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i - rustico filippi 11

XX

I vari odori di un uomo lercio e schifoso.

Ne la stia mi par esser col leone,
quando a Luttieri son presso a un migliaio,
ché pute piú, che ’nfermo uom di pressione
4o che nessun carname o che carnaio.
Li suo’ cavegli farian fin buglione,
e la cuffia faria ricco un oliaio;
e li drappi del lin bene a rasgione
8sarian per far panel di quel massaio.
E’ sente tanto di vivarra fiato,
e di leonza e d’altro assai fragore:
11mai nessun ne trovai si smisurato!
Ed escegli di sopra un tal sudore,
che par veleno ed olio mescolato;
14la rogna compie, s’ha mancanza fiore.

XXI

E quelli di una vecchia lurida.

Dovunque vai, con teco porti il cesso,
oi buggeressa vecchia puzzolente:
ché qualunque persona ti sta presso,
4si tura il naso e fugge inmantenente.
Li denti e le gengie tue ménar gresso,
ché li taseva l’alito putente;
le selle paion legna d’alcipresso
8inver’lo tuo fragor, tant’è repente.
Ch’e’par che s’apran mille monimenta
quand’apri il ceffo; perché non ti spolpe,
11o ti rinchiude si, ch’om non ti senta?
Però che tutto ’l mondo ti paventa;
in corpo credo figlimi le volpe,
14tal lezzo n’esce fuor, sozza giumenta!