Pagina:AA. VV. – Fiore di leggende, Cantari antichi, 1914 – BEIC 1818672.djvu/164

Da Wikisource.

44
Per tutto il suo reame immantanente
re Tarsiano grand’oste bandie;
cavalieri e di popolo gran gente
collo re Tarsiano al campo uscie.
Di Serpentina il duca, sorridente,
andò in quell’oste, ma non piú redie.
Re Tarsiano sue insegne ebbe poste
intorno a Gienutrisse co’ grand’oste.
45
Il valoroso Gibel, eh’è in prigione,
per nulla guisa si si rallegrava,
sentendo che lo re contra a ragione
la pulzelletta sua ’manza assediava.
La duchessa dicea: — Gentil garzone
— davanti alla prigion si gli parlava, —
o donzel, c’hai d’ogni biltá corona,
gioi’ vo’ che prendi della mia persona! —
46
Gibello a sue parole no’ attendea,
ché nel suo cuore giá era conquiso;
e la duchessa parlava e dicea:
— Or che ha’ tu, angel di paradiso? —
Allor Gibello si le rispondea:
— I* sento che la morte si m’ha priso,
perch’io a Gienutrisse andar non posso
contro al re Tarsian, che a torto è mosso.
47
E la duchessa, veggendo Gibello
che a Gienutrisse avea voglia d’andare,
disse: — Io ti lascerò, giglio novello,
se mi prometti di qui ritornare. —
Ed egli rispondea, chiarito e bello:
— S’i’non son morto, i’giuro di tornare.
Se mi lasciate andar, fate merzé,
che la pulcella difenda dal re. —