Pagina:AA.VV. - Commedie del Cinquecento, Vol. II, Laterza, 1912.djvu/46

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34 l’amor costante


Guglielmo. Guardate che chi v’ha detto questo non l’abbia fatto per invidia. E, quanto al non esser pisano natio, è nobile in Napoli e ha i privilegi di qua.

Maestro Guicciardo. Io ci pensarò: ancorché, a dirvi el vero, io avesse fatto disegno d’un messer Giannino che, giá tre anni, venne da Roma a studiar qua; benché, per anco, ei non vuol sentir niente e alcuni m’hanno detto che gli è prete.

Guglielmo. Di questo vi so far certo io che non la vorrá mai; ché, tutto ’l giorno, mi rompe la testa, che vorrebbe quella giovane ch’io ho in casa- E io non ne farei parola, che cosí promessi a lei quando mi fu donata; ed ei dice che, non avendo lei, non vuol mai altra moglie. Voglio che voi pensiate a questo messer Ligdonio.

Maestro Guicciardo. Ce ne riparlaremo a la mia tornata di Roma.

Guglielmo. E quando pensate d’esser di ritorno?

Maestro Guicciardo. Non lo so cosí a ponto. La prima cosa, io mi voglio fermar qualche giorno in Siena perché penso che giá vi sia l’imperadore che vi s’aspettava a’ sette di maggio.

Guglielmo. V’è certissimo Sua Maestá. Lo so io di certo, che mi fu detto iersera di veduta.

Maestro Guicciardo. Io non vo’ mancar per niente di questa occasione di vederlo; e tanto piú che, andando io per terra, poco dilungo la mia via.

Guglielmo. Con gran pompa e festa lo debbe aver recevuto quella cittá; perché sempre ho inteso dire ch’ella è stata affezionatissima e sviscerata di Sua Maestá.

Maestro Guicciardo. Svisceratissima e fedele quanto dir si può. Ma la festa e l’onore che gli faranno sará piú nei cuori e negli animi che in altre apparenzie; che infino alle mura debbono gittar lagrime d’allegrezza. E questo io tengo certo perché, da molti anni in qua, quei signori senesi, per rispetto d’infinite disgrazie ch’egli hanno avute, sono molto esausti di denari. Ma si come l’oro e l’argento è mancato in loro in questo tempo,