Pagina:Acri - Volgarizzamenti da Platone.djvu/19

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verità di per sè? Certo. E ciascuna scienza la qual’è di per sè, non ella è scienza di ciascun ente il qual è di per sè? Indubitatamente. E da altro lato, la scienza la qual’è appo noi, non ella è scienza del vero il qual è appo noi? e novamente, ciascuna scienza la qual’è appo noi, non viene a essere scienza di ciascuna cosa la qual’è appo noi? Senza fallo. Or m’acconsenti che noi non abbiamo le spezie, nè elle possano essere appo noi? Sì. E dalla spezie scienza si conoscono i medesimi generi, ciascuno che cosa egli siano? Sì. La quale non abbiamo noi? No. Dunque non conosciamo noi le spezie, conciossiachè non partecipiamo della spezie scienza? Pare che non. Pertanto ci è occulta la natura del bello, del buono, e di tutte quelle cose che supponghiamo come idee independenti? Egli pare. Pon mente poi a quest’altra difficoltà, ch’è più grave. Quale? Dirai tu, o non, che se c’è di per sè un genere scienza, ella abbi a esser molto più perfetta della nostra? e, somigliantemente, se havvene uno di bellezza, e seguitando via via? Sì. Or se alcuna mente partecipa di cotesta scienza di per sè, non dirai tu che solo Iddio l’abbi in modo perfettissimo? Indubitabilmente, E può dunque Iddio conoscer delle cose nostre, da poi che ha la scienza medesima? Perchè non? Perciocchè, rispose lui Parmenide, ci accordammo, o Socrate, che nè lè spezie abbiano sovra le cose nostre la potenza ch’elle hanno, nè le cose nostre sovra di quelle; ma e che le une e le altre, solamente verso se medesime. Ci accordammo. Se dunque appo Iddio è la medesima signoria e la medesima scienza