Orgoglio e pregiudizio (1945)/Capitolo cinquantaduesimo

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Capitolo cinquantaduesimo

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Jane Austen - Orgoglio e pregiudizio (1813)
Traduzione dall'inglese di Itala Castellini, Natalia Rosi (1945)
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Elizabeth ebbe la soddisfazione di ricevere una prontissima risposta alla sua lettera. Appena l’ebbe in mano corse nel boschetto dove aveva minor probabilità di essere interrotta, e seduta su di una panchina si preparò alla gioia che l’attendeva, perché la lunghezza della lettera era la prova che la zia non si rifiutava di spiegare l’enigma.

Gracechurch Street, 6 settembre

Cara nipote,

ho ricevuto or ora la tua lettera, e dedicherò tutta la mattina a risponderti, perché penso che un breve scritto non basterebbe a dirti tutto. Devo confessarti che fui molto sorpresa della tua domanda; non me l’aspettavo da te. Non credere che io sia in collera, voglio solo dire che non immaginavo che tu avessi bisogno di queste informazioni. Se vuoi far mostra di non capirmi, perdona la mia indiscrezione. Lo zio è sorpreso quanto me, e soltanto la certezza che tu fossi parte interessata, lo ha indotto ad agire come ha fatto. Ma se sei davvero all’oscuro di tutto, dovrò essere più esplicita.

Lo stesso giorno del mio ritorno da Longbourn, tuo zio ebbe una visita inaspettata. Era Mr. Darcy, che rimase chiuso in camera con lui per parecchie ore. Quando io arrivai, avevano finito, così la mia curiosità non fu messa a dura prova come sembra essere stata la tua. Era venuto a dire a Mr. Gardiner che aveva scoperto dove erano Lydia e Wickham; che aveva parlato con tutti e due, ripetutamente a Wickham e solo una volta a Lydia. Da quello che ho potuto capire, aveva lasciato il Derbyshire un giorno dopo di noi, ed era venuto a Londra con l’intenzione di rintracciarli. A spiegazione di questo suo interessamento disse che si sentiva colpevole di non aver rivelato a tempo la vera natura di Wickham, in modo che nessuna ragazza di buon senso avesse potuto amarlo o fidarsi di lui. Egli imputava generosamente questo fallo alla sua falsa ed esagerata suscettibilità, confessando che aveva sempre pensato indegno di sé esporre al mondo i suoi affari privati. Pensava anche che il carattere di Wickham si sarebbe prima o poi rivelato per quello che era. Ma ora si sentiva in dovere di farsi avanti per rimediare a un male che in parte riteneva doversi attribuire anche a lui. Se avesse un altro motivo, sono certa che non gli farebbe torto. Gli ci erano voluti alcuni giorni prima di scoprirli ma aveva qualche indizio per dirigere le sue ricerche, cosa che a noi mancava, ed è anche per questo che si era deciso a venire in città.

Sembra ci sia una certa Mrs. Younge, che fu un tempo la governante di Miss Darcy, e che venne licenziata per una grave mancanza, che egli però non volle precisare. Costei prese allora una grande casa in Edward Street, e vive affittando appartamenti. Egli sapeva che Wickham conosceva intimamente questa signora e così si rivolse a lei, appena arrivato in città. Ma dovette aspettare due o tre giorni prima di sapere qualcosa. La donna non voleva tradire il loro segreto, credo, senza averne un compenso, perché sapeva benissimo dove si trovavano. Wickham infatti era andato da lei appena giunto a Londra, e se avesse avuto posto, avrebbero preso alloggio in casa sua. Finalmente il nostro buon amico ebbe il desiderato indirizzo. Stavano in *** street. Darcy vide Wickham, e insistette per vedere anche Lydia. Il suo scopo principale nel volerle parlare era di indurla ad abbandonare la sua vergognosa posizione e a ritornare dai suoi parenti che erano disposti ad accoglierla, offrendole tutto il loro appoggio. Ma trovò Lydia ostinata a rimanere dov’era. Non le importava di nessuno; non aveva bisogno del suo aiuto; non voleva sentir parlare di lasciare Wickham; era sicura che si sarebbero sposati un giorno o l’altro, poco importava quando. Conosciuti questi suoi sentimenti, Darcy pensò che l’unica cosa importante era di ottenere che si sposassero al più presto, mentre dal suo primo discorso con Wickham aveva potuto capire che egli non aveva mai avuto questa intenzione. Wickham confessò di essere stato obbligato a lasciare il reggimento per dei debiti d’onore molto pressanti, e non ebbe scrupolo alcuno nel gettare su Lydia tutta la colpa per essere fuggita con lui. Era deciso a lasciare subito il reggimento; quanto al suo avvenire non aveva delle idee precise. Sarebbe andato da qualche parte, ma non sapeva dove, sapeva soltanto di non aver nulla per vivere.

Mr. Darcy gli chiese allora perché non aveva sposato subito tua sorella. Mr. Bennet per quanto non fosse molto ricco avrebbe sempre potuto fare qualcosa per lui, e la sua posizione avrebbe tratto vantaggio da questo matrimonio. Dopo questi discorsi e dalle risposte che ne ebbe, Darcy si accorse che Wickham aveva ancora la speranza di fare un buon matrimonio in qualche altro posto; pure, date le attuali circostanze, pareva facile che potesse cedere alla tentazione di essere sollevato immediatamente dai suoi debiti.

Si incontrarono parecchie volte, perché i dettagli da discutere erano molti. Wickham, naturalmente, pretendeva più di quanto non si fosse disposti a dargli, ma alla fine fu ridotto alla ragione.

Quando tutto fu combinato tra loro, il secondo passo di Mr. Darcy fu di informare tuo zio, e venne in Gracechurch Street la sera prima che io tornassi a casa. Ma non trovò Mr. Gardiner e seppe che tuo padre si trovava ancora a Londra, ma sarebbe partito il giorno dopo. Così ritornò sabato: in quella circostanza, come ti ho detto, parlarono a lungo insieme. Si ritrovarono domenica e lo vidi anch’io. Le cose furono definite il lunedì, e subito dopo fu spedito il messaggio a Longbourn.

Il nostro visitatore è stato terribilmente ostinato. Credo, cara Lizzy, che l’ostinazione sia il vero difetto del suo carattere. È stato accusato di molte manchevolezze e di parecchi difetti, ma questo è proprio quello vero. Noi non potevamo fare nulla perché voleva fare tutto lui, benché ti accerto (e non lo dico per essere ringraziata, quindi non parlarne con nessuno), che tuo zio avrebbe ben volentieri sistemato lui le cose.

Dovettero, a questo proposito, discutere per un bel pezzo, cosa che è assai più di quanto i due protagonisti della disgraziata vicenda non meritassero, ma alla fine lo zio dovette cedere, e invece di poter fare lui qualcosa per sua nipote, fu costretto ad accettare di averne soltanto il merito, cosa che lo contrariò molto; e credo che la tua lettera di stamane gli abbia fatto molto piacere, dandogli modo di svestire finalmente le penne non sue e di restituire tutto il merito a chi di ragione. Però, cara Lizzy, devi saperlo solo tu o, al massimo, Jane.

Credo che saprai quello che è stato fatto per quei due ragazzi. I debiti di lui, che credo ammontino a più di mille sterline, saranno pagati e altre mille saranno aggiunte alla sostanza di Lydia. In più, è stato acquistato per lui il brevetto di ufficiale. La ragione per cui si ostinò a fare tutto Darcy, già te l’ho detta. Egli sostiene che se Wickham non fu giudicato come si meritava, e se naturalmente venne festeggiato e ricevuto da tutti, fu per colpa del silenzio e del riserbo mantenuto da lui. Forse c’è in questo qualcosa di vero, sebbene io dubiti che la sua discrezione o quella di qualunque altro possano essere responsabili di quanto è avvenuto. Ma, nonostante tutte le sue belle parole, mia cara Lizzy, puoi essere certa che tuo zio non avrebbe mai ceduto, se non avesse creduto che ben altro interesse l’avesse spinto ad occuparsi di tutta questa faccenda.

Quando tutto venne concluso, Darcy tornò dai suoi amici che si erano trattenuti a Pemberley, con l’intesa che sarebbe tornato a Londra per il matrimonio e per sistemare tutte le questioni finanziarie.

Credo averti detto tutto. A quanto mi dici, queste notizie ti sorprenderanno moltissimo, ma mi auguro ugualmente di procurarti una gioia. Lydia venne a stare da noi e Wickham fu ammesso continuamente in casa nostra. Era tale e quale l’ho sempre visto nell’Hertfordshire; per il resto, non ti avrei mai detto come sono rimasta scontenta del comportamento di Lydia, se dall’ultima lettera di Jane non avessi capito che il suo modo di fare, tornando a casa, è stato degno di quello che aveva avuto qui, e quindi non posso granché accrescere la vostra pena parlando di queste cose. Cercai ripetutamente di convincerla a rendersi conto di quanto fosse brutto e riprovevole quello che aveva fatto, e quanto grande il dolore che aveva arrecato alla sua famiglia, ma, se mi ha sentito, è stato proprio un caso, perché non mi ascoltava di certo. Talvolta ero addirittura esasperata, ma ricordando le mie care Elizabeth e Jane, cercavo di pazientare per amor loro.

Mr. Darcy tornò puntualmente, e, come ti disse Lydia, assistette al matrimonio. Il giorno seguente pranzò da noi e mercoledì o giovedì sarebbe ripartito da Londra. Sarai molto in collera con me, cara Lizzy, se colgo questa occasione per dire (ciò che non ho mai osato fare prima d’ora) quanto mi sia simpatico? Il suo contegno con noi è stato, sotto tutti gli aspetti, cordiale come nel Derbyshire. Il suo buon senso, il suo modo di pensare mi piacciono; non gli manca che un po’ di vivacità, ma, se facesse un matrimonio intelligente, a questo potrebbe supplire sua moglie. Mi è parso molto riservato; non ti ha nominata quasi mai. Ma sembra che il riserbo sia di moda.

Perdonami se sono stata indiscreta, o perlomeno, non punirmi con l’escludermi da Pemberley! Non sarò contenta fino a quando non avrò fatto il giro completo di tutto il parco. Un piccolo phaëton tirato da un bel paio di ponies sarebbe proprio quello che ci vuole.

Ma basta scrivere per oggi: i bambini mi aspettano da più di mezz’ora.

Tua, molto sinceramente

M. G.

Questa lettera pose in grande agitazione Elizabeth che non sapeva davvero se fossero più grandi la gioia o il dolore che le aveva arrecato. Le vaghe supposizioni formulate a proposito di quanto aveva fatto Mr. Darcy per favorire il matrimonio di sua sorella, supposizioni che aveva temuto azzardate perché avrebbero provato una bontà troppo grande per essere vera, e allo stesso tempo aveva temuto giuste per la preoccupazione di sentirsi in obbligo, si dimostravano ora giuste anche al di là del prevedibile! Egli le aveva seguite apposta in città, si era assunto tutte le noie e le umiliazioni di quelle ricerche per cui aveva dovuto rivolgersi a una donna che odiava e disprezzava, si era dovuto incontrare spesso per persuadere, e finalmente comperare, l’uomo che più di ogni altro desiderava evitare, e il cui solo nome lo esasperava. E tutto questo per una ragazza che non godeva né le sue simpatie né la sua stima. Il cuore le mormorava che egli poteva aver fatto tutto questo solo per amor suo. Ma una simile speranza venne subito soffocata da altre considerazioni, ed ella si rese conto ben presto che neppure la sua vanità le poteva far credere che l’affetto di lui fosse tale — e per lei che lo aveva rifiutato! — da passare sopra alla sua avversione a imparentarsi con Wickham. Cognato di Wickham! Qualunque orgoglio si sarebbe ribellato a un pensiero simile! Certo aveva fatto molto — Elizabeth si vergognava a pensare quanto! — ma aveva saputo dare una spiegazione abbastanza plausibile a questo suo modo di agire. Era logico che sentisse di avere avuto torto: era generoso e aveva i mezzi per esserlo, e, quantunque Elizabeth non volesse considerarsi il movente principale della sua condotta, poteva tuttavia credere che un resto di affetto per lei lo avesse indotto a occuparsi di un caso che, angustiandolo, gli toglieva la pace. Era penoso, terribilmente penoso, sentirsi debitori verso una persona che non avrebbero mai potuto ricompensare! Dovevano a lui la riabilitazione di Lydia, la sua rispettabilità, tutto. Come rimpiangeva ora i passati sentimenti di antipatia verso di lui che aveva sempre accettato quasi incoraggiandole tutte le frecciate che lei gli aveva rivolto! Si sentiva umiliata, ma era fiera di lui. Fiera che in un caso d’onore e di pietà, avesse lasciato trionfare i suoi sentimenti migliori. Lesse e rilesse gli elogi che sua zia gli aveva tributato. Non le sembravano del tutto sufficienti, ma le facevano piacere. E ancor più piacere, anche se unito a una certa pena, le faceva vedere che tutti e due gli zii fossero tanto persuasi dell’affetto e della confidenza che dovevano esserci tra lei e Darcy.

Si riscosse dalle sue meditazioni, alzandosi in fretta dalla panchina all’avvicinarsi di qualcuno, ma, prima che avesse potuto avviarsi per un altro sentiero, fu raggiunta da Wickham.

«Temo di interrompere la vostra passeggiata solitaria, cognata cara», le disse quando le fu accanto.

«Veramente sì, ma questo non vuol dire che l’interruzione sia sgradita».

«Sarei desolato se lo fosse; siamo sempre stati buoni amici, e ora siamo anche qualcosa di più».

«È vero. Escono anche gli altri?»

«Non lo so. Mrs. Bennet e Lydia vanno in carrozza a Meryton. E così, cara cognata, ho sentito dai vostri zii che avete visto Pemberley?».

Elizabeth rispose annuendo.

«Quasi quasi vi invidio, eppure se non ritenessi che per me sarebbe troppo penoso, potrei fermarmi, andando a Newcastle. E avete visto la vecchia governante? Povera Reynolds, mi ha sempre voluto bene. Ma certo non vi avrà parlato di me».

«Sì, invece».

«E che cosa vi ha detto?»

«Che eravate entrato nell’esercito, e che temeva aveste fatto una cattiva riuscita. Sapete bene come a distanza le cose sono male interpretate».

«Certo», egli disse mordendosi le labbra.

Elizabeth sperava di averlo ridotto al silenzio, ma poco dopo Wickham ricominciò:

«Sono stato molto sorpreso nel vedere Darcy a Londra il mese scorso. Ci siamo incontrati varie molte. Mi domando che cosa avesse da fare».

«Forse preparare il suo matrimonio con Miss de Bourgh», disse Elizabeth. «Doveva esserci una ragione particolare per trattenerlo in città in questa stagione».

«Certamente. Lo avete visto spesso quando eravate a Lambdon? Mi è parso che i Gardiner me lo abbiano accennato».

«Sì; ci ha presentato sua sorella».

«Vi è piaciuta?»

«Moltissimo».

«Mi hanno infatti detto che è proprio migliorata in questi ultimi anni. Quando la vidi l’ultima volta non prometteva molto. Sono contento che vi sia piaciuta. Spero che riuscirà bene».

«Ne sono sicura. Ormai ha sorpassato l’età ingrata».

«Avete attraversato il paese di Kymton?»

«Non ricordo».

«Ve ne parlo perché in quella località si trova la parrocchia che avrei dovuto avere. Un posto delizioso! Una casa parrocchiale magnifica. Mi sarebbe convenuta in tutti i sensi».

«Vi piace proprio far prediche?»

«Moltissimo. Io avrei considerato il predicare parte importantissima del mio dovere, e ben presto non ne avrei più sentito la fatica. Non voglio lamentarmi, ma certo sarebbe stata una cosa così importante per me! La quiete, la solitudine di quella vita avrebbero corrisposto proprio all’idea che io mi faccio della felicità! Ma non doveva essere. Darcy ve ne ha parlato, quando eravate nel Kent?»

«Ho sentito dire da altra fonte altrettanto sicura, che il beneficio vi era stato lasciato soltanto sotto certe condizioni, e a volontà dell’attuale proprietario». «Vi hanno detto così? Sì, si trattava di qualche cosa del genere; ve lo dissi fin dal principio, se ben ricordate».

«E mi hanno anche detto che vi fu un tempo in cui il predicare non vi sembrava così piacevole come adesso; che foste voi a dichiararvi contrario a prendere gli ordini sacri, e che per questo si giunse a una transazione amichevole, da voi accettata».

«Anche questo vi hanno riferito? Non è del tutto falso. Vi rammentate quanto vi dissi in proposito, quando ve ne parlai la prima volta?».

Erano quasi arrivati alla porta di casa, perché Elizabeth aveva camminato in fretta per liberarsi di lui; ma non volendo irritarlo, per amore di sua sorella, rispose soltanto con un sorriso pieno di buon umore:

«Via, Mr. Wickham, ormai siamo cognati: non litighiamo sul passato. Spero che in futuro andremo sempre d’accordo».

Gli porse la mano che lui baciò con affettuosa galanteria, sebbene non sapesse più che faccia fare, ed entrarono in casa.