Pagina:AA.VV. - Commedie del Cinquecento, Vol. II, Laterza, 1912.djvu/220

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208 il ragazzo

Roma, dico, la quale è venuta ad abitar nella cittá vostra. E, degnandovi di ascoltar la comedia con quella attenzione con la quale solete vedere i giuochi, le feste, i balli e le cacce che si fanno per questa cittá, non solo i giorni piacevoli del carnevale, ma ad ogni tempo, mi rendo sicuro che a ciascuno sará data materia, non pur di ridere, ma d’imparare. Non dico giá l’arte con cui si dá forma alle comedie, che non è fanciullo che non le sappia fare (se ben la maggior parte non ha risguardo a trapassare il numero degli atti e de’ personaggi); ma potrá giovare ad altra guisa e non meno a giovani che ad attempati: a quelli, insegnando loro ad esser piú ristretti e men trabocchevoli nei piaceri di Venere; a questi, confortandogli a lasciar da parte le trame d’amore, dandosi, il verno, al caldo delle coltri e, la state, al fresco de’ materazzi, per ciò che i legni vecchi, accendendovi il fuoco, in breve si convertono in cenere. Lo autor, cioè colui che l’ha ritratta dal vero, ha voluto intitolarla Il ragazzo: non senza cagione, per ciò che avrete a veder tre diversi inganni in un medesimo tempo fatti a un vecchio il quale, invaghito d’una giovane di cui s’era innamorato il figliuolo, credendo trovarsi la notte con lei, gli è condotto innanzi un ragazzo in abito di fanciulla, tanto simile all’amorosa che ciascuno che lunga domestichezza non avesse con lui avuto se ne sarebbe ingannato. Il figliuolo gode del suo amore; la figliuola se ne fugge con uno suo amante; e la fante ancora ella, fuggendo, invola al vecchio certi argenti. Il fatto si scopre e i travagli sono grandi. Finalmente, succedendo da tutte le parti onorato matrimonio, conosciuto il ragazzo esser fratello di colei, tornata la fante con gli argenti a casa, le feste si raddoppiano da per tutto. Cosi, non me ne avedendo, io v’ho detto l’argomento della comedia. Ma, se forse parrá ad alcuno che in lei si esca alcuna volta fuore de’ termini della onestá, doverete pensare che, a v oler bene esprimere i costumi d’oggidi, bisognerebbe che le parole e gli atti interi fossero lascivia. Ora, perché è tempo di darle principio, prendendo a buona arra ch’ella v’abbia a piacere il silenzio che io sento nelle Nobilita Vostre, tornerò a’ miei compagni e dirò loro che non tardino a venir fuori. Ma ecco a punto il vecchio.