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GIUSEPPE ARTALE


I

AL LETTORE

     S’io non scioglio la lingua in quelle voci
che sposarsi col suon sanno ai concenti,
stupor non fia, ché in marzïali eventi
da le trombe imparai fremiti atroci.
     Sí, le mie lire fûr l’ire feroci
e i miei stromenti i bellici stormenti,
dove non caducei, ma in tuoni ardenti
presi de’ brandi ad impugnar le croci.
     Quinci carmi io non so, perché mi fûro,
di Pindo in vece, aspre campagne offerte,
e fu mio Febo insanguinato Arturo.
     Né cantar qui poss’io, ché in guerre incerte
accoppiar non potei sott’astro oscuro
le belle chiuse e le ferite aperte!