Novelle (Sercambi)/Novella XXXV

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Novella XXXV

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Novella XXXIIII Novella XXXVI
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XXXV


La dilettevole novella ditta ha molto ralegrato la brigata, e ’l preposto parlando a l’altore che ordini che la brigata vadi con bella novella a Terni, là u’ l’altro dì seguente intendeno andare, l’altore rispuose e disse, se la novella ditta ha dato piacere a lui et a li altri, di nuovo pensa un’altra dire che la brigata senza molto affanno condurrà a Terni. E voltosi alla brigata disse:


DE NOVO INGANNO

Di monna Felice e di Ghirardo da San Casciano
in quel di Pisa.


Nella città di Pisa, al tempo che messer Castruccio Interminelli di Lucca quella tenea <e> come signore era ubidito, era uno giovano nomato Ghirardo di San Casciano; il quale essendosi innamorato d’una giovana nomata monna Felice moglie di Johanni Scarso, e ben che ’l ditto Gherardo fusse della ditta innamorato, madonna Felice di queste cose non s’era mai acorta, ben che alcuna volta l’avesse veduto passar per la sua contrada. E stando Gherardo in tal maniera pensando in che modo con madonna Felice esser potesse e non vedendo il modo che a lei dir potesse il suo secreto, malinconoso più tempo stette.

Or avenne che uno cusino di monna Felice dovea menar moglie, a le cui nozze la ditta Felice fu invitata. Ghirardo che sempre colli orecchi stava atento, sentendo monna Felice alle nozze del parente esser invitata, con onesto modo s’offerse allo sposo, che di servidori avea bisogno. Volentieri Ghirardo acettò dicen[p. 166 modifica]doli <altro> servidor li trovasse. Ghirardo, che avea auto quello volea, disse: «Io ne troverò alcuno orevile che vi piacerà».

E parlato con uno suo compagno giovano degli Agliata, il quale gran tempo era stato fuora di Pisa <tanto che persona non lo> cognoscerè’, pensò la sua imbasciata fare per mezzo di quell’Agliata. E disseli: «Io amo una e fine a qui non ho potuto mai a lei parlare; e ora sentendo io che a queste nozze è invitata e noi siamo servidori, ti prego che mi vogli servire». Lo giovano Agliata disse: «Dì e comanda, et io farò quello vorrai». Ghirardo disse: «Noi anderemo per la donna et io dirò che tu se’ mutoro e sordo, e sta cheto dimostrando esser come dico». Lo giovano Agliata disse che <’n> tutto lo servirà.

Venuto il giorno delle nozze, Ghirardo col compagno per tempo sono a casa dello sposo per andare per le donne che alla festa esser doveano. Lo sposo mostrò la strina, Gherardo disse: «Elli è bene che madonna Felice vostra parente sia quìe per ricevere l’altre donne». Lo sposo disse: «Tu di’ il vero; andate per lei». Ghirardo, che altro non bramava, col giovano Agliata se n’andò a casa di madonna Felice e picchiò l’uscio. La donna aconcia in via scese, e Ghirardo col compagno, messala in mezzo, l’acompagnaro.

E perch’era molto lungi dallo sposo, Ghirardo stimò la sua imbasciata fornire. E voltosi a Felice disse: «O madonna, che peccato è che questo giovano che insieme con meco v’acompagna, è mutolo e non parla né ode!» La donna, che mai veduto non l’avea né il giovano lei, rivoltatasi inverso quel giovano, il giovano Agliata dimostrandosi non udire né parlare, la donna diè fede che non dovesse udire.

E come alquanto funno andati, Ghirardo disse: «Madonna Felice, ora che qui non è altri che noi, io non posso tenere il grande amore che verso di voi porto et ho portato, che quando io vi veggo mi pare vedere un angelo di paradiso. E perché qui non è altri che noi du’, vi dico che per voi moro fine a tanto che di voi non ho quello dolce amore che buono amore desidera». La giovana, che ode quello che alcuna volta le donne desiderano udire, per onestà disse: «Come vuoi che al mio marito faccia vergogna?» [p. 167 modifica]Ghirardo dice: «Questo altri non saprà; e se voi non l’apalesate per me non s’apaleserà». E fu così la fidanza che Felice prese che neuno lo debia sapere, che consentìo che Ghirardo a lei andasse di notte la domenica rivegnente, e così rimasero d’acordo. Spettando quelli du’ dì che venire doveano, ciascun di loro con diletto usò e di molte altre cose d’allegrezza ragiononno fine che a casa dello sposo giunti furono.

Raunate le brigate e desinato, com’è d’usanza, doppo desnare ballare e cantare, divenne che madonna Felice stando a sedere al lato a una sua vicina e vedendo ballare il giovano Agliata, disse Felice alla compagna: «Deh, che peccato è quello che quel giovano che balla non ode e non parla di niente!» La donna disse a Felice: «Or non cognosci tu quel giovano?» Ella disse: Sì, ma li è mutoro e non ode». La compagna disse: «Lassa dire, che elli parla et ode! È delli Agliata; bene è vero che molto tempo è stato fuori di Pisa». E per fare certa Felice, chiamò il giovano. Lo giovano rivoltosi e venuto a loro disse: «Madonne, che volete da me?» La compagna di Felice dice quanto era che tornò e dov’era stato. Lo giovano disse non molti giorni <era> che a Pisa era tornato e ch’era stato in Domasco tra’ saracini; e partìsi e incominciò a ballare.

Felice, avendo udito parlare lo compagno di Ghirardo, pensò parlare con Ghirardo. E partisi dalla compagna et a Ghirardo s’acostò dicendoli: «Ghirardo, tu m’hai ingannata, ché colui che teco era ode e parla come noi. E tu sai quello che abiamo ordinato, che sabbato notte dovavamo esser insieme e prender diletto, e ora vegendo che colui sa i nostri fatti tal cosa non può seguire per lo ’nganno che m’hai fatto» Ghirardo disse: «Madonna Felice, egli è vero che ’l giovano ode, ma non così che vi sia vergogna; ma perché voi non vi sareste asigurata a parlarmi, mi convenne tenere questo modo. E se non vorrete atener la ’mpromessa, lui crederà pur che fatto l’abiate, et io, vedendo che non m’arete atenuto il fatto, appaleserò che con voi abia avuto mio contentamento e darò per testimonio il giovano Agliata, e per questo modo sarete vituperata. Ma se aconsentite d’oservare la promessa, io non ne farò motto, e ’l giovano Agliata che non vi cognosce — et io [p. 168 modifica]nel pregherò, però che ogni cosa farè’ per me, — non dirà niente».

La donna, udendo le ragioni di Ghirardo (e ancor perché è femmina che volentieri desidera saziar il suo apitito <più tosto> che <’l suo> onore), rafermando a Gherardo che la notte ordinata vegna; e così partiti, la notte venuta, Ghirardo con Felice se diè buon tempo pascendosi del pasto che ciascuno seco porta. E poi più volte a tal mestieri si trovonno.

E per questo modo Felice fu ingannata, posto che tale inganno li tornasse in dolcezza.

Ex.º xxxv.