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atto primo 135


SCENA III

Tiberio, Livia, Ruffo, Lucido.

Tiberio. Sazierommi io mai, anima mia, di vederti, parlarti e di toccarti?

Livia. Se tu non ti sazierai, resterá da te; perché io so’ tua e sempre sarò.

Ruffo. Cotesto non dir tu: che mia sei, e non sua. Allora che ei m’ara dati e’ danari, sua sarai.

Tiberio. Oh uomo nato per farmi morire!

Ruffo. Omo nato per far morire me sei tu, perché, non mi dando i miei danari, mi fai morire; che questa è la mia possessione e la mia bottega, senza la quale viver non posso.

Tiberio. Io ti darò, s’hai pazienzia, quel che vuoi; ma lasciami un po’ stare in pace.

Ruffo. Allora sarai tu sua. Ma, in questo mentre, ce n’andremo a casa. Vienne, Livia.

Livia. Tiberio, io mi ti raccomando.

Lucido. Guarda s’ei sa fare l’arte questo scanna- uomini!

Tiberio. Oh! Non pensar d’avere a usare tanta presunzione!

Ruffo. Vorrò vedere chi mi vieterá che del mio non ne possa fare a mio modo!

Tiberio. Intendo di pagarti avanti che da me ti parta.

Ruffo. Oh! Da che resta?

Tiberio. Provveggo il resto de’ danari.

Ruffo. Oh! oh! Io sto fresco, se s’hanno a provedere e’ danari! Domattina verrá per essa uno che mi ha dato l’arra.

Lucido. I’ non posso piú patire questo assassino. Può fare Iddio che tu parli si arrogantemente con un giovane da bene?

Ruffo. Oh! Che direstú, s’io non gne ne volessi vendere?

Lucido. Oh! Guarda, Ruffo, che non ci venga voglia d’averla per forza e senza danari: che tu sai bene che i tuo’ pari non hanno ragione con li uomini da bene.