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156      Aggiustare il mondo


Al centro delle offerte della procura vi erano, però, dei punti/elementi fissi, che ad Aaron e alla sua difesa non andavano bene in via di principio: la previsione di un periodo in carcere, ad esempio (fino a 4 mesi), così come la dichiarazione di colpevolezza per i capi d’accusa contestati e un periodo di libertà controllata, o vigilata, con il divieto di usare un computer.

La situazione, quindi, era di stallo. Da un lato, la difesa rifiutava qualsiasi proposta che prevedesse un periodo, anche minimo, di detenzione. Dall’altro, il procuratore voleva una dichiarazione di colpevolezza e il carcere, e non garantiva l’assenza assoluta di reclusione per Aaron.

Secondo gli avvocati di Aaron Swartz, in nessun momento, in tutta la vicenda, i procuratori federali presero in considerazione un accordo di patteggiamento che garantisse l’assenza di carcere. Avevano sempre insistito per un patteggiamento che, comunque, coinvolgesse un reato.

Durante queste discussioni – secondo il legale Andrew Good – la difesa informò il procuratore capo di come Aaron Swartz fosse un profilo a rischio di suicidio.

Nel sistema statunitense esistono, in molti casi, delle linee-guida che anticipano, pur con previsioni non precise, la pena detentiva che un cittadino rischia, con riferimento a determinati tipi di reati. Non sono parametri vincolanti per i giudici, ma i magistrati li utilizzano ampiamente, spesso per comodità, per determinare la pena definitiva appropriata per un indagato.

Nel caso di Aaron, analizzando le linee guida per la pena, il primo problema interpretativo era, secondo il Computer Fraud and Abuse Act e i reati informatici previsti, comprendere il valore dei beni – ossia della “proprietà” – che si volevano sottrarre (e non di quelli, poi, realmente sottratti).

Il governo poteva, in questo caso, contare sul valore, e importanza, della banca dati di JSTOR e sui milioni di articoli sottratti; la pena base, con riferimento ai calcoli in base alle linee guida, poteva partire da ben sette anni di carcere, oltre a periodi di libertà vigilata, multe accessorie e spese in caso di condanna al processo. Sette anni di carcere: una prospettiva di pena davvero inquietante, che un accordo di patteggiamento, come si notava poco sopra, avrebbe notevolmente ridotto.

Il 5 ottobre 2012, l’avvocato Weinberg, per conto di Aaron Swartz, presentò cinque mozioni per eliminare alcune delle fonti di prova e una mozione per l’archiviazione delle accuse.

Tra le argomentazioni addotte in queste mozioni vi era l’accusa che il governo, e il MIT, avessero violato la normativa che disciplina le comunicazioni elettroniche memorizzate nei sistemi, il diritto costituzionale di Swartz ai sensi del Quarto Emendamento contro le perquisizioni e i sequestri irragionevoli e la sua aspettativa di privacy, ai sensi della politica del MIT relativa alla manutenzione e alla distruzione regolare dei file di log (in particolare, dei registri DHCP, ossia del sistema che assegna automaticamente un indirizzo IP e la connessione