Pagina:Çittara zeneize 1745.djvu/4

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5Acqueta alquanto, e d’Ippocrene al margo
Tranquillo assiso, al plettro riede e a i carmi.
Non così greve incarco al curvo dorso
Del vecchio Atlante è il ciel, come l’immensa
Mole della Cittate incombe e grava
10Sulle menti de’ Grandi: opra che alterno
D‘ozio e fatica variar dimanda.
Ma Voi, di maestate armato il ciglio,
Severo mi guardate. Io ’l so: la Vostra
Non è tempra comun. Non mai si allena,
15Chi nacque a Gloria ed a Virtute: eterno
Sudor ne bagna i primi e i giorni estremi.
Ben so, che l’ardue faticose cime
De’ cittadini Onor toccaste, ignaro
O di mezzo o di via, giovine e nuovo,
20Immaturo mm mai. L‘occulto foco,
Che le vene V’mpiea, più che a Natura,
Alla Gloria servendo, al più sublime
Vi conducea; nè dievvi mai del giogo
Lo scosceso a mirar, ma quanto illustre
25La meta fosse. Tal Vi scorse, e presto,
Zelo e senno supplendo al crin canuto,