Lo schiavetto/Atto secondo/Scena VII

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Atto secondo - Scena VII

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Sensale, ebreo, facchino, Scemoel, Fulgenzio

Sensale
In somma, gli uomini valenti nelle avversità, e non nelle felicità (come disse colui), si conoscono: perché ogn’uno par che giochi bene quando gli dice buono il dado. Io sono (ed è così) il più ruvinato Hiechodì che sia fra tutti li Hiechodì, onde essendomi mancate le facoltà, dato mi sono all’ofizio di Sensale. Vada come vuole, all’ultimo voglio fare un bel tiro, tôr molta roba e legare il paletto.
Scemoel.
Oh costui è pure il fino furfante! Vedi come si strugge in pensar mille furberie.
Sensale.
Cànchero venga a chi crede più di me a questa razza guidaica, a questi Rabini arrabbiati, pieni di mormorazzione, di falsità, e d’ignoranze (ché pure anch’io sopra la legge ho scartabellato qualche poco). Tutto il dì non conversar con cristiani? né io trovo la più cara conversazione, poiché se non fossero questi, come viveremmo? Non mangiar con cristiani? ne troviamo il maggior gusto. Questi balordi non vogliono sentire nominare la illustrissima carne del signor porco? e io colà corro dove nominar sento braciole, sanguinacci, salami, fegatelli e salciccie. Gli altri, mangiando carne, conviene che stiano un gran pezzo, se mangiar formaggio vogliono, la legge vietando che carne e formaggio insieme mangiar non si possa. E io gusto grandissimo prendo nel brodo di grasso manzo, di buona e tenera vitella, e di vecchi capponi, dove pur sia il grugnetto e il zampetto di porcello giovine, d’attuffare la spugna d’un fresco pane buffetto che fatto quasi Sione, assorba il brodo. E così gonfio di questa quinta essenza manzatica, vitellatica, capponatica e porcatica, far, di più, che sopra gli fiocchi il buon formaggio piacentino, sì che, coperto tutto, sembri un pane di formaggio grattato. Lo vuoi odoroso poi? Recipe polvere di pepe e di canella tantum quantum suffìcit e sarà fatto il becco alla papera di madonna Rosa! O sono bene un vituperoso, se mentre il nostro Rabì è in sinagoga a sbragliare, s’io gli porto sotto il naso e sotto gli occhi questo impiastro da stomaco, non mi fo seguitare fino in piazza. Fummo sempre golosi, noi altri manigoldi, e bene lo narrano le carte antiche. In somma i’ mi voglio disgiudeare certo, certo, poiché il vederne così lebbrosi, così fetenti, con così brutti visi, così odiati, così privi di casa, di vitto, di religione, di reame, mi dà a credere che poco, anzi nulla, chi si debbe arricordar di tutti, di noi s’arricordi. Oh? Questa è disciplina de’ peccati vostri. Canzoni, è proprio del Cielo aver misericordia e perdonare, come pur veggiamo che ogn’altro nostro enorme peccato ne fu punito sì, ma poi perdonato, e giamai non perdemmo le nostre dignità maggiori, ancor che peccando. Ma ora, che diavolo di peccato è questo, che ne priva di non aver giamai perdono e che di tutte le grandezze ne dispoglia? e poi chi le possede? chi séguita le bibie nostre? i nostri auttori più preclari? Il cristiano. Tal che possumus dicere che se quello ch’è in grazia del principe gode del prencipe i favori, e colui che n’è in disgrazia, de’ favori vien privato, da tutta la corte, da tutta la città odiato, anzi dallo Stato sbandito, che così il Cielo, al cristiano, ch’è in grazia, comparta i favori (come pur tanti si vede, che ne gode) e al giudeo, come quello ch’è in disgrazia, i favori levi, facendolo odiar da tutto il mondo. Ma ecco qui miser Scemoel. Chi causa facit miser Simon?
Scemoel.
Oh oh? L’è qui sto ganan firsur.
Sensale.
Sempre miser Scemoel me becemit, ma pacienza. Voglio pur anch’io vedere di ganavar qual cosa a questo prencipe. Ma ecco miser Leon, che vien con del mamon.