Lettere (Campanella)/LXXVII. A monsignor Niccolò Claudio Fabri di Peiresc
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LXXVII
A monsignor Niccolò Claudio Fabri di Peiresc
Descrive la prima udienza ricevuta da Luigi XIII; e si scusa di non aver mandato danaro a Lione, perché n’ha dovuto fornire i parenti suoi che erano stati imprigionati in Napoli, col pretesto che parteggiavano per la Francia.
Illustrissimo e reverendissimo
signor padrone osservandissimo.
Alli 9 di febraro parlai al re cristianissimo con tanto suo gusto e mio che non si può credere. Ammirai in tanta maestá una somma umiltá e mansuetudine. Mi si fece incontra alcuni passi, non si mise mai in testa il bonetto, m’abbracciò due volte; e quando parlavo mi dava grande animo, e mostrava saper quel che feci per Sua Maestá. Io credo averli parlato bene, e lui interpretava; e ridea d’allegrezza ed insieme mostrava compassione de’ miei guai, e si commovea con decoro regio: sempre in piedi Sua Maestá ed io e tutti gli astanti. Mi disse: «Très bien venu etc.; non li farò mancar cosa alcuna etc., lo ricevo in mia protezione: stia allegro e sicuro».
S’è fatto il brevetto di quel mi dá, e non l’ho avuto né so quanto. Per questo tardai di scriver a Vostra Signoria illustrissima. L’altra volta l’avvisai come delle dobble, che mi donò il Buttiglieli de parte del re, mandai cento e cinque scudi in Roma, a quelli che son carcerati in Napoli miei parenti per falsa querela che fossero francesi etc.; però io non mandai a monsignor Rossi etc.
Resto al suo comando. Mandai a Roma per la cassa de’ scritti. Verrá a monsignor Gastines in Marseglia. Vostra Signoria illustrissima poi li riceverá. Ci vengon per lei le medaglie e ’l montoncino e ’l Telescopio di Stigliola. Scrivo in fretta. Resto al suo comando.
Parigi, 9 di marzo 1635.
Di V. S. illustrissima e reverendissima |
All’illustrissimo e reverendissimo
l’abbate Fabri monsieur de Peresc,
padrone mio osservandissimo,
in Aix.