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180 la dama fallace.


sfogo della vostra giovinezza la poca quiete che la sorte mi lasciava. Ma se non m’avete compresa non m’avete meritata, don Alfonso! Addio dunque.

E stupita ora ch’egli non fiatasse, andò al l’uscio per uscire: l’uscio era chiuso a chiave. Si rivolse, di bianca divenuta livida.

Il cavaliere disse orgoglioso e solenne: — Voi siete in mia balia. Ma don Alfonso della Torre vi difende proponendovi il suo nome, il suo cuore, la sua nobiltà. — E le si accostò tendendole la mano. La dama non sorrise: piú fiera, piú solenne di lui, rifatta bellissima da quell’orgoglio superiore, ella disse: — Per difendermi basta il mio nome, puro come il vostro, e la mia nobiltà, piú antica della vostra, don Alfonso della Torre!

No: ella non aveva nessun’arma; tremava e, tanto il cuore le batteva, ansimava quasi il respiro le mancasse. E vinse lei.

Ai suoi piedi il cavaliere domandava perdono con le piú umili e dolci parole che la passione gli suggeriva e con gli occhi ansiosi cercava nell’aspetto di lei il segno del perdono, come la