondar sanguineo
le vostre teste mozze.
Presto presto, maledette maledette femmine sozze!
coro
Strofe I
Ahimè! Tra le salsedini
dell’errabondo flutto
dovevi, coi tuoi principi
protervi, e le compagini
dei legni, andar distrutto!
egizio
Se di fuggir sei vaga,
questa mia man t’impiaga.
Cedi alla forza, cedi:
l’arbitrio è a te funesto.
Lascia or via queste sedi,
ed al battello vieni, vien presto,

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tu cui la veneranda
città dei pii priva d’onore manda.
coro
Antistrofe I
Non piú mai le nilíache
acque vedere io voglio,
donde il sangue prolifico
entro le vene agli uomini
corre con piú rigoglio.
Origine ebbi in questo
suolo; e qui, vecchio, io resto.
egizio
Alla nave, alla nave
tu ben presto verrai,
ti sia non ti sia grave,
a forza a forza, lontano assai!
Alle tue lunghe bende,
pel tuo cordoglio, la mia man si tende.
coro
Strofe II
Ahi ahi, ahi ahi!
Senza soccorso soccomber dovrai
nella salsa foresta!
Del Sarpedonio tumulo

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sopra il sabbioso cumulo
ti sbalzerà dei venti la tempesta!
egizio
I Numi implora, alza lamenti e guai,
e se dei lai son gemiti piú amari.
Ma il legno egizio sfuggir non potrai.
coro
Antistrofe II
Ahi ahi, ahi ahi!
Sozzo, che mai per la tua terra abbài
con inane minaccia?
Il gran Nilo ricusi
esito ai tuoi soprusi,
ne disperda ogni traccia.
egizio
Vieni al battello senza piú ritardo.
Pigra alcuna non sia: di trascinarla
per i capelli io non mi fo riguardo.
coro
Padre, ahi!, per me le sante immagini
non son presidio, ma rovina.
A forza un incubo, negro un incubo
come un ragno via mi trascina.
Ahimè, ahimè, ahimè!

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Tu madre Terra, tu madre Terra,
e della Terra tu, Giove, figlio,
questo allontana fiero periglio.
egizio
Di questa terra i Dèmoni non temo.
Non mi nutrivano essi e non mi crebbero.
coro
A me vicino un angue bipede
con furibondo impeto viene:
al piede m’ha morso una vipera,
ed immobile a sé mi tiene.
Ahimè, ahimè, ahimè!
Tu, madre Terra, tu, madre Terra,
e della Terra tu, Giove, figlio,
questo allontana fiero periglio.
egizio
Tardate? Ai manti schermo non sarà
l’eccellenza dell’opra: e andranno in brani.
coro
Strofe
Ahimè! Principi, duci d’Argo, mi fanno ingiuria!

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egizio
Fa’ cuor, vedrai ben presto molti principi,
d’Egitto figli: non ne avrai penuria!
coro
Antistrofe
Siamo perdute! O Sire, soffriam novelle offese!
egizio
Via per le chiome dovrò trarvi, sembrami,
ché non ben le parole avete intese!
Mentre gli Egiziani trascinano le fanciulle reluttanti e gementi, a capo di una schiera di guerrieri argivi, giunge
pelasgo
Ehi tu, che fai? Per qual disegno questa
di Pelasgi contrada ardisci offendere?
Credi esser giunto a una città di femmine?
Troppo tu osi contro Ellèni, o barbaro!
Grande è il tuo fallo, e niun senno dimostri!
egizio
Quale atto mio contro giustizia errò?
pelasgo
Primo, conscio non sei, che sei straniero.

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egizio
Perché trovo e ripiglio ciò ch’io persi?
pelasgo
E a chi l’hai detto degli argivi pròsseni?
egizio
Al sommo Ermète, che guida chi cerca.
pelasgo
T’appelli ai Numi, e i Numi non rispetti.
egizio
Venero i Numi che sul Nilo imperano.
pelasgo
E quelli d’Argo, a quanto io sento, nulla.
egizio
Via le trarrei, se non mel vieta alcuno.
pelasgo
Pianger dovrai, se tu le tocchi, e presto.

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egizio
Punto ospitale è la parola ch’odo.
pelasgo
Non offro ospizio a predator di Numi!
egizio
D’Egitto ai figli tutto ciò dirò.
pelasgo
Non pascerà1 nel pensier mio tal cura!
egizio
Ora, perché ben sappia, e chiaramente
riferir possa — ché un araldo deve
punto per punto riferire — dimmi:
quando ritornerò privo di questo
stuol di cugine femmine, da chi
dirò che tolte a me furono. Marte
non già coi testimonî e a prezzo d’oro
queste liti compone: anzi bisogna
che prima cadan molti uomini, e molti
pie’ di morenti il suol coi calci battano.
pelasgo
Il mio nome, a che pro’ dirti? Col tempo
dovrai saperlo, e quei che teco vennero.

