Lo schiavetto/Atto quinto/Scena VII

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Atto quinto - Scena VII

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Rondone, Schiavetto, Alberto, Fulgenzio, Prudenza, Grillo, Cicala

Rondone.
Oh Schiavetto, voi siete donna? Eh vi vedeva ben io caminar molto larga! Oh perché non l’ho prima saputo.
Alberto.
Generosa Florinda stii lieta, ché in casa ho il suo amatore, il quale perché doveva esser suo, poiché con tanto sudore e lunga peregrinazione l’acquistò, il Cielo ha fatto con gran prudenza ch’ei non sia di Prudenza, e che ’l vero sia, ell’è moglie di questo gentiluomo.
Schiavetto.
Signore, la soverchia e trabocchevole passione amorosa m’indusse a far l’azione più d’infuriata, che d’innamorata; ma lodato il Cielo, che, rimirato l’affetto della fedeltà mia contro questo infedele, quanto fida felice mi fece.
Grillo.
Allegrezza allegrezza.
Cicala.
Allegrezza allegrezza.
Grillo.
Ora sì che stridente sarà il Grillo.
Cicala.
Or sì che assordante sarà la Cicala.
Alberto.
Grillo, Cicala, che cosa, eh?
Grillo.
Lo voglio dir io.
Cicala.
S’io lo so. Lo vuo’ dir io signore.
Grillo.
Signore saprà...
Cicala.
Saprà...
Grillo.
Come...
Cicala.
Come...
Grillo.
O Cicala, il tuo cantar m’assorda.
Cicala.
O Grillo, lo stridor tuo m’annoia.
Alberto.
Che diferenza è questa! Or sù, sia che si voglia, eguale mancia tramendue avrete, sì che o parli l’uno, o l’altro taccia, ciascuno del parlare e del tacere avrà premio eguale.
Fulgenzio.
Questa è stata nobilissima pensata, poi che io mirava la cosa molto vicina per fare alle pugna.
Alberto.
Or, che s’indugia? Cicala, Grillo, chi di voi dà principio?
Grillo.
Signore, come per tacere s’ha tanto da guadagnare come per parlare, io, che più di lui voleva mostrare di saper parlare, voglio mostrare ancora di saper più di lui tacere; per avanzarlo così tacendo come parlando.
Cicala.
E io poi, che con questo pensiero teco m’azzuffai, bramoso di vincerti nell’impresa del parlare, vincerti voglio anche nell’impresa del tacere, acciò che, tuo malgrado, mia sia la vittoria, che contro di te o tacendo o parlando io desiderava.
Alberto.
Grillo, di’ sù tu, figliolo. Che cos’è?
Grillo.
O s’io parlo, sono figlio del marito della capra.
Alberto.
Dillo tu, Cicala.
Cicala.
O s’io lo dico, sono figlio anch’io della moglie del toro.
Alberto.
Grillo?
Grillo.
S’io lo so.
Alberto.
Cicala?
Cicala.
Sì sì.
Alberto.
Non lo volete dire eh?
Fulgenzio.
Oh che furbetti, alcun non parla.
Alberto.
Olà, se’ tu di sasso, Grillo? Né si move.
Fulgenzio.
E tu, Cicala, che fai?
Prudenza.
E questo pare un marmo.