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Udiva spesso di lui ragionare
ella, che generoso core avea;
e, come Amore e Vener seppen fare,
la freccia avvelenata al cor giugnea
alla giovane dama, che chiamare
volle merzé per Dio, ma non valea;
e però innamorata e assai penosa
rimase, e non pensando ad altra cosa,
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se none al suo gentile e bel Cerbino.
Ma la fortuna talvolta pietosa
favorevole fu al pellegrino
amor di quella, qual non ha mai posa;
ché, sendo sparsa per ogni camino
sua fama, sua bellezza gloriosa,
spesso laudare udiva il giovanetto,
che giá l’aveva scolpita nel petto.
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L’un giorno piú che l’altro ragionare
sente del suo leggiadro e terso volto:
aimè Cerbin! tu non puoi riparare,
e legato ti se’, dove eri sciolto!
Che farai dunque, se non sospirare?
E’l libero piacer t’è suto tolto!
Non vai tua forza contro alle catene
di Amor, ma sempre accrescerá le pene.
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Ma, come e’ fa che assottiglia lo ’ngegno
a l’anime che a lui son sottoposte,
faccendol sempre piu alto e piu degno
ed esser presto e pronto alle risposte,
cosi mandò Cerbino un certo segno
per un fidato servo, el qual per coste
e piagge c piani e monti andò a Tunissi,
dov’è la figlia del re, come i’dissi.