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Queste, a buon grado, se saprà convincerle
amichevol parola, e in buon accordo,
potrai condurle. Ma concorde il popolo
voto enunciò che a vïolenza mai
non si cedesse la femminea schiera:
e con tal chiodo è traforato e infisso2
da rimaner ben saldo. E non su tavole
tale decreto è scritto, e non papiro
tra complicati fogli lo sigilla.
Chiaro suonare da libere labbre
l’odi. Su’, presto, ora escimi dagli occhi.
egizio
Novella guerra, a quanto sembra, insorge:
sian coi maschi la possa e la vittoria.
Gli Egiziani si allontanano.
pelasgo
Maschi ben troverete in questa terra,
che non dall’orzo attingono l’ebbrezza3. —
E tutte voi con le fedeli ancelle
fate pur cuore, e nella ben recinta
città movete, cui le torri chiudono
col profondo riparo. E molte case
son per gli ospiti pronte, e non è piccolo
lo spazio ove le mie sorgon. Potrete
quivi abitare in ben costrutte mura,
con altre insieme; o, se v’aggrada meglio,
stanze abitar sole appartate. Quello

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che migliore vi sembri e piú vi piaccia,
scegliete pure. Io difensore vostro,
e i cittadini tutti, a cui tal voto
piacque fissar. Ne attenderai piú validi?
corifea
In compenso dei beni largiti,
possa tu d’ogni bene fiorire,
signor dei Pelasgi!
Né ti spiaccia inviarne qui Danao
nostro padre, che l’animo ha saldo,
che provvede e consiglia. A lui primo
stabilir quali cose convengano,
quale posto abitare: ché pronto
è ciascuno a gittate l’obbrobrio
sugli estranei. Sia tutto pel meglio!
Si volgono alle ancelle.
Con decoro, e con fama dal biasimo
popolare non tocca, anche voi,
predilette ministre, ciascuna
rimarrà con ciascuna, siccome
v’ebbe in dote a noi Danao concesse.
Pelasgo si allontana. Giunge Dànao seguito da una scorta di arcieri.
danao
Figlie, preci agli Argivi offrir conviene
e sacrifici e libagioni, come

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ai Numi Olimpî: ché salvezza a noi
non ambigua offerian. Li mosse a sdegno
udir da me quanto i cugini oprarono
contro amici congiunti. E m’assegnarono
questi seguaci arcieri, a fin che insigne
fosse il mio stato, né da lancia infesta
fossi trafitto, e sempiterno fio
sulla città pesasse. Or gratitudine
piú che per me, per essi in cuor vi gitti
profonde stirpi. E ancor questo scrivete
fra gli altri molti moniti paterni:
che col tempo si saggia ignota schiera,
e contro lo stranier pronta ha ciascuno
la lingua; ed una macchia è presto impressa.
A non coprirmi d’onta ora io v’esorto:
ché gli anni avete onde il mortale è attratto,
né conservare il molle fiore è agevole:
ché lo voglion distrutto e fiere ed uomini
e quante belve in terra e in mare vivono.
E quando i pomi son gonfi di succo,
la Dea di Cipro, che gli acerbi vieta,
un bando fa, perché li spicchi Amore.
Su la molle beltà de le fanciulle
ciascun che passa, dello sguardo lancia
la freccia, il filtro dell’amore, come
brama lo vince. Or qui non sia perduto
ciò che con tanta pena, e tanti arando
flutti, serbato fu: ché a noi vergogna
non si procuri, ed ai nemici gaudio.
Duplice casa è a noi profferta: l’una

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l’offre Pelasgo, e l’altra la città,
senza mercede. E’ pur ventura questa.
Ma tieni a mente i moniti del padre,
e la saggezza al vivere prepara.
coro
Chieder dobbiamo ai Numi Olimpî il resto;
ma quanto all’età mia, padre, fa cuore:
ché, se non hanno i Numi altro deciso,
non muterò le prische orme dell’animo.


Note

  1. [p. 351 modifica]Invece di pascere, noi diremmo allogare.
  2. [p. 351 modifica]Il voto è concepito quasi come una tabella, che si può infiggere alla parete.
  3. [p. 351 modifica]La invenzione dello ζὔτος (o βρῦτον, o μέθυ κρίθινον) si attribuiva agli Egiziani, i quali ad ogni modo pare fossero gran bevitori di questa specie di birra d’orzo.