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Microtiro. Suo sarebbe el vizio, ma mio sarebbe l’incommodo.

Teogenio. Ma tuo sarebbe non in picciola parte quel vizio se per tua indiligenza chi si sia venisse contro alle leggi della patria e contro all’ozio de’ buoni, quale tu e ogni buono cittadino debba quanto in sé sia diffendere e mantenere. E sono le leggi nervo e fermezza della republica, per quale in prima dobbiamo esporre ogni nostra industria e opere e fortune, poiché come dicea Platone, aprovata sentenza da tutti e’ filosofi, siamo nati non solo a noi, ma parte di noi a sé vendica la patria, parte chi ne procreò, parte e’ nostri a noi per sangue e per amicizia coniunti. Né a te el vizio di qualunque pessimo in parte alcuna quanto alla patria tua e forse a’ tuoi potrà mai essere incommodo. Dicono che fra le cose terribili niuna si truova terribile quanto la morte. E fra’ vizi odiosissimi, essecrabili, quasi el primo estimano la crudelità. E che adunque di que’ crudelissimi inimici a Tichipedo quali cercavano perderlo, che iudichi tu più fussero gravi, alla patria o a Tichipedo?

Microtiro. Certo a Tichipedo, in cui ogni loro ingiuria s’adirizzava e assedea.

Teogenio. Non errare in questo, Microtiro mio. La patria più molto avea che Tichipedo da dolersi, quale in più modi ricevea offesa. Prima vedea un de’ suoi fatto iniusto e senza le sue leggi in pericolo, senza le quali sentiva sé nulla potere consistere. Temea insieme non perdere uno de’ suoi buoni cittadini. E come dicea Omero che Simiossomo figliuolo d’Antemione nato in Ida insula apresso il fiume Simeonte, giovane ucciso da Ulisse, non potette rendere grati alimenti al padre, così forse e’ suoi arebbono da desiderare Tichipedo; ma lui e qualunque mortale, se bene considereremo, nulla arebbe ricevuto cosa per quale l’altrui crudelità dovesse in sé parerli acerba. Chi sarà che affermi la morte a’ mortali più essere da fuggirla che da desiderarla? E qualunque felicità a se stessi promettano gli altri, qualunque aspettino vivendo bene, pur Tichipedo uno mi pare, benché in que’ tempo amicissimo della fortuna, a cui la morte sarebbe stata non inutilissima. Non arebbe veduto tanta domestica sua calamità. Era felice morte morirsi felice. Né so per che cagione molti tanto desiderino perseverare