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18. Il suicidio e le polemiche     163


degli hacker e della tecnologia, lui estremamente riservato. Non le aveva nemmeno confidato quanto avesse guadagnato dalla vendita di Reddit.

L’Epifania del 2011, il giorno dell’arresto di Aaron, cambiò anche la vita di Quinn: al telefono il ragazzo era freddo e preoccupato, le chiese di contattare il suo avvocato a Boston e di trovare qualcuno che potesse pagare la cauzione di 1.000 dollari per uscire di galera.

Nonostante Aaron non parlasse del caso – si riferiva genericamente a un accesso alla rete del MIT – Quinn, vista la sua esperienza, era molto preoccupata. Sapeva che quando il governo federale si interessa dei temi dell’hacking e dei computer crimes, non c’è da stare tranquilli.

Sono una giornalista che si occupa di hacker – scrive Quinn – Sono il mio campo e i miei amici: ho visto persone aggredite e perseguitate. Una ricerca o una presentazione a una conferenza si trasformavano improvvisamente in un’indagine, in telefonate e incontri con avvocati. Ci aspettavamo incursioni, sorveglianza e minacce da parte di uomini potenti, che nel mio mondo non sapevano distinguere i buoni dai cattivi.

E il mese dopo, come Quinn aveva previsto, i Secret Services si presentarono al domicilio di Aaron e al suo ufficio presso l’Harvard Ethics Center, per sequestrare hard disk, computer e telefoni.

Dopo aver “visitato” Aaron, i Secret Services si recarono, all’inizio di marzo, anche presso la residenza di Quinn. Iniziarono a farle domande su Aaron e mostrarono un mandato di comparizione davanti al Gran Giurì per lei. Volevano, a fini investigativi, tutte le comunicazioni intercorse tra loro, soprattutto quelle che riguardavano i casi JSTOR e MIT.

Quinn ricorda come, in quei frangenti, accanto alle preoccupazioni, per così dire, criminali, vi fossero anche quelle economiche.

«Un altro fattore che gli amici e la stampa prospettarono come potenzialmente influente» – ricorda Quinn – «fu un grave problema economico: vi erano, in previsione, milioni dollari di spese processuali alla partenza del processo, e i risparmi di Aaron erano ormai terminati».

Quinn si rivolge a un avvocato per valutare meglio la sua posizione e inizia a soffrire per il caso, e per il suo amico, con stress e dolori che la costringono ad assumere pesanti medicinali.

L’incontro con gli avvocati Adam e Jose, dello studio Fish and Richardson, porta Quinn a riflettere su una possibile strategia processuale. Ma non era certamente un ambito nel quale si sentisse a proprio agio: lei era legata ai mondi hacker, cresciuta povera con un padre veterano del Vietnam, arrestato perché coinvolto nel traffico di droga. Era decisamente fuori posto.

Gli avvocati le dissero, come prima cosa, di non parlare con Aaron e di non frequentarlo. Indicazioni che lei, molto spesso, disattese. Soprattutto, non avrebbero dovuto discutere del caso.