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18. Il suicidio e le polemiche     179

faticavo molto con i suoi bassi. Ma quando è avvenuto l’arresto, mi sono preoccupata molto per lui. Decidemmo di non parlare mai del caso in sé, ma, tra gli “ingorghi cerebrali”, scherzavamo sul fatto che finalmente si sarebbe laureato in carcere, per alleviare la pressione. Gli promisi che avrei curato un piano educativo basato su grandi ricerche e gli dissi che ogni giorno gli avrei inviato una stampa da JSTOR. Sapevo che stava lottando, ma era anche un attivista appassionato e pensavo sinceramente che questo lo avrebbe aiutato a superare questo periodo buio.

Terminati i ricordi, la studiosa si concentra sugli aspetti politici del caso, ed espone con cura le sue accuse, motivandole con precisione.

Ciò che ieri mi ha fatto arrabbiare in modo così incontenibile – dice la Boyd – è la stessa cosa che mi ribolle nelle viscere da due anni. Quando il governo federale si è accanito su di lui – e il MIT si è prostrato – non lo ha trattato come una persona che poteva o meno aver fatto qualcosa di stupido. Era un esempio. E il motivo per cui gli hanno dato la caccia non è stato quello di dargli una lezione, ma di far capire all’intera comunità di hacker di Cambridge che erano stati fregati. Era una minaccia che non aveva nulla a che fare con la giustizia, ma con una più ampia battaglia per il potere. Negli ultimi anni, gli hacker hanno sfidato lo status quo e messo in discussione la legittimità di innumerevoli azioni politiche. I loro mezzi possono essere stati discutibili, ma le loro intenzioni sono state degne di valore. Lo scopo di una democrazia funzionante è quello di mettere sempre in discussione l’uso e l’abuso del potere, per evitare che emerga la tirannia. Negli ultimi anni, abbiamo visto gli hacker demonizzati come antidemocratici, anche se molti di loro si considerano combattenti per la libertà contemporanea. E chi è al potere ha usato Aaron, confondendo il suo progetto di liberazione dell’informazione con la storia di hacker feroci i cui atti terroristici sarebbero destinati a distruggere la democrazia.

Di certo, il mantenere un rapporto personale e scientifico con Aaron non era semplice, ricorda la studiosa, ma il caso di Swartz aveva sollevato tantissime ombre e dubbi che, probabilmente, sarebbero rimasti irrisolti.

Le persone ragionevoli – continua la Boyd – possono essere in disaccordo sulle tattiche e su dove, e quando, un particolare approccio si spinga troppo oltre. Come Lessig, sono spesso in disaccordo con Aaron sul suo particolare approccio alla liberazione delle informazioni del mondo, anche se non sono mai stata in disaccordo con lui sull’obiettivo. Una delle ragioni per cui tanti hacker, e geek, hanno trascorso la giornata di ieri inveendo contro la macchina del potere, è che molte persone al potere non sono state in grado di vedere al di là degli atti singoli e di comprendere le intenzioni e l’attivismo. L’opinione pubblica si è impegnata a controllare la resistenza dei geek, a soffocare la ribellione e a punire chiunque le autorità riescano a perseguire. Ma la maggior parte dei geek opera in zone grigie, il che rende difficile incastrarli e accusarli. È in questo contesto che la bravata di Aaron ha fornito agli agenti federali prove sufficienti per portarlo in tribunale e usarlo come esempio. Hanno usato il loro potere per metterlo a tacere e condannarlo pubblicamente, ancor prima che il processo iniziasse. Ieri c’è stata un’ondata