Memorie storiche della città e marchesato di Ceva/Capo XVIII - Uomini illustri.

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Capo XVIII - Uomini illustri.

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Capo XVII - Altri disastri. Capo XIX - Vescovi del XV e XVI secolo.
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CAPO XVIII.


Uomini illustri.


La città di Ceva si onora di molti personaggi che si distinsero nella carriera Ecclesiastica, nella toga, nelle ottime discipline, e nella carriera civile e militare. Parlano d’illustri cittadini di Ceva Monsignor Della Chiesa, Monsignor Brizio vescovo d’Alba, il professore Casalis nel suo dizionario istorico statistico, ecc., degli stati Sardi, e molti altri raccoglitori di storia patria. Ma alcuni di essi non citano che i loro nomi, e l’epoca in cui vissero, altri non discorrono che d’alcuni di essi, e da pochi si conoscono; non pochi nomi di cevesi celebrità conservati in manoscritti particolari.


[p. 91 modifica]Lo scrivente raccolse quante potè di queste biografie, ricorse ai lumi di persone dotte e benemerite della patria istoria, e spera che riesciranno interessanti i cenni biografici, che s’accinge a qui ricordare.

S’incomincia a parlare dei vescovi, e per progredire con maggior regolarità si dividerà la loro storia per secoli in ordine cronologico.

Vescovi che fiorirono nel XIII e XIV secolo.

1° Nicolò Guascone, o Vascone dei Marchesi di Ceva, minor osservante e generale del suo ordine, trovandosi vacante nel 1292, il vescovado d’Albenga, e discrepanti i canonici nella scelta del nuovo vescovo, venne il Guascone da Nicolò IV, eletto ad occupar quella sede vescovile con bolle pontificie delli 29 gennaio stesso anno.

La sua carriera episcopale fu tempestosa anzi che no, e non lasciò di sè presso gli Albenganesi troppo onorevole memoria.

Se gli dà carico d’un gravissimo danno arrecato a quella chiesa vescovile colla vendita che egli fece del principato di Oneglia ai fratelli Nicolò e Federico Doria nobili e potenti Genovesi figli del fu Babilone, come da istromento 30 gennaio 1298 stipulato in Savona nella chiesa di S. Maria delle tre fontane, nell’intervallo tra nona e vespro e rogato Pietro Grasso de Itera notaio imperiale.

Questo cospicuo ed ampio principato, fu sempre goduto nel temporale dai vescovi d’Albenga sino dai tempi di Carlo Magno.

Era composto del castello e villa d’Oneglia, del Bestagno, del castello e castellania del ponte d’Assio, e villa di detto castello e castellania, delle ville di S. Pietro del Testico, e del Poggio Bottaro, di Torria, di Chiusanico, e di Gazzelli, con tutti i loro territorii e pertinenze, mero e misto impero, e totale giurisdizione, ed anche acque, molini, boscaglie, ecc.

Il tutto pel prezzo di undici mila lire genovesi.

[p. 92 modifica]D’ordine di Bonifacio VIII, doveva questo denaro esser depositato presso un Monastero o luogo sicuro per impiegarlo a vantaggio della mensa vescovile, ma non consta che quest’ordine sia stato eseguito.

Quantunque non risulti che questo M. Guascone siasene sdebitato, verso la mensa vescovile d’Albenga, non si deve però supporre che siasi usurpato una somma così cospicua, qual si era quella di undici mila lire genovesi, perchè si sa che per la sua dottrina, prudenza e probità era molto accetto a Nicolò IV, che l’elesse vescovo; si saranno smarriti i documenti che possono militare in suo favore, trattandosi di cose così da noi lontane.

Cessò di vivere questo vescovo nel 1306, e vi succedette mediatamente un altro Cevese per nome Federico.

2° Questo Federico figlio di Benedetto de’ Marchesi di Ceva, e signor di Montezemolo fu eletto vescovo d’Albenga li 4 dicembre 1330 in età di soli anni 22, ottenne dispensa per la sua età da Giovanni XXII in vista della sua singolare dottrina e dei suoi distinti meriti.

Fu un degno pastore, zelante del bene e decoro della sua chiesa e del vescovado.

Nel 7 di aprile 1334 ordinò il Sinodo diocesano che con gran plauso del suo clero pubblicò li 2 maggio stesso anno.

Le savie provvidenze contenute in questo Sinodo rivelano la rara dottrina e l’apostolico zelo di questo prelato, per queste sue preclare doti congiunte ad una rara prudenza fu molto accetto al sommo pontefice Benedetto XII, che con sua lettera d’Avignone delli 27 maggio 1336 lo incaricò di prender cognizione e di provvedere sui ricorsi a lui fatti dal marchese Del Carretto di Savona, e dagli uomini del luogo dell’Altare contro Teodesco o Teodosio vescovo di Noli.

Li 31 luglio 1337, approvò i statuti capitolari dei canonici della sua cattedrale.

Ebbe per vicario generale certo canonico Bartolomeo ministro della chiesa di S. Andrea di Ceva, il quale in detta [p. 93 modifica]qualità di vicario generale autorizzò Giovanni de’ Marchesi di Ceva, canonico della stessa cattedrale d’Albenga ad assumere a nome del capitolo il possesso de’beni vacanti della chiesa di S. Stefano di Cavatorio.

L’Ughelli pone la morte di quest’esimio prelato nel 1349.

Questo monsignor Federico Ceva, era cugino della nobile dama Sofia e Giulia Cattalano, la di cui memoria suona sempre cara ai cittadini Cevesi pel monumento tuttora esistente di sua generosità nel ponte su Tanaro che ne porta il nome. Questa nobilissima Signora con suo testamento delli 22 ottobre 1331 gli fece il seguente legato:

«Item annulos meos, cuiuscumque generis, lego, et dimitto rev. domino Federico ex Marchionibus Cevae consobrino meo Episcopo Albinganensi electo ut oret pro me, ut sit in pace locus animae meae et habitatio eius in sancta Sion.»

3° A Federico succedette nel vescovado d’Albenga, Giovanni Ceva figlio di Francesco dei Marchesi di Ceva, e consignore di Priero e Sale canonico della stessa cattedrale.

La sua elezione ebbe luogo li 18 febbraio 1349.

Essendo insorte alcune differenze per causa delle decime tra l’Arciprete e la Comunità di Ortovero, il vescovo Giovanni con istrumento 10 settembre 1360, rog. Antonio Ceva notaio, le acquietò.

Il dotto padre Paganetti che lasciò manoscritta una storia ecclesiastica della Liguria, asserisce che questo vescovo incorse, per ragione del suo pastoral ministero, la disgrazia di Gian Galeazzo Visconti duca di Milano, e che bandito dalla sua sede morì in esilio nel 1391 o 92.

Consta però da memorie antiche che il 13 settembre 1363 ebbe per successore nella sede d’Albenga Giovanni Fieschi genovese e che esso fu traslocato al vescovado di Tortona nel 1363, dove morì nel 1392.

Con suo testamento delli 28 maggio 1385, rogato Passalacqua, egli fondava nella cattedrale di Tortona un benefizio [p. 94 modifica]del reddito di 150 doppie con nomina a favore della propria agnazione. Lo storico Scaglioso di Tortona dice di questo prelato: tanta erat huius Episcopi auctoritas, ut multae et difficillimae controversiae ei tamquam arbitro committerentur.

È tradizione che abbia a sue spese eretto la chiesa di S. Silvestro fuori porta Milano in Tortona, e fatto costrurre il pulpito di S. Lucia, sostenuto da quattro colonne di verde antico.

Stabilì a sue spese una congregazione di sacerdoti per l’istruzione religiosa del basso popolo, e per soccorrere poveri vergognosi.

Si vuole, il che però non è certo, che abbia perduto il dritto di fregiarsi del Pallio per aver venduto a Galeazzo Visconti il castello di Sorli proprio della mensa, senza la debita autorizzazione1.

4° Ludovico figlio di Oddone de’Marchesi di Ceva, e de’ Signori di S. Michele e Castellino fu eletto vescovo di Alba ai 17 aprile del 1369, il quale nel 1370 investì i Signori di Clavesana, di Chissone, Roddino, Dogliani, Marsaglia e Belvedere. Morì nel 1388 (A.B.).

5° Federico Ceva figlio di Guglielmo dei Marchesi di Ceva e signor di Lesegno fu vescovo d’Alba, circa il 1390.

Monsignor Brizio nel suo elenco dei vescovi d’Alba che si riporterà a suo luogo, parlando di questo Federico dice: quo tempore Albensi praefuit ecclesiae seduli semper et prudentis pastoris munus obivit: vale a dire: per tutto il tempo che presiedette alla chiesa d’Alba adempì a tutti i doveri d’un sollecito e prudente pastore.

Note

  1. Le notizie biografiche dei tre sovra citati vescovi d’Albenga, e della famiglia Ceva sono dovute in gran parte alla cortesia dell’esimio signor cavaliere e canonico Anacleto Siboni vicario generale di quella diocesi ed alle dotte ricerche del chiarissimo sig. canonico di quella cattedrale Domenico Navone, il quale sta pubblicando coi tipi Fasiola e Craviotto la Storia dell’Ingaunia.