Pagina:Abissinia, giornale di un viaggio di Pippo Vigoni, Milano, Hoepli, 1881.djvu/128

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94 Capitolo quinto.

logico che di chiuderla ben bene con una specie di tappo. La provvidenza venne però in suo aiuto, non mancarono i consigli di cento altri Dulcamara, unti, erbe, radici gli furono applicati e dopo lunghe ed atroci sofferenze finì col rimettersi.

Venuto in Abissinia dove sperava trovar tesori, non scoprì questi, ma molto ricercato per l’arte sua ottenne permesso di stabilirvisi e il lavoro non gli faceva certo difetto. Il re lo prese pure a proteggere e lo onorò di sue commissioni, ma avendogli una volta dato un fucile a riparare, fatte le necessarie operazioni, Barallon si presentò alla Corte a riportare l’arma.

Se l’hai bene aggiustata, disse il re, caricala e spara in mia presenza. Ciò fu subito eseguito, ma disgrazia volle che proprio a questo colpo una canna scoppiasse. Il re vide un tradimento preparato e mal riuscito e voleva ipso facto toglier la vita al povero armaiuolo. Calmato però e ridotto a miglior consiglio dal Naretti presente all’avvenimento e da qualche altro de’ suoi aiutanti, perdonò l’accaduto, ma cessò la sua protezione al disgraziato francese, che deve certamente aver passato un cattivo quarto d’ora.

Gli argomenti di discorso non mancarono certo per far durare il pranzo parecchie ore, poi passammo nella casa che si era noleggiata per noi.