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LIBRO III


Battista. Salve, mi Paule, et vos salvete. Noi eravamo fra’ nostri libri, e se io sapevo prima che tu ci fussi, tu ottimo arbitro diffinivi certo dubbio mio qual ti narrerà qui Niccolò. Non dovevi rattenerti, ma venire oltre o farci chiamare.

Paulo. Io trovai qui questi giovani. Fummi voluttà udirli referire fra loro e’ ragionamenti intesi oggi da te. Affermano che mai occorse loro più felice dì.

Battista. Felici saranno essi el resto della vita loro, quando si vederanno fatti omini ben culti in dottrina, ornati di buoni costumi, per la loro virtù onorati, amati, adoperati.

Paulo. E che discettazione era la vostra?

Niccolò. Tu, Battista, esplicherai meglio la intenzione tua. Adonque a te rimetto questa opera.

Battista. Dissemi qui Niccolò che in sanato si trattava certa nuova forma e legge censuaria.

Paulo. Vero.

Battista. Vedi quello ch’io dicea: questo immutare ogni dì novo modo e circa e’ censi e circa gli altri ordinamenti della terra forse viene da inconsulta levità o forse altronde, e non senza detrimento della republica.

Paulo. Come?

Battista. Dicono ch’egli è meglio continuare osservando gl’instituti antiqui, quando ben fussero non così lodati, che romperli con nuovi ordinamenti. Le nuove opinioni insegnano disubbidire alle antiche leggi. Niuna cosa tanto perniziosa alla republica quanto diminuire la reverenza e timore della legge.

Niccolò. Certo.