Orgoglio e pregiudizio (1945)/Capitolo sesto

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Capitolo sesto

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Jane Austen - Orgoglio e pregiudizio (1813)
Traduzione dall'inglese di Itala Castellini, Natalia Rosi (1945)
Capitolo sesto
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Le signore di Longbourn, poco tempo dopo, si recarono a trovare quelle di Netherfield. La visita fu subito resa, come di dovere. La grazia di Miss Bennet conquistò tutta la simpatia di Mr. Hurst e di Miss Bingley, che, pur trovando la madre intollerabile e le sorelle minori insipide e insignificanti, espressero alle due maggiori il desiderio di vederle più spesso. Jane accolse con grande piacere questo segno di cortesia, ma Elizabeth, notando l’aria di condiscendenza e di superiorità che usavano verso tutte loro, sua sorella compresa, non riusciva a trovarle simpatiche. Pure, la loro gentilezza verso Jane aveva un certo valore, perché non poteva essere che il riflesso dell’ ammirazione del loro fratello per lei. Ad ogni nuovo incontro la sua predilezione per la piccola Jane appariva infatti sempre più evidente, e per Elizabeth non era meno evidente che anche Jane si abbandonava a quella simpatia che aveva provato per lui fin dal primo momento, simpatia che era già sulla buona strada per diventare un vero e proprio amore. Vedeva anche, e se ne compiaceva, che nessun altro poteva accorgersi di questo, perché Jane univa a una grande profondità di sentire un temperamento così calmo e una così uniforme serenità di contegno, che la salvaguardava da ogni commento maligno. Ne parlò con la sua amica, Miss Lucas.

«Forse, può essere comodo riuscire a non tradirsi davanti alla gente», rispose Charlotte. «Ma essere troppo prudenti può costituire anche uno svantaggio. Se una donna nasconde i suoi sentimenti con tanta cura anche all’oggetto amato, può perdere l’occasione di conquistarlo, e in questo caso sarebbe una ben magra consolazione pensare che nessuno ne ha saputo mai nulla. Vi è tanta parte di gratitudine e addirittura di vanità in quasi tutti i sentimenti, che è più prudente saper far vibrare tutte queste corde all’unisono. Ognuno di noi s’innamora spontaneamente, ma sono ben poche le persone dal cuore tanto generoso da amare senza essere incoraggiate. In nove casi su dieci, a una donna conviene mostrare ancora più affetto di quello che prova. A Bingley tua sorella piace di sicuro, ma, se non lo incoraggia, questo sentimento rischia di rimanere una pura e semplice simpatia».

«Ma lo incoraggia, almeno per quanto è possibile alla sua natura riservata. Se mi accorgo io della sua preferenza per Bingley, sarebbe proprio uno stupido a non capirlo lui pure».

«Ma lui, Eliza, non conosce il carattere di Jane come te».

«Se una ragazza ha del tenero per un uomo e non lo nasconde, tocca a lui capirlo».

«Forse se ne potrebbe render conto se la vedesse di più. Ma benché Bingley e Jane si incontrino spesso, non stanno mai a lungo insieme, e vedendosi sempre fra tanta gente, non possono passare il tempo a parlare tra di loro. Jane dovrebbe dunque approfittare di ogni mezz’ora che lui le dedica. Quando sarà sicura di averlo conquistato, potrà concedersi di innamorarsi a modo suo».

«Il tuo piano sarebbe perfetto», rispose Elizabeth, «se si trattasse solo di fare un bel matrimonio; e se io avessi in mente di cercarmi un marito ricco, o un marito qualsiasi, lo adotterei senz’altro. Ma Jane non pensa a questo, non agisce per progetto. Per ora non si è neppur resa conto del suo sentimento, né sa se è un sentimento ragionevole. Ha conosciuto Bingley solamente quindici giorni fa. Ha ballato quattro volte con lui a Meryton; lo ha visto una mattina a casa sua, e, dopo di allora, ha pranzato in sua compagnia quattro volte. Non può bastare per farsi un giudizio su di lui».

«Non è esatto. Se avesse soltanto pranzato con lui, si sarebbe soltanto potuta accertare se ha più o meno appetito, ma devi ricordare che hanno passato insieme quattro sere; e quattro sere possono significare parecchio».

«Sì, in quelle quattro sere hanno potuto assicurarsi che tutti e due preferiscono il Ventuno al Mercante in Fiera; ma non credo che abbiano avuto modo di approfondire argomenti più importanti».

«Insomma», disse Charlotte, «auguro di cuore ogni successo a Jane, e per conto mio credo che se lo sposasse anche domani, avrebbe la stessa probabilità di essere felice che se ne studiasse il carattere per un anno. La felicità nel matrimonio è solo una questione di fortuna. Ammettendo anche che due si conoscano da sempre, e abbiano dei caratteri identici, non è detto che questo basti a renderli felici. Si scopriranno sempre abbastanza diversi, dopo il matrimonio, per provare la loro parte di guai, ed è assai meglio conoscere il meno possibile i difetti della persona con cui si ha da passare tutta la vita».

«Sei proprio divertente, Charlotte, ma non direi che è una teoria troppo pratica. Sai benissimo che non ci sarebbe da fidarsi, e sono convinta che neppure tu agiresti in questo modo».

Occupata com’era a osservare la corte che Mr. Bingley faceva a sua sorella, Elizabeth non si era neppure accorta di essere diventata lei stessa oggetto di interesse per l’orgoglioso amico di lui. Mr. Darcy, che in principio si era appena degnato a trovarla graziosa; al ballo non l’aveva ammirata affatto e negli incontri seguenti l’aveva guardata unicamente per criticarla. In un primo tempo si era limitato ad affermare a se stesso e ai suoi amici che il volto di lei non era niente di straordinario, poi aveva cominciato a scoprire che quel volto rivelava invece una rara intelligenza, grazie anche a due magnifici occhi neri profondi ed espressivi. A questa scoperta ne seguirono altre ugualmente mortificanti per lui. Nonostante il suo senso critico avesse notato più di un difetto nei tratti irregolari di lei, dovette convenire che aveva una figura snella e flessuosa e benché avesse sostenuto che il suo comportamento non era il più adatto a una persona che frequentava la buona società, pure era incantato dalla sua spontanea vivacità. Ma Elizabeth non se ne rendeva affatto conto: egli era per lei soltanto l’uomo che restava antipatico a tutti e che non l’aveva trovata abbastanza bella per invitarla a ballare.

Darcy cominciò a desiderare di conoscerla meglio e, come primo passo per arrivare a parlarle direttamente, prestò attenzione quando discorreva con gli altri. Elizabeth lo notò. Si trovavano dai Lucas, dove c’era molta gente.

«Che cosa salta in mente a Mr. Darcy», disse a Charlotte, «di stare ad ascoltare tutto quello che dicevo, mentre parlavo col colonnello Forster?»

«Questa è una domanda che dovresti fare a lui».

«Se ricomincia, gli farò vedere che capisco le sue intenzioni. Ha degli occhi troppo beffardi, e, se non lo attacco io per prima, finirò per avere paura di lui».

Poco dopo Mr. Darcy si avvicinò, senza aver tuttavia l’aria di voler parlare con loro, e Miss Lucas sfidò la sua amica, che, messasi d’impegno, si rivolse immediatamente a lui, dicendogli:

«Non vi sono sembrata abbastanza eloquente, un momento fa, quando cercavo di indurre il colonnello Forster a dare un ballo per noi a Meryton?»

«Avete dimostrato una rara energia; ma si trattava di un soggetto che desta sempre l’ardore di una donna».

«Siete severo con le donne».

«Fra poco toccherà a te», disse Miss Lucas. «Vado ad aprire il piano, Eliza, e sai che cosa ti aspetta...».

«Sei un bel tipo di amica! Vorresti farmi sempre suonare e cantare davanti a tutti e a chiunque! Se fossi particolarmente fiera delle mie attitudini musicali, saresti proprio preziosa, ma a dire la verità non ho nessun desiderio di espormi davanti a chi è abituato ad ascoltare i migliori esecutori».

Ma siccome Miss Lucas insisteva, aggiunse: «Va bene, visto che sei proprio decisa, ti accontento...». E guardando con gravità Mr. Darcy, aggiunse: «C’è un vecchio detto, che qui tutti conoscono e che suona così: “Serba il tuo fiato per raffreddare la zuppa”; io serberò il mio per cantare meglio».

Cantava in modo gradevole, se non alla perfezione. Dopo una o due canzoni, e prima ancora che potesse acconsentire alle richieste rivoltele perché continuasse, la sostituì al piano sua sorella Mary che, come l’unica bruttina della famiglia, si era dedicata appassionatamente agli studi e a tutto quello che serve per brillare in società, e aveva la mania di fare sfoggio della sua bravura.

Mary non aveva né gusto né talento, e tutta la sua applicazione era servita solo a darle un tono pedante e presuntuoso che avrebbe fatto sfigurare anche una abilità maggiore della sua. Elizabeth, semplice e naturale, era stata ascoltata con molto maggior piacere, per quanto avesse suonato molto meno bene della sorella. Mary, finito un lungo concerto, fu ben contenta di essere ringraziata e lodata per delle arie irlandesi e scozzesi richiestele dalle sorelle, che, con alcune delle Lucas e due o tre ufficiali, si erano messe a ballare allegramente a un’estremità del salone.

Mr. Darcy stava lì vicino, indignato di un tal modo di trascorrere la serata che escludeva per lui ogni possibilità di conversazione, ed era così immerso nei suoi pensieri da non accorgersi di Sir William Lucas, fino a che questi non gli rivolse la parola:

«Che divertimento garbato, per i giovani, non è vero, Mr. Darcy? Non c’è niente di paragonabile al ballo. Lo considero come una delle forme di svago più raffinate della società elegante».

«Senza dubbio, e ha, fra l’altro, il vantaggio di essere in voga anche tra le società meno raffinate del mondo. Qualunque selvaggio sa ballare».

Sir William si accontentò di sorridere. «Il vostro amico danza alla perfezione», continuò dopo una pausa, vedendo Bingley unirsi al gruppo, «e non dubito che siate voi pure un cultore di questa arte, Mr. Darcy».

«Credo che mi avrete visto ballare a Meryton».

«Sì, certo, e quella vista fu per me un vero godimento. Ballate spesso a Corte?»

«Mai, Sir».

«Non vi sembra cosa che si confaccia a quel luogo?»

«È una cosa che evito sempre, quando mi è possibile».

«Avrete casa a Londra, immagino?».

Mr. Darcy assentì con un cenno del capo.

«Anch’io, un tempo, avevo pensato di stabilirmi nella capitale, perché adoro la buona società, ma non ero sicuro che il clima cittadino si confacesse a Lady Lucas».

Tacque sperando in una risposta, ma il suo vicino non era disposto a dargliene, per cui, vedendo Elizabeth che si dirigeva in quel momento verso di loro, credette di fare un gesto molto galante chiamandola:

«Cara Miss Eliza, perché non ballate? Mr. Darcy, permettete che vi presenti questa signorina come una delle migliori dame. Certo, davanti a una simile bellezza, non rifiuterete più di ballare». E, prendendo una mano di Elizabeth, voleva metterla addirittura in quella di Mr. Darcy che, anche se sorpreso, non sembrava affatto riluttante, quando ella si ritrasse con prontezza, dicendo a Sir William con un certo turbamento:

«Davvero, Sir, non ho la più lontana intenzione di ballare. Vi prego di credere che non ero venuta qui a cercare un cavaliere».

Mr. Darcy, con lo stile della più perfetta correttezza, le chiese l’onore di poterla invitare, ma inutilmente. Elizabeth era decisa a rifiutare, né le insistenze di Sir William valsero a scuotere la sua determinazione.

«Ballate così bene, Miss Eliza, che è una vera crudeltà privarci del piacere di contemplarvi, e sebbene il signore non sembri apprezzare questo genere di divertimento, sono sicuro che non vorrà rifiutarsi di compiacerci per una mezz’ ora».

«Mr. Darcy è la cortesia in persona», disse Elizabeth sorridendo.

«Certamente, ma in questo caso, cara Miss Eliza, non c’è da meravigliarsi della sua arrendevolezza, perché chi rifiuterebbe una damina simile?».

Elizabeth sorrise maliziosamente, allontanandosi. La sua fermezza non le aveva nuociuto agli occhi di Darcy che stava pensando a lei con una certa simpatia, quando fu avvicinato da Miss Bingley:

«Indovino l’oggetto dei vostri pensieri».

«Non credo».

«Voi state pensando a come sarebbe insopportabile dover trascorrere molte sere a questo modo e in un ambiente simile; e condivido pienamente il vostro modo di vedere. Non mi sono mai annoiata tanto! Sono tutti così insulsi e così rumorosi! Tutta gente da nulla, eppure che importanza si danno! Come vorrei sentire le vostre critiche!».

«Vi assicuro che siete in errore. I miei pensieri erano molto più piacevoli. Meditavo sulla gioia squisita che possono dare due begli occhi nel volto di una donna graziosa».

Miss Bingley lo fissò stupita e gli chiese quale dama avesse avuto il dono di ispirargli tali riflessioni.

Mr. Darcy rispose intrepidamente:

«Miss Eliza Bennet».

«Miss Eliza Bennet!», ripeté Miss Bingley. «Possibile! Da quanto tempo siete un suo ammiratore? E, ditemi, a quando gli auguri?...»

«Era proprio la domanda che mi aspettavo. L’immaginazione femminile è veloce: dall’ammirazione passa all’amore, dall’amore al matrimonio in un momento solo. Ero sicuro che mi avreste fatto gli auguri».

«Se dite sul serio, considererò la cosa come già avvenuta. Avrete una suocera adorabile, e che naturalmente sarà sempre con voi a Pemberley».

Egli la lasciò dire con perfetta indifferenza, mentre lei ricamava da sola sull’ argomento: vedendolo così tranquillo, si persuase che nella cosa c’era molto di vero e insistette a lungo nei suoi motteggi e nei suoi scherzi pungenti.