Pagina:AA.VV. - Commedie del Cinquecento, Vol. II, Laterza, 1912.djvu/197

Da Wikisource.

atto quarto 185


Mona Pasqua. Io tengo benissimo.

Erminio. Basta. Ma va’ via; cammina.

Mona Pasqua. Oh Signor! Io vo.

Erminio. Oh! Aspetta. Io vo’ che mi porti un’altra cosa.

Mona Pasqua. Io aspetto.

Erminio. Paulino! o Paulino! Non odi, sciagurato? Olá!

Mona Pasqua. Ei sarrá a giucar, lui.

Erminio. Io li dissi pur che aspettassi. O Paulino!

SCENA V

Paulino, Erminio, Mona Pasqua.

Paulino. Signore!

Erminio. Sempre vuoi ch’io t’abbi a chiamar cento volte. È gran cosa questa!

Paulino. I’ nettavo la vostra cappa.

Erminio. Quale? Quella che io ho indosso?

Paulino. Signor si.

Erminio. Doh sfacciato, bugiardo! Guarda s’ei si vergogna, el diserto!

Paulino. Egli è per grazia vostra.

Erminio. Noi ci parleremo innanzi sia domattina. Va’ truova quattro fiaschi di trebbiano; e portateli, fra voi dua, alla Fiammetta.

Paulino. Signor si.

Erminio. Andate ratti, mona Pasqua; ch’io desidero la risposta di questa cosa, che importa assai.

Mona Pasqua. Umbè? Io andrò pure adagio, ch’io ho trottato oggi tuttodí.

Erminio. I’ t’aspetto in casa.

Mona Pasqua. Oimè ! Gli è pure una mala cosa quest’esser serva! Or ch’io son stanca morta, io ho andare a Santa Susanna; poi arò a tornar in qua; e forse poi a tornar in lá. E cosí fo ogni di, ogni di, ogni di. Oh! Almanco si facesse egli la festa di San Saturno, come si faceva al tempo antico! che dicono che,