Non più illusioni (Carpi)/5

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Austria e Roma

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L’Austria per suo istituto è la protettrice naturale dei nostri pochi retrivi, per cui fomentando le costoro improntitudini, segue nel proprio interesse il compito suo. Doloroso è invero lo scorgere come anche una parte del clero, quella parte che segue alla cieca gl’inconsulti suggerimenti della Corte Romana, per eccessivo amore ad un potere che le sfugge, riponga ogni fiducia nella Corte di Vienna, e come tutte le sue aspirazioni siano colà rivolte, come ad officina potente di ogni idea retriva; avvegnachè quella Corte dallo splendore in cui l’aveva rialzata Giuseppe II, ricada fra le ritorte della clerocrazia.

Se quella potenza non fosse tuttavia in possesso dei principali propugnacoli d’Italia, e non istendesse il suo dispotico dominio sino al Po ed all’estuario Veneto, le nostre interne questioni ben presto da noi stessi risolveremmo, come in tempi più o meno remoti risolsero le loro, quantunque tempestose e turgide di sangue e di rovine, gli inglesi, i francesi e gli spagnuoli, senza [p. 19 modifica]che le altre nazioni ardissero inframmettersi impunemente nei fatti loro.

Ma per la nostra peculiare condizione conviene anzitutto raccogliere tutte le nostre forze per renderci indipendenti dallo straniero dominio. A tal nobile intento conviene senza illudersi, farsi un retto giudizio delle forze, dell’indole, delle virtù e dei vizi del nostro maggiore avversario, avvegnachè in esso sia concretata tutta la schiera dei nostri interni nemici, che fra noi avrebbero un’effimera esistenza, tolta che fosse loro la spada Ausburghese. Ed è per la sopra citata ragione che conviene por mente con instancabile perduranza, alle arti, ed ai tortuosi mezzi di azione dei nostri pochi ma audaci retrivi, i quali armeggiano a dividerci ed a paralizzare le nostre forze, per renderci, se il potessero, imbelli vittime dello straniero. Conviene considerare inoltre che in essi ai vantaggi che offre loro la libertà, per agire ai nostri danni, si unisce un’organizzazione ammirabile e l’ubbidienza passiva alle parole d’ordine dei capi, mentre che noi, fiduciosi nella bontà dei nostri principii, procediamo generosi con azione intermittente poco compatti ed anzi più spesso divisi in isfumature di opinioni liberali, che divergono sulla natura dei mezzi da adoperarsi per raggiungere lo scopo comune. Bando adunque anche a queste divergenze fra i liberali; agiscano con unità di volere e di azione, ed imitino in ciò i nostri avversari, se non vogliono essere dalla loro audacia vinti e sopraffatti.