Lo spiritismo/Appendice

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Appendice

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III


Pubblichiamo, come documento riguardante il progresso dello spiritismo, un articolo del Fanfulla della Domenica, comparso nelle colonne di detto giornale il 1.o Giugno 1884.  


Un libro ben singolare, timidamente annunziato dapprima quasi fosse la elaborata fantasmagoria d’un visionario, poi riassunto per sommi capi in Inghilterra ed in Francia; un libro del quale un arguto spirito ha detto che segna un nuovo incidente dell’Umanità, sta per comparire alla luce.

Ha un titolo apparentemente modesto: La Forza Psichica. N’è autore William Crookes, nome che suona già celebre nei due Mondi per l’audace scoperta d’una nuova legge della natura, la materia radiante, un chimico sperimentale di genio, che gli uomini più eminenti della scienza affermano meritevole della immortalità come il Newton e il Galilei; uno insomma di quella scuola, che non ammette assiomi scientifici se non in quanto sieno il resultato della più accertata esperienza.

Di questo strano libro che ora si annunzia, molte Riviste inglesi, molti giornali di Germania, d’Inghilterra e di Francia, molte Accademie e riunioni scientifiche si sono occupate, raccogliendone i dati e le conclusioni: dati che par che rasentino l’inverosimile, conclusioni che par che poggino sulla tradizione leggendaria del meraviglioso. Il problema non è più circoscritto nel cervello d’un filosofo solitario, non rimane più rinchiuso nel laboratorio dello scienziato: ma dato in pastura alle menti, offerto volenterosamente alle indagini, fatto tema di vivaci polemiche di qua e di là dall’Atlantico, appassiona tutti coloro ai quali par chiara questa dimostrazione, che nelle misteriose leggi che governano il mondo non c’è ancora nulla di dimostrato.


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Il problema si direbbe fantastico; eppure gli uomini appartenenti alla scienza positiva lo studiano. Se ne deducono conseguenze le quali non soltanto alterano, ma rovesciano affatto le leggi credute immutabili della natura, fanno bugiarde le nozioni più elementari della scienza moderna, distruggono le norme, universali ed invariabili, della gravitazione dei corpi. Lo scetticismo dello scenziato si cambia in stupore; l’occhio vigile e attento, che scopre nel gabinetto del chimico l’alterazione degli strumenti non provocata da alcuna causa sensibile, si confonde e si turba. È dunque un nuovo mondo che sorge sulle rovine d’un altro mondo che crolla? Così dicono gli uomini che i tentati esperimenti costringono ad arrendersi all’evidenza, e sono uomini che la tradizione sperimentale e il positivismo incatenò fino a ieri: sono un Crookes, membro della Reale Accademia delle scienze di Londra; un Boutlerow, il più illustre professore di chimica a Pietroburgo; un professore Thury dell’Accademia delle scienze sperimentali di Ginevra; un Robert Hare professore di chimica in una primaria Università degli Stati Uniti, e non citiamo che i più eminenti.

Che mondo è dunque cotesto, di cui la scienza sperimentale solleva arditamente un lembo del velo che lo nascondeva, e che manda raggi d’una luce non veduta per l’innanzi? E questi uomini rivelatori, di cui l’onorabilità e la scienza nessuno può mettere in dubbio, questi uomini che riunitisi a Londra associano alle loro indagini un lord Lindsay, un conte di Dunraven, il matematico capitano Wynne, e una commissione scelta fra i membri della Società Reale, che cosa dunque raccontano nel libro che uscirà fra poco di William Crookes?


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Raccontano fatti addirittura incredibili, e li attestano con testimonianze scritte e stampate. Sotto i loro occhi le lancette dei dinamometri di precisione hanno variato come sottostanti ad una pressione equivalente a centinaia di libbre, e ciò per l’influsso d’una forza invisibile e misteriosa che la scienza non può afferrare: raccontano aver constatato l’alterazione del peso d’un corpo qualsiasi, alterazione ottenuta senza l’intervento di mezzi esteriori: raccontano aver rilevato spostamenti continui di strumenti scientifici per virtù d’un occulto agente: raccontano e stampano aver veduto, di pieno giorno, nei loro gabinetti di lavoro, apparizioni vere e proprie di singolarissima forma, mani luminose d’una tenuità inconcepibile, pur non ostante capaci di reggere un piccolo termometro di quattro grammi. E queste mani, di cui s’è tentato invano, col processo istantaneo, fissare l’immagine sopra una lastra fotografica, gli scienziati riuniti a Londra raccontano averle viste afferrare dei fiori sopra una tavola, portarli in giro vaganti nello spazio, offrirli agli spettatori; «poi tutt’a un tratto (citiamo testualmente) quelle mani stringevano le nostre con la cordialità di vecchi amici. Io ho visto, in presenza di testimoni (così scrive il chimico Crookes) una di queste mani prendere sulla tavola un fiore a lungo stelo, e farlo passare attraverso la fessura impercettibile d’una massiccia tavola di quercia: nè fu possibile a noi riscontrare su quel fiore, nè a occhio nudo nè col microscopio, un segno qualsiasi di corrosione o nel gambo o nelle foglie; e le foglie erano di certo dieci o dodici volte più larghe di quella fessura».

Andiamo avanti: traduciamo letteralmente:

«Molti membri della Società Reale ed io abbiamo veduto, tutti nell’istante medesimo, l’ombra d’una forma umana agitare le tende d’una finestra per lo spazio di due minuti e più, poi scomparire a poco a poco, dileguandosi». E discorrendo d’un altro fenomeno, di persone cioè sollevate da terra parecchi metri, e per più minuti rimaste mezzo addormentate nell’aria, così scrive il Drookes: «Questo fenomeno il signor Home lo ha offerto ai nostri occhi più di cento volte, rinnovando così il supposto sortilegio di Simon mago nell’anfiteatro di Roma».

Quale mondo dunque è cotesto? Di che forze della natura pochi uomini privilegiati hanno dunque per sè il monopolio, forse così potenti da rovesciare a terra le conclusioni che la scienza considerava assiomi?

Così scrive il Crookes:

La folla avida sempre del «soprannaturale» ci domanda: – Credete voi o non credete? – Ecco la risposta: noi siamo chimici, noi siamo fisici; le attribuzioni nostre non sono di credere o di non credere, ma bensì di constatare, constatare in modo accertato se questo o quel fenomeno è o no immaginario. Il rimanente non tocca a noi. Ora, in quanto alla perfetta realità di quei fenomeni, noi dobbiamo concludere affermativamente: vi siamo costretti dall’evidenza. Noi non architettiamo ipotesi e teorie, ma attestiamo semplicemente i fatti, e non possiamo prendere di mira che una cosa soltanto: la verità. Le varie Commissioni che esaminarono i resultati delle esperienze, gli uomini illustri, gli uomini pratici d’ogni nazione che si unirono a noi nell’esame scrupoloso dei fatti, hanno dovuto concludere con me: «Noi non diciamo soltanto che le cose di cui fummo testimoni sono verosimili; diciamo che sono, che sono realmente».


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E l’illustre scienziato, proseguendo, incoraggia gl’increduli non a negare e a dubitare, ma a dimostrare con severa critica quali sieno gli errori della dimostrazione sua, a suggerire mezzi di prova più convincenti, a immaginare difficoltà più scabrose e più sottili di quelle a cui egli ed i compagni suoi sottostarono, per venir poi alle straordinarie conclusioni del loro libro. Dire che i loro sensi furono giocati, è dire un bel nulla: tacciar di follìa i loro cervelli non è provare. «Difficilmente (scrive il Crookes) si può essere scettici e più positivi di noi in fatto di esame sperimentale». E tutta la passata vita scientifica del Crookes e degli altri dà valore gravissimo a cotesta affermazione. Respingere, senza esame, le testimonianze di uomini a cui fu dato specialmente l’incarico di stabilire certi fatti, di studiare certi fenomeni, è la medesima cosa che non volere tener conto di alcuna umana attestazione, qualunque essa sia. «Osate dunque (scrive l’autore) giustificare e provare la superiorità dei vostri sensi e del vostro scetticismo, e finirà così ogni controversia oziosa».

I resultati scientifici, a cui il libro del Crookes fa capo, sono intanto due: primo, l’esistenza d’una nuova forza collegata all’organismo umano, e che può dirsi Forza Psichica: secondo, che tutti gli uomini hanno in sè questa segreta forza, variabile d’intensità, atta a svilupparsi e ad agire con il concorso o a malgrado della volontà, durante il sonno, senza l’aiuto di alcun movimento o di fisiche comunicazioni; svilupparsi ed agire sopra altre persone o sopra gli oggetti esteriori.


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Ma tutto questo è possibile?

L’illustre Arago ha risposto digià col celebre aforisma: «Chi, al di fuori delle matematiche pure, pronunzia la parola impossibile, commette a dir poco un’imprudenza». E un altro grandissimo, uno dei più chiari ingegni del nostro secolo, sir Humphry Davy, l’uomo al quale l’umanità deve talune delle più grandi scoperte della chimica odierna, così scriveva nel 1828, all’età di cinquant’anni:

«È inutile cercar di spiegarsi in che modo il corpo è unito col sentimento e col pensiero. I nervi ed il cervello v’hanno una parte certamente, ma in quali rapporti? Impossibile dirlo. Pare piuttosto probabile che nel cervello e nei nervi vi sia una sostanza infinitamente più sottile di tutto quello che l’osservazione e l’esperienza vi hanno scoperto; pare probabile che l’unione immediata del corpo con lo spirito e col pensiero abbia luogo mediante certi fluidi eterei che sfuggono ai nostri sensi... E non mi pare impossibile che qualche cosa del meccanismo raffinato della facoltà sensitiva, qualche cosa d’indistruttibile aderisca all’essere spirituale dopo la distruzione degli organi materiali, dopo che la vita del corpo è cessata; non ostante che l’anima sia di per sè indipendente ed immortale».

Non sarà stato inutile il ravvicinamento dei due insigni scienziati: dell’uomo benemerito che ha dato il nome alla celebre lampada che salva nelle profondità della terra le vite dei minatori, e dell’audace scopritore della materia radiante e della forza psichica. Forse William Crookes ha trovato la parola ultima, e la ben determinata applicazione di ciò che un mezzo secolo fa accennava un po’ vagamente Humphry Davy. Sarebbe ben singolare che quella medesima scienza positiva, la quale spinge l’uomo alla negazione di tutto, lo riconducesse ora sui floridi sentieri della speranza, rinnovandolo tutto con le dimostrazioni scientificamente positive. Chi sa? Sulla modesta tomba di Humphry Davy sepolto nel cimitero dì Ginevra, prima che la riconoscenza dei popoli gl’inalzasse un nobile monumento, chi avesse con mano riverente scostate le alte erbe cresciute intorno alla pietra marmorea, poteva leggere questa parola soltanto, che il grande scienziato volle vi fosse incisa: SPERO!