Le vite de' più eccellenti pittori, scultori e architettori (1550)/Capitolo 30

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CAP. XXX

De le istorie e de le figure, che si fanno di commesso ne’ pavimenti, ad imitazione delle cose di chiaro e scuro.

Hanno aggiunto i nostri moderni maestri al musaico di pezzi piccioli un’altra specie di musaici di marmi commessi, che contrafanno le storie dipinte di chiaro scuro. E questo ha causato il desiderio ardentissimo di volere che e’ resti nel mondo a chi verrà dopo, se pure si spegnessero le altre spezie della pittura, un lume che tenga accesa la memoria de’ pittori moderni; e cosí hanno contrafatto con mirabile magisterio storie grandissime, che non solo se ne potrebbe mettere ne’ pavimenti dove si camina, ma incrostarne ancora le facce delle muraglie e di palazzi, con arte tanto bella e maravigliosa, che pericolo non sarebbe che ’l tempo consumasse il disegno di coloro, che sono rari in questa professione. Come si può vedere nel Duomo di Siena, cominciato prima da Duccio Sanese e poi da Domenico Beccafumi a’ dí nostri e seguito et augumentato. Questa arte ha tanto del buono, del nuovo e del durabile, che per pittura commessa di bianco e nero poco piú si puote desiderare di bontà e di bellezza. Il componimento suo si fa di tre sorte marmi, che vengono de’ monti di Carrara, l’uno de’ quali è bianco finissimo e candido, l’altro non è bianco, ma pende in livido, che fa mezzo a quel bianco et il terzo è un marmo bigio di tinta che trae in argentino, che serve per iscuro. Di questi volendo fare una figura, se ne fa un cartone di chiaro e scuro con le medesime tinte; e ciò fatto per i dintorni di que’ mezzi e scuri e chiari a’ luoghi loro si commette nel mezzo con diligenzia il lume di quel marmo candido, e cosí i mezzi e gli scuri allato a que’ mezzi secondo i dintorni stessi che nel cartone ha fatto l’artefice. E quando ciò hanno commesso insieme e spianato di sopra tutti i pezzi de’ marmi, cosí chiari come scuri e come mezzi, piglia lo artefice, che ha fatto il cartone, un pennello di nero temperato, quando tutta l’opra è insieme commessa in terra, e tutta sul marmo la tratteggia e proffila dove sono gli scuri, a guisa che si contorna, tratteggia e proffila con la penna una carta che avesse disegnata di chiaro o scuro. Fatto ciò, lo scultore viene incavando coi ferri tutti quei tratti e proffili che il pittore ha fatti, e tutta l’opra incava dovunque ha disegnato di nero il pennello. Finito questo, si murano nei piani a pezzi a pezzi, e finito, con una mistura di pegola nera bollita o asfalto e nero di terra, si riempiono tutti gli incavi che ha fatti lo scarpello; e poi che la materia è fredda et ha fatto presa, con pezzi di tufo vanno levando e consumando ciò che sopra avanza; e con rena, mattoni et acqua si va arrotando e spianando, tanto che il tutto resti ad un piano, ciò è il marmo stesso et il ripieno. Il che fatto, resta l’opera in una maniera, che ella pare veramente pittura in piano, et ha in sé grandissima forza con arte e con maestria. Laonde è ella molto venuta in uso per la sua bellezza, et ha causato ancora che molti pavimenti di stanze oggi si fanno di mattoni, che siano una parte di terra bianca, ciò è di quella che trae in azzurrino quando ella è fresca, e cotta diventa bianca; e l’altra della ordinaria da fare mattoni, che viene rossa quando ella è cotta. Di queste due sorti si sono fatti pavimenti commessi di varie maniere a spartimenti, come ne fanno fede le sale papali a Roma al tempo di Raffaello da Urbino, et ora ultimamente molte stanze in Castello Santo Agnolo, dove si sono con i medesimi mattoni fatte imprese di gigli, commessi di pezzi che dimostrano l’arme di Papa Paulo e molte altre imprese, con tanta diligenzia commisse, che piú di bello non si può desiderare in tale magisterio. E di tutte queste cose commesse fu cagione il primo musaico.