Memorie autobiografiche/Primo Periodo/IX

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Primo Periodo - IX

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Capitolo IX.


Nell’altro giorno, trovandoci all’àncora un poco al mezzogiorno della punta suddetta, apparirono due lancioni dalla parte di Montevideo, che credemmo amici, ma, siccome non avevano il segno ’convenzionale d’una rossa bandiera, io credetti a proposito d’aspettare alla vela, e salpammo tenendoci alla cappa colle armi preparate.

[p. 26 modifica]La precauzione non fu vana, poiché, avvicinatosi il maggiore dei due lancioni con sole tre persone in evidenza, c’intimò la resa in nome del governo orientale quando si trovò a pochi passi da noi, ed apparirono minacciosamente armati una trentina d’individui.

Eravamo in panna:1 io comandai immediatamente «braccia in vela.2»

A quel comando ci fecero una scarica di fucileria, che ci uccise uno dei migliori compagni italiani, Fiorentino di nome: era isolano della Maddalena.

Io principiai a dar mano ai fucili, che avevo fatto preparare fuori della cassa d’armi sul banco di guardia ed ordinai il fuoco.

Impegnossi un combattimento accanito tra le due parti. Il lancione aveva attaccato il giardino di destra della sumaca ed alcuni dei nemici si preparavano a salire arrampicandosi al bastingaggio.3 Ma alcune fucilate e sciabolate li precipitarono nel lancione o nel mare.

Tutto ciò si passò in breve tempo; siccome non agguerriti i miei, non era mancato di nascere confusione, ed il mio comando di bracciare in vela non si eseguiva; cioè vari dei nostri alla voce di comando eransi portati ai bracci della sinistra, senza che nessuno si ricordasse di mollare quelli di destra.4 Quindi inutilmente si affaticavano a tirare.

Fiorentino, vedendo ciò, abbandonò il timone ove trovavasi e si lanciò per effettuare la manovra incompiuta, quando una palla nella testa lo rovesciò cadavere.

Il timone rimase abbandonato; ed io che mi trovavo a far fuoco vicino allo stesso ne presi la barra. In quell’atto una palla nemica mi colpì nel collo, e stramazzai privo di sensi.

[p. 27 modifica] Il resto del combattimento, che durò circa un’ora, fu sostenuto principalmente dal nostr’uomo5 Luigi Carniglia, dal pilotino Pasquale Lodola e dai marinari Giovanni Lamberti, Maurizio Garibaldi, due Maltesi ec. Gl’Italiani, meno uno, combatterono valorosamente. Gli stranieri ed i neri liberti, in numero di cinque, si salvarono nella stiva.

Io ero rimasto per mezz’ora disteso sulla tolda quale cadavere, ed abbenchè dopo riprendessi i sensi a poco a poco, non potevo movermi, rimasi inutile e fui creduto spacciato.

Staccato il nemico a fucilate non si pensò più ad assaltar nessuno in quelle alture e si proseguì per l’interno del Plata a cercarvi un asilo e dei viveri.

La mia posizione era ben ardua. Mortalmente ferito, nell’incapacità di muovermi, non avendo a bordo uno solo che possedesse le minime nozioni geografiche, mi trassero davanti la carta idrografica di bordo perchè vi gettassi i moribondi miei occhi per indicare alcun punto di meta da dirigervi la corsa. Indicai Santa Fè nel fiume Paranà, che vidi scritto in lettere maggiori sulla carta suddetta.

Niuno era stato in quel fiume, tranne Maurizio una sola volta nell’Uruguay.6 I marinari atterriti dalla situazione, giacchè, rigettati dal governo di Montevideo, unico che si credeva amico della Repubblica riograndense, si poteva esser considerati quali pirati, i marinari, dico, erano in un avvilimento indescrivibile, meno gl’Italiani, devo confessare il vero. La situazione mia, la vista del cadavere di Fiorentino, e, come dissi, il timore d’esser considerati ovunque pirati, metteva ad essi lo spavento sul volto, ed alla prima opportuna occasione realmente disertarono. In ogni barco, in ogni uccello che scoprivano quei codardi vedevano nemici inviati a perseguirci.

[p. 28 modifica]La salma di Fiorentino fu sepolta nell’onde, destino solito dei marinari, e colle cerimonie solite in simili circostanze, cioè un saluto affettuoso de’ suoi concittadini.

Assicuro per parte mia che tal genere d’inumazione non mi piacque, e siccome la stessa sorte mi aspettava probabilmente tra poco, senza potermi opporre al sistema di sepoltura del mio compagno, mi contentai di chiamare il mio carissimo Luigi per trattenerlo all’uopo. Fra i periodi rettorici dell’inchiesta mia, naturalmente breve, all’incomparabile amico, io recitavo a lui i bei versi di Ugo Foscolo: «Un sasso! che distingua le mie dall’infinite ossa che in terra e in mar semina morte!»

Ed il mio caro piangeva, promettendomi di non seppellirmi nell’onde. Chi sa se lui stesso avrebbe potuto mantenere la promessa, od il mio cadavere avria sfamato alcuni lupi marini o qualche iakaré 7 dell’immenso Plata.

Io non avrei più veduto l’Italia, idolo di tutta la mia vita, è vero! Non avrei più combattuto per essa! Ma anche non l’avrei veduta ricadere nell’ignominia e nella prostituzione!

Chi avrebbe detto all’amorevole, al buono, al valoroso mio Luigi, che fra un anno io lo vedrei travolto nei frangenti dell’Oceano e che inutilmente io cercherei il suo cadavere per seppellirlo sulla terra straniera e segnarlo al passeggiero con un sasso!

Povero Luigi! cura di madre ei m’ebbe in tutto il viaggio sino a Gualeguay, e nei tremendi patimenti miei io non avevo altro sollievo che nella vista e nelle attenzioni di quel generoso quanto prode.


Note

  1. In panna, disposizione dello vele acciò il bastimento resti quasi immobile.
  2. Manovra per spingere il bastimento avanti.
  3. Filo superiore dei bordi o ripari della tolda.
  4. Bracci, corde che servono a manovrare i pennoni.
  5. Nostr’uomo, capo dei marinari dopo il capitano e gli ufficiali.
  6. Confluente del Rio de la Plata.
  7. Iakaré. coccodrillo